Tre storie sul talento

Tre storie sul talento

 

 

Tornare a Bivigliano mi ha fatto molto piacere e mi è stato molto utile: ho parlato, ho pregato, ho condiviso emozioni e canzoni con vecchi e nuovi amici, ho tenuto alta la bandiera di Corvonero (un ingegno smisurato per il mago è dono grato), ho pensato molto.

Ho pensato a quel che ci spinge a tenere un blog. Perché dedicarci tempo ed energie. Cosa vogliamo dire. Chi vogliamo raggiungere. Come farlo bene (le ricette per un buon blog sono state oggetto di apposita prova), con passione, magari mettendoci talento.

Ho pensato al talento.

Oh, io so di avere talento a scrivere, non moltissimo ma un po’ sì, forse abbastanza per alcune cose che ho in mente. Credo sia vero e non voglio negarlo, la falsa modestia essendo la perversione dell’umiltà. Siedo davanti al pc e le dita trasformano i pensieri nelle parole che leggete: è una cosa che mi piace, è una cosa che so fare bene, è una cosa che può fare bene a qualcuno. Magari.

 

Dunque, il talento.

Ci sono tre storie sul talento a cui sto pensando adesso.

 

 

1

Prima storia: Alessandro Magno e la cetra.

Racconta Plutarco che Filippo il Macedone rimproverò suo figlio Alessandro per il modo in cui il ragazzo, durante un banchetto, aveva suonato la cetra. Lo rimproverò così: “non ti vergogni di suonare così bene?”.

Quanto tempo doveva aver passato Alessandro a esercitarsi alla cetra! Tempo sprecato, secondo Filippo, attività indegna per un figlio di re. Secondo una certa mentalità molto diffusa nel mondo, allora come oggi, questo tipo di talento è inutile. L’arte e ogni altra cosa fatta per il puro piacere intrinseco è inutile… beh, a parte il sesso… insomma, le uniche attività a cui vale la pena dedicarsi sono quelle che generano un tornaconto economico, o di potere, o al limite meramente edonistico, insomma comunque un “interesse” egoistico. Neanche a parlare poi del tempo impiegato a fare qualcosa di buono per qualcun altro. Perché così è come va il mondo. E se non segui questa mentalità, e insisti a cercare un senso nella vita che vada oltre il potere e il denaro e osi addirittura indicarlo agli altri, il mondo ti giudica strano, diverso, un fesso destinato a soccombere tra i furbi. Il mondo ti odia. Forse addirittura il mondo ti uccide, se può.

Filippo rimproverò il figlio perché per lui aveva ben altri progetti che sprecare tempo a suonare la cetra. Non sapremo mai che magnifico musicista sarebbe potuto diventare Alessandro, se non avesse voluto dedicare la sua vita alla conquista del mondo.

 

 

2

Seconda storia: nel libro Il Padrino, il cantante Johnny Fontane va a chiedere udienza da Don Vito Corleone.

Johnny era un cantante bravissimo, ma ora la sua voce si è deteriorata e ha problemi di donne e la sua carriera vive un momento drammatico. Johnny vorrebbe una parte in un film che stanno per girare a Hollywood, ma il produttore lo odia e non vuole dargli la parte, solo perché Johnny si è portato a letto una sua favorita… Johnny è un figlioccio di Don Corleone, così va a trovarlo il giorno del matrimonio di sua figlia per chiedergli il favore.

Non si può capire bene il personaggio di Johnny Fontane se non si tiene presente il suo amico d’infanzia, Nino Valenti, totalmente estromesso dal film ma che nel libro rappresenta un po’ il doppio di Johnny. Nino è un giovane siciliano che vive a New York, un altro figlioccio di Don Corleone; Johnny gli aveva promesso di farlo entrare nell’ambiente della musica, ma non ha mai mantenuto la promessa. Così, quando Johnny va a chiedere aiuto a Don Corleone, il suo padrino gli impartisce una grande lezione di vita e lo rimprovera perché:

 

“Lasci che le donne condizionino le tue azioni ed esse non sanno le cose di questo mondo, anche se certamente finiranno sante in cielo mentre noi uomini bruceremo all’inferno. E inoltre ti ho seguito in tutti questi anni. Sei stato un buon figlioccio, mi hai dato tutto il rispetto. Ma cosa puoi dirmi a proposito degli altri tuoi vecchi amici? Un anno te la fai con una persona, l’anno successivo con un’altra. Quel ragazzo italiano che era così divertente nei films, dopo ha avuto sfortuna, ma ti sei ben guardato dal cercarlo perché eri più famoso. E cosa mi dici del tuo vecchio, vecchissimo compagno col quale andavi a scuola e che era la tua spalla nel cantare? Nino. Beve troppo per la delusione, ma non si lamenta mai. Lavora duramente guidando autocarri per il trasporto della ghiaia e canta durante i week-ends per pochi dollari. Non ha mai parlato male di te. Non avresti potuto dargli un piccolo aiuto? Perché no? Canta bene.”

