Nessuno abita più qui
Un uomo aveva due figli.
Uno di loro disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta, perchè voglio partire per un paese lontano.
Il padre gli rispose: Figlio, cosa dici? Resta qui, coltiva la terra con me e tuo fratello. Fai ciò che ti dico e sarai sempre felice.
Il figlio disse: Qui non sarò mai felice. Voglio andarmene, come ha fatto il figlio minore dell’uomo che abita nella terra accanto alla nostra.
Il padre fu preso da grande ira e gli disse: Quell’uomo è uno stupido e ha perso suo figlio. Non permetterò che questo ti accada. Non ti darò niente, e tu resterai qui.
Dopo qualche tempo, quel figlio tornò a dire a suo padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta.
Il padre gli rispose: No, figlio mio, resta qui con noi. Sii felice di questo posto, com’è tuo fratello.
Il figlio decise: Va bene, allora, se tu non vuoi darmi nulla, partirò privo di beni, come un mendico.
Il padre fu ancora contrario: Non permetterò che mio figlio affronti un tale disonore.
Il figlio chiese: Ma allora, se non posso partire con la mia eredità, e se non posso partire senza, come dovrò partire?
Il padre, resosi conto che il figlio non mutava intenzione, comandò ai servi di prendere il figlio e rinchiuderlo nella cantina, per tenercelo fino a quando non fosse rientrato in sé stesso.
Un giorno, il figlio che voleva partire fu visitato da suo fratello, che portandogli da mangiare gli chiese: Fratello, perchè vuoi andartene? Perchè non vuoi stare con me e con nostro padre?
L’altro figlio rispose: Fratello, io ti voglio bene, e che il cielo mi protegga dall’odiare nostro padre, ma qui non ci voglio proprio stare. La mia felicità è altrove. Forse anche tu un giorno vorrai andartene e capirai.
Il fratello non rispose e restò pensieroso.
Al padre fu riferita dai servi questa conversazione e disse: Questo figlio che vuole andarsene rischia di rovinarmi anche suo fratello. Basta, questa situazione deve finire.
Così, quella sera il padre scese in cantina e cercò di convincere il figlio a restare.
Il figlio disse: No, voglio andarmene.
Scoppiò tra loro un litigio e ci fu violenza. In qualche modo qualcuno ruppe una lanterna, e il fuoco si propagò alla trave e poi a tutta la casa.
Tutta la proprietà andò persa nell’incendio. I soccorritori trassero il padre vivo dalla cantina, ma altri non ebbero questa fortuna e furono trovati molti corpi carbonizzati. Non si riuscì a capire se i figli dell’uomo fossero tra questi, anche se molti scuotevano la testa e tenevano per certo che nessuno poteva essersi salvato.
Avendo perso tutto, quell’uomo andò in miseria. A volte lo si vedeva guardare i ruderi della sua casa, e i campi arsi che non davano più frutto; la maggior parte del tempo lo si trovava nella locanda del paese, a raccontare la sua storia.
Un giorno gli dissero che era tornato il figlio dell’uomo che era stato suo vicino, e quel padre aveva perdonato il figlio e aveva ordinato che si ammazzasse il vitello grasso e si facesse festa, e anche lui era invitato. Ma l’uomo che aveva perso i figli non accettò l’invito.
Qualcuno dice che quel padre ormai è morto da tempo; qualcun altro dice che è vivo e vecchissimo, e a chi gli paga da bere racconta che i suoi figli sono partiti per un viaggio, ma che un giorno torneranno e lui li perdonerà, e tutti assieme ricostruiranno la casa più bella di prima e su quelle terre tornerà a crescere il grano.
18 agosto 2008 at 20:59
cosa è successo?
Ultimamente non riuscivo a collegarmi al tuo blog!
L’hai reso privato?
Questo racconto fa venire la tristezza ( e mi pare che lo avevi già postato qualche tempo fa… o sbaglio?)
Come mai così triste?
18 agosto 2008 at 21:00
Ma è bellissima questa storia, certe volte come mamma ho provato a comportarmi come il padre, mi sono fermata al primo “aut aut”, poi ho pensato che forse era meglio fare come il suo vicino e ho lasciato loro carta bianca, borbottando, dicendo loro che li amo e sono i miei figli . . ., ma che certe cose non le approvo!
Spero e prego! Ma almeno , qualche volta, una piccola festa la possiamo fare anche noi! 😉
Ciao, E grazie dell’invito! R
18 agosto 2008 at 21:19
La storia è triste, ma è un gran piacere vederti di nuovo in giro!
Temo che in questo racconto ci sia un po’ di te, spero di sbagliarmi. Un saluto e una preghiera assicurata.
A presto, Cri
19 agosto 2008 at 10:55
Il problema più grande (e migliore forse) è che nessuno può rinchiuderci da nessuna parte. Le prigioni sono dentro di noi, abbattute quelle catene, saremmo liberi di mostrare la nostra vita agli altri, ma soprattutto a noi tessi.
Tanto gli altri non li cambi. L’unica cosa che si può fare è tagliare i fili con cui facciamo arrivare gli imput.
Scrivi sempre molto bene.
19 agosto 2008 at 10:57
input.
19 agosto 2008 at 11:02
È vero AnnaV, la storia è triste, ma è anche realistica. Cosa si ottiene dagli altri se li si priva della libertà?
20 agosto 2008 at 06:28
Eh sì, questo blog deve temporaneamente nascondersi nelle “catacombe”… ma prima o poi tornerà a parlare urbi et orbi, ne sono sicuro!
Beh, il racconto mi è stato ispirato in un momento di tristezza, non posso negarlo.
Il padre che ha lasciato andare il figlio, poi l’ha ritrovato. Quello che l’ha costretto a restare, l’ha perduto. Non puoi costringere ad amare.
22 agosto 2008 at 18:06
Bellissima ed illuminante riflessione.
4 settembre 2008 at 09:30
E’ così difficile lasciare andare…forse più difficile che riaccogliere.