Il mistero dell’Oggetto Eterno

Un uomo deve assolutamente entrare in un palazzo per motivi importantissimi che coinvolgono la sua vita ed il suo amore e tutto ciò che gli è caro.
Non ha la chiave del cancello ed è lì davanti a disperarsi. D’un tratto una finestra nel palazzo si illumina. Qualcuno si affaccia, gli lancia qualcosa e poi corre via. L’uomo davanti al cancello afferra al volo l’oggetto: è la chiave. Con un grido di gioia e gratitudine apre la porta ed entra nel palazzo, dove trova una rampa di scale che sale di corsa.
Giunto in cima si trova in una stanza; accende la luce, si affaccia alla finestra, e vede un uomo davanti al cancello che si dispera. L’uomo nel palazzo gli lancia la chiave e poi prosegue verso l’interno del palazzo e verso la sua vita, il suo amore e tutto il resto. L’uomo davanti al cancello afferra al volo la chiave e con un grido di gioia e gratitudine apre la porta ed entra nel palazzo, dove trova una rampa di scale che sale di corsa.
I due uomini sono lo stesso uomo che salendo le scale è tornato indietro nel tempo.

Da dove viene la chiave?

(continua…)

(↓ commenti)


27 responses to “Il mistero dell’Oggetto Eterno

  • ClaudioLXXXI

    Questo post è molto sibillino, ma sarà chiarito dalla seconda parte (non dovrete aspettare tanto: avevo scritto tutto il malloppo già un anno fa e poi l’ho lasciato nella mia ghiacciaia virtuale).
    Se qualcuno vuole provare a rispondere 😉 …

  • AlphaT

    La chiave era lì, pronta ad essere lanciata, prima dell”arrivo del tizio davanti al cancello.
    Le condizioni al contorno fanno sì che debba essere così, e che in seguito il tizio debba accorgersi che gli è rimasta in tasca, mentre senza rendersene conto ha tirato giù la versione della chiave “più antica”, quella che era già lì.

    Mi hai ricordato un’idea di quando ero ragazzino: “L’incesto temporale”.
    Fratello e sorella, gemelli, sono due gocce d’acqua perchè sono identici in tutti i geni tranne l’Y.
    Appena diventati adulti, tornano indietro nel tempo, fanno…ehm… e si autoconcepiscono.
    Così sono fratelli, amanti, figli e genitori di sè stessi. E possono essere definiti anche nonni, bisnonni, nipoti eccetera di sè stessi, all’infinito.
    E’ interessante che essendo un sistema chiuso, niente richiede in realtà che corrispondano alle altre persone, anzi, che assomiglino in qualche modo ad una specie esistente.
    Ma quale sarebbe la probabilità di un evento del genere?
    Non abbiamo un sistema di riferimento in cui valutare le possibilità che si verifichi spontaneamente. Il nostro istinto ci dice però che una cosa del genere non succederà mai. Se abbiamo ragione, le cose senza una causa non esistono. Oppure semplicemente il viaggio nel tempo è impossibile. Ma la prima possibilità è la più intrigante.

  • dabogirl

    è uno di quei post che seguono delle mangiate di peperoni farciti di sugna?

  • ClaudioLXXXI

    LOL, ma che idee avevi in tenera età? Pervertito! 😛
    A dire il vero anche io in gioventù immaginavo qualcosa di simile (ehm ehm), la storia di un orfano la cui madre è morta di parto e il padre è avvolto nel mistero, vuole scoprire a tutti i costi chi fossero i suoi genitori, così torna indietro nel tempo all’epoca del suo concepimento e li cerca invano, poi conosce per caso una ragazza, da cosa nasce cosa… a fattaccio avvenuto, da qualche labile indizio, il nostro capisce con orrore di essere il suo stesso padre. The end.
    Siamo menti malate :-/

    La tua spiegazione potrebbe andare bene (ovvio: parliamo di una storia inventata), ma non è come la pensavo io. La chiave è una sola, e l’uomo la riceve dal sè successivo e la lancia al sè precedente, ad ogni “iterazione” del circolo temporale.
    Riusciamo in qualche modo a immaginare se e come una cosa del genere sia possibile? Oppure la nostra mente rifiuta per principio un simile contorto paradosso?

    A me piacerebbe che fosse possibile, perchè è una cosa troppo forte 😀

  • ClaudioLXXXI

    # Dabogirl, disgraziatamente no.
    Il mio cervello produce di default cose simili, non ho attenuanti.

  • nihilalieno

    La chiave era in cima alle scale, dal momento che prima di salirle lui non l’aveva. Il problema è: dove va lui? Perchè il secondo sè sale le scale e genera un terzo sè, che da la chiave al quarto e così via, finchè il primo non esce a disperarsi davanti al cancello, chiudendo il cerchio. O no?
    Qualcuno ha dei peperoni?
    Io da piccola immaginavo un mondo così organizzato che la gente non aveva bisogo di parlarsi (e poteva leggere tutto il tempo, suppongo): sono più o meno da ricovero di voi?