Johnny Fontane replicò stancamente: “Padrino, non ha proprio sufficiente talento. È ok, ma non è all’altezza.”

Don Corleone abbassò le palpebre quasi a chiudere gli occhi e poi disse: “E tu, figlioccio, anche tu, ora non hai sufficiente talento. Devo procurarti un lavoro con Nino sugli autocarri che trasportano ghiaia?” Quando Johnny non rispose, il Don proseguì. “L’amicizia è tutto. L’amicizia è più del talento. È più del governo. È quasi uguale alla famiglia. Non dimenticarlo mai.”

 

Ma che grande lezione di vita. In questo mondo il talento è inutile, la bravura personale è inutile, meritocrazia è una parola ridicola. Ciò che conta sono i legami personali con i detentori del potere, quelli che il padrino chiama “amicizia”; e noi sappiamo bene che, al di là di quella specie di aura epico-romantica di cui è intrisa la figura di Don Corleone, ciò che l’uomo di potere chiama eufemisticamente amicizia in realtà non è altro che l’egoismo, lo scambio di favori, la ricerca dell’interesse personale in ogni cosa ed anzi la protervia nel non permettere neppure che vi siano affari da cui non sorga un proprio tornaconto. Sono i deboli e gli ingenui, quelli che non sanno le cose di questo mondo, a credere che le carriere e i mestieri siano decise in ultima istanza dal talento: il mondo si regge sull’amicizia corleonianamente intesa, ovvero la forza e il potere.

Alla fine, Johnny Fontane avrà la parte nel film che desidera. Basterà mettere al produttore una testa di cavallo nel letto.

 

 

3

Se pensassi solo a queste due storie, dovrei cancellare in fretta questo inutile blog.

Ma poi c’è la terza storia e questa cambia tutto, perché è la parabola dei talenti.

 

Per accorgersi di quanto la cultura occidentale sia intrisa di cristianesimo, basterebbe studiare l’etimologia delle parole. “Talento” anticamente indicava un’unità di misura monetaria corrispondente a seimila denari, e considerato che un denaro era il prezzo corrente di una giornata di lavoro di un bracciante agricolo, si trattava di una somma colossale: facile capire perché il padrone si sia infuriato a scoprire che su quel capitale non c’era non dico un capital gain, ma neanche un interesse che bilanciasse l’inflazione. È solo successivamente, per non so quali evoluzioni del linguaggio, che “talento” indica un’abilità, qualcosa che sappiamo fare particolarmente bene.

Il talento è qualcosa che ci è stato dato, del cui uso dobbiamo rendere conto, e al nostro finanziatore non potremo andare a raccontare che avevamo paura della crisi globale e ci siamo tenuti il talento sottoterra senza farci niente. Il nostro finanziatore pretende gli interessi, anzi, pretende  un return on asset mostruoso.

E impiegare il talento affidatoci è pericoloso, certo. Potrebbe andare sprecato. Non c’è mai rendimento senza rischio. I servi che avevano avuto dal padrone cinque e due talenti avrebbero anche potuto presentarsi a mani vuote, dicendo “abbiamo perso tutto”. Sarebbe stato un crack degno della Lehman Brothers. Eppure, io ho il sospetto che il padrone avrebbe avuto più comprensione per i servi che avessero provato e fallito, piuttosto che per quello pigro che sarebbe stato l’unico a riportargli indietro del denaro: quel talento seppellito, messo al sicuro, sì, ma in una sicurezza sterile e infruttuosa.

E piagnucolare che “il mondo” non vuole il tuo talento, che avrai dei problemi, che i tuoi vicini e superiori la pensano proprio come Filippo il Macedone e Don Corleone, non sarà considerato una scusa valida. “Voi avete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia, perchè io ho vinto il mondo.

 

 

In questo momento mi sento come se avessi seppellito da qualche parte in profondità quel mucchio di denaro che qualcuno mi ha dato perché ci facessi qualcosa. Vorrei tirarlo fuori e decidermi finalmente a investirlo seriamente, ma ho dimenticato dove l’ho seppellito: vorrà dire che dovrò scavare giù in fondo a queste maledette catacombe. Scavare è un lavoro sporco, ma c’è di buono che uccide la pigrizia, e alla fine è così bello tornare alla luce del sole con quello che hai ritrovato, liscio e lucidato e pronto a essere usato come merita.