  • francesca

    L’unica soluzione (?) che mi viene in mente è che non si tratti di una chiave di metallo, ma di una specie di “parola magica”. Che il cancello, l’ostacolo che impedisce all’uomo di correre verso ciò che gli è caro, sia un errore, una paura o un dubbio, che ricorre spesso nella sua vita… e che la situazione si sblocchi ogni volta che l’uomo ricorda la parola giusta.
    Personalmente, mi sono riproposta di scrivere nella mia mente un messaggio alla me del futuro, ogni volta che mi sembra di aver trovato qualche ‘parola magica’ alla fine di un momento difficile, oppure quando sono davvero felice.
    Quando mi sento un po’ persa, questi promemoria mi fanno da guida (…e, in ogni caso – ormai è assodato – “Amore” è il passepartout) 🙂

  • ClaudioLXXXI

    Eeehm… forse c’è stato un piccolo equivoco. Cioè, mi sono spiegato male io.
    Voi pensate che la storia sia un indovinello e cercate di arrivare alla soluzione.
    Sigh.
    NON ho una “soluzione” da offrire. A dirla tutta, neanche io so con precisione da dove venga la chiave.
    (ok, ora immagino gli accidenti che mi state mandando… dovevo dirlo prima!!!)

    La storia più che un indovinello è una cosa tipo koan, però senza le connotazioni teologiche buddiste. Diciamo che serve ad allargarvi la mente, a farvi riflettere su un fatto paradossale e sulle sue possibili implicazioni.
    Tecnicamente, la chiave non viene “da nessuna parte”. E’ lì, è presente dal minuto x al minuto y in cui si svolge il fatto, e basta, non c’è nè prima nè dopo. Però esiste, anzi nel loop temporale esiste all’infinito, a suo modo è infinita; e ha una forma e uno scopo.
    Ritenete concepibile una cosa del genere?

    M’interesserebbe soprattutto, per motivi che saranno chiari prossimamente, sapere cosa ne pensano i non credenti.
    Forza, lettori atei/agnostici, uscite allo scoperto! (se ci siete…)

  • Anonimo

    Il racconto non e’ altro che l’illustrazione di una dimensione di”pura possibilità”.
    Si tratta di comprendere una forma di liberta’ che e’ capace di elaborare il gesto ma che non arriva a compierlo. Una possibilita’ che invece di tradursi in realta’ tende a perpetuarsi in ” sola ” possibilità. L’ateo si paralizzerebbe , il credente da il cambio ad un altro se stesso, perche’ prosegua il tentativo di realizzare il possibile all ‘infinito. Ma nessun possibile puo’ tradursi in evento consequenziale, nessuna ascesa e’ consentita, nessun castello risolve noi stessi sulla terra.

  • Giovanni

    Ero anonimo. Resto anonimo. Mi chiamo Giovanni. Sono un uomo pieno di paure.

  • Giovanni

    Giovanni.

  • Sissi2002

    “En archè hèn ò Lògos …”

    Sissi2002

  • ago86

    Nell’eterno, fuori dal tempo, ogni attimo è in un certo senso simultaneo. Se l’evento descritto è stato creato “ab aeterno” allora ha una sensatezza. Ovviamente dentro il tempo non ne ha, almeno io non ne trovo.

  • ClaudioLXXXI

    Giovanni, il tuo commento è estremamente sibillino, beh… non ci ho capito un accidente. Ma di che stai parlando?

    Ago: ottimo commento.
    Ma per chi non crede alla creazione ab aeterno, come la mettiamo?

  • ago86

    Potremmo metterla così: il tempo ha avuto un inizio e forse avrà una fine, ma il fatto stesso di aver avuto un inizio implica che è nato da qualcosa che tempo non era. Certamente l’idea di creazione ab aeterno è metafisica e non fisica, ma resta comunque una ipotesi plausibile, visto che le conoscenze attuali non la contraddicono. Per il resto, ogni volta che mi chiedo il suo significato, che cerco di indagarlo, mi rileggo questa frase:

    Il pensiero cattolico ritiene che in Dio non c’è distinzione reale di alcun atto, né
    successione di tempo o di natura: Dio è il suo essere, e questo basta: tutto in Lui coincide,
    la libertà come l’intelligenza, l’atto creativo come l’atto redentivo, tutte realtà
    che, per giunta, vanno concepite in maniera “eminente” .Questo si vuol dire quando si
    afferma che Dio crea “omnia simul”, e non altro. Specialmente non si vuol dire che
    Dio crea “in un istante” tutto, perché questo sarebbe temporalizzare la divinità.
    Dio crea “omnia simul” perché è eterno, decretando la Sua libera onnipotenza che
    le cose siano a quel momento e a quell’altro della successione temporale. Essendo
    l’atto creativo tutt’uno col suo essere divino, non può significare che questo, ma ciò
    non pregiudica affatto il divenire che Dio evoca come tale e che esprime la creazione
    di Dio nel tempo.
    L’atto divino è eterno, il termine è temporale. Così il Divus Thomas ammetteva la
    possibilità della creazione ab aeterno.

    NOTA: dire “decretando la Sua libera onnipotenza che le cose siano a quel momento e a quell’altro della successione temporale” può voler dire anche che permette che le cose siano in un certo modo. Insomma, alla fine è più o meno come hai spiegato nel post.

  • papamerda palleiro (stercorarius pomarinus)

    i teologi ne hanno scodellate di cazzate!!!11!

  • ClaudioLXXXI

    Ago, il problema del tirare in mezzo il pensiero cattolico (figuriamoci san Tommaso) è che chi non è cattolico se ne esce dicendo “questa è la vostra fede, io non ci credo” e fine.
    Io invece vorrei parlare del problema in modo pre-religioso, puramente razionale, e vedere dove possiamo arrivare.

    Stercorario (nome assai adeguato), non mi tangono le tue trivialità becere, ma vorrei per curiosità chiederti una cosa, se riesci a esprimere un pensiero in modalità troll off.
    Ma tutti questi 11 e 111 che metti nei tuoi commenti, che caspita di significato hanno, se ce l’hanno??

    Edit: no, aspetta, forse ho capito. Questi 11 e 111 sono sempre tra punti esclamativi. Non sono numeri, è che stai premendo tantissimi punti esclamativi ma ogni tanto ti scivola il ditino da shift (in effetti, lo sforzo di concentrazione del pigiare due pulsanti contemporaneamente…)

  • ClaudioLXXXI

    va bene Riccardo, ma non è un po’ … dogmatico? Un paradosso è un paradosso, punto stop. Ah.
    E la ragione, allora, che fine fa?

  • Riccardo

    è la ragione che mostra il paradosso. l’uomo riceve la chiave da se stesso che ha ricevuto la chiave da se stesso che ha ricevuto la chiave da se stesso… con questi dati si ottiene un paradosso, non per un dogma.
    lei dice che la storia continua. c’è qualcosa che non sappiamo. dovrebbe dire tutto adesso, poiché il paradosso può non esserci più quando si introduce il dato mancante.

  • shostakovich

    Se l’uomo sale le scale e torna indietro nel tempo allora avviene uno sdoppiamento, uno continua la salita, l’altro torna fuori del palazzo. Ma quest’ultimo ha già la chiave (se si è sdoppiato salendo le scale, allora è entrato), se non se ne accorge – le avrà in tasca? – ed entra con la chiave lanciatagli dal suo doppio alla finestra, quando tornerà sulle scale sarà nuovamente sdoppiato ma stavolta l’uomo al cancello avrà quattro chiavi, quello alla finestra due. Ogni salita delle scale raddoppia le chiavi in possesso dell’uomo che torna indietro. Dovrà pur accorgersi di avere un enorme numero di chiavi nella propria tasca, a quel punto non servirà che un suo doppio gli lanci la chiave dalla finestra. Se il meccanismo di duplicazione e retrocessione è continuo, si forma feedback positivo che si autoalimenta ma che non si ripete sempre in modo identico (prima c’era un doppio che lanciava una chiave dalla finestra, poi non è più servito). Allora è possibile che ci sia stato un evento precedente diverso da quello descritto nel post dove la chiave è comparsa in qualche modo, un modo qualsiasi, per esempio trovata a terra dopo una lunga ed estenuante ricerca. L’uomo che la trova è il primo che si affaccia alla finestra e vede il suo doppio, per evitargli la fatica di trovare la chiave gli lancia quella che ha trovato lui. E così via.

  • ClaudioLXXXI

    # Riccardo (sono abituato a usare il tu sul web, se dà fastidio dimmelo e passo al lei)
    ehm… forse c’è stato un altro equivoco… (shame on me!) la storia non continua. L’argomento sì, ma la storiella finisce qui. Non c’è alcun dato mancante, siamo sullo stesso livello.
    Siamo d’accordo che la ragione dice “uh questo è un paradosso”. Beh forse qui più che la ragione c’è l’esperienza, l’immediatezza del dato sensibile di Tizio “ho avuto la chiave da me stesso, ho dato la chiave a me stesso, in questo breve lasso di tempo l’ho sempre tenuta in tasca”… sono percezioni, non teoremi. La ragione vaglia questi dati e dice “ok, è un paradosso, la chiave esiste in un circolo temporale”.
    Ma non può proprio fare altro? Questa è tutta la spiegazione? So di non sapere? 😉

    # Shostakovich, se ho capito bene il tuo meccanismo di viaggio nel tempo è come quello che si ritrova in un romanzo di Silverberg, Il tempo della Terra. Il cronoviaggio come creazione di una nuova linea temporale, una in cui il protagonista ha trovato la chiave per terra, e le altre in cui l’ha ricevuta da se stesso. E’ una possibile soluzione al paradosso del nonno (ne parlo nel prossimo post).
    Visione lecita, ma quella della storia – per come l’ho pensata io – è diversa: la linea temporale è unica, e la chiave ha un’esistenza ciclica.

    Penso sia ora di passare alla fase 2.

  • shostakovich

    Veramente no, non ho ipotizzato linee temporali parallele. Tutto ciò che ho immaginato avviene nella stessa linea temporale che, fuori dal palazzo, torna sempre indietro. Anche nel caso in cui la chiave tenuta in tasca dall’uomo non venisse duplicata o riportata indietro con l’uomo (e quindi, anche se la cercasse dopo essere ritornato al cancello, non la potrebbe ritrovare dove l’ha trovata il primo), l’uomo che continua la salita delle scale e tiene la chiave la lancia dalla finestra al suo sé nel passato, gli evita di cercarla invano e il processo continua. In questo caso, la chiave è una sola e l’unico evento non ripetibile è stato la sua ricerca iniziale.

  • shostakovich

    Qui uno schema della mia risoluzione del paradosso apparente.

    1. L’uomo fuori dal cancello cerca a lungo la chiave e la trova.
    2. Apre il cancello ed entra nel palazzo.
    3a. Salendo le scale, l’uomo si sdoppia: uno torna fuori del cancello senza chiave (3b), l’altro, con la chiave, arriva all’ultimo piano.
    4. L’uomo con la chiave vede il suo doppio e gli lancia la chiave.
    5. L’uomo all’esterno prende la chiave ed entra (ritorno al punto 2).

    Questo schema è ciclico, non richiede linee temporali parallele e la chiave è una sola. Il ciclo parte con un evento che avviene una volta sola (1) ed è la ricerca iniziale della chiave.

    Ti pare possa essere una buona soluzione?

  • ClaudioLXXXI

    Sorry per il ritardo ma ho 38 di febbre, riposo a letto tutto il dì.
    Con lo schema ho capito, e sì, ha senso ed è una buona soluzione, ammessa (e mi pare lecitamente teorizzabile) la modificabilità dell’evento iniziale.
    Anche se io pensavo a un circolo rigorosamente chiuso e a un passato immodificabile, come nel Principio di autoconsistenza di Novikov.
    Dici che una cosa del genere (ammessa la fattibilità del viaggio nel tempo) non è possibile?

  • shostakovich

    Riguardo il mio esempio, l’evento iniziale non è che sia propriamente modificabile, è un evento unico che dà inizio al feedback positivo e non vi rientra più dopo la prima volta (si va da 1 a 5 ma poi sempre da 5 a 2 a 5 a 2 e così via). Questo ammesso che l’uomo si comporti sempre allo stesso modo: se si rifiuta di aiutare il suo doppio lanciandogli la chiave, il circolo si interrompe per sempre (la chiave è una sola e si trova dentro al palazzo), e quindi il passato è modificabile una sola volta ma così facendo si esce fuori dalla circolarità e si ha un tempo lineare poiché, non essendoci più altri ingressi nel palazzo, chi sta fuori resta fuori e chi è entrato non torna indietro. Molti processi biochimici funzionano allo stesso modo: una reazione iniziale mette in atto una serie di cicli metabolici che si autoalimentano e, in teoria, potrebbero proseguire infinitamente (purché si fornisca sempre energia) ma che non sono eterni nel passato, poiché hanno richiesto un inizio necessario.

    L’esempio di Novikov richiederebbe alla traiettoria della palla iniziale di essere causata dallo stesso effetto che la causa produce in un istante qualsiasi e non si sa più cosa è causa e cosa è effetto. Di per sé la cosa non è sconvolgente se non fosse per il vincolo che tutto il processo deve essere eterno nel passato e nel futuro, sempre uguale a se stesso. Qui il problema, per un universo reale, è anche di tipo termodinamico, servirebbe un moto perpetuo speciale, sempiterno, cioè che non richieda nessun istante di caricamento. Ora, dentro il nostro universo ciò non sembra possibile. Si può congetturare che è l’universo stesso ad essere un evento eterno che si ripete all’infinito, trovandosi immerso in una dimensione atemporale, dove non valgono