 

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11 responses to “Tre storie sul talento

  • giorgetto2rock

    serve un link su dove comprare una pala?
    🙂

  • vnnvvvn

    Se decidi di scrivere il passo successivo è farti leggere, togli i lucchetti!
    Ci sono abbastanza amici (di quelli di vecchia definizione :-P) pronti ad affrontare il cammino con te e ad usare la vanga in modo meno convenzionale :-))

  • diggiu

    .. e alla fine è così bello tornare alla luce del sole con quello che hai ritrovato,
    Ritengo anche io che sia bello caro Claudio.
    E altrettanto lo è il sapere che sotto il Sole c’è un gruppo di persone che non a caso si sono incontrate. :-)))
    Un abbraccio.
    diggiu

  • UnPiccoloUomo

    1. Leggere da te del primo incontro a Bivigliano è stato per me uno degli stimoli ad aprire il blog. Diggiu e upi mi avevano invitato per quest’ottobre, ma purtroppo non ho potuto esserci. Quanto avrei voluto venire anch’io, con Michela!

    2. Sì, dai Claudio, continua a scavare… Così il tuo bel scrivere potrà tornare alla luce, e il link al tuo blog potrà essere visitato dai miei amici, a cui ti segnalerò, così da far produrre al tuo talento tanti frutti buoni. Un mese fa riflettevo anch’io su quella parabola:
    http://piccolo-uomo.blogspot.com/2008/09/non-mi-sento-molto-responsabile.html

    E’ vero che la misura del nostro impegno sarà in base al talento ricevuto ma, come rilevi anche tu, Dio, che è buono, salverà chi si è impegnato indipendentemente da quel che avrà fruttato. Il padrone della vigna pagherà anche il lavoratore dell’ultima ora! (A sollievo dei ritardatari)

    Un saluto,

    Andrea

  • nihilalieno

    Serve aiuto a scavare? Siamo qui. (tranne quel pigrone di G2R, eh? Un link su dove comprare una vanga, figuriamoci! Bell’aiuto! Giù, a scavare! Altro che bici e piscina… così sì che ti fai i muscoli…)

  • giorgetto2rock

    ehi !!!!!!
    SERPENERA !!!!!

  • ClaudioLXXXI

    🙂 il link dove comprare la pala mi farebbe comodo, se solo si trattasse di una pala fisica. Ma invece quello che serve a me è una vanga… spirituale.

    Grazie a tutti!

  • fiordicactus

    Comunque, non sei l’unico e non dipende dall’età!;-)

    Ciao, R

  • sissi2002

    “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”

    Chiarisco, Claudio. Il tuo indubbio talento di scrittore merita tutta la fortuna che ti auguro ed anche parecchia di più. Spero di cuore che trovi prima o poi (meglio se prima) un editore per i tuoi splendidi racconti. L’aspetto economico, ipocrisia a parte, è una componente primaria del giusto riconoscimento che spetta a chiunque metta a frutto i suoi talenti, dallo scrittore al cuoco, dallo scienziato all’operaio.

    C’è però un talento che tu possiedi al di là della tua bravura di scrittore, e che, davvero, è colpevole tenere nascosto. Mi riferisco alla tua capacità di riflettere, dialogare, istruire, far comprendere a tanti di noi, e non mi vergogno di collocarmi nel novero, aspetti fondamentali della fede, della storia, dell’attualità, della filosofia.
    A me, e credo non solo a me, sono stati utilissimi i tuoi post: per riflettere, per leggere, per farmi domande ed andare alla ricerca di risposte; forse anche, chissà, per imprimere quella svolta che rodeva dentro come un tarlo da tempo, ma che per pigrizia, superficialità od altro continuavo a rimandare.

    Se appena puoi, e non mi permetto di entrare nel privato più di tanto, sblocca il blog. Non seppellire il talento sotto la sabbia.

    Altra riflessione, ma su questa spero di trovare (DEVO trovare) il tempo per risponderti via e-mail. Qual è il confine tra consapevolezza del proprio talento (e conseguente rifiuto della falsa modestia ipocrita) ed orgoglio? Come difendersi dal pericolo di perdere di vista l’umiltà, e in che cosa consiste la vera umiltà?
    Sto rileggendo per l’ennesima volta le “Lettere di Berlicche” e forse, dico forse, ho trovato una risposta …
    Boh. Come avrai capito sono parecchio confusa
    Un abbraccio
    Sissi

  • utente anonimo

    bentornato!
    ba

Ciao. Se vuoi commentare, accomodati. Non c'è bisogno di nome o e-mail, non c'è approvazione preventiva, no censura. Hai il libero arbitrio e io lo rispetto, anche se potresti usarlo male. Ricorda però che la libertà implica la responsabilità. Se sei un troll, ignorerò i tuoi commenti - a meno che tu non faccia un flood. Se pensi che quel che dico è sbagliato, fammelo notare. Attenzione però, perchè chiunque tu sia, se non sei d'accordo con me, proverò a convincerti del contrario. Qui il dialogo non sono belle chiacchiere per scambiarsi "secondo me" e sentirsi più buoni e tolleranti: qui il dialogo serve a cercare, trovare, amare la Verità.

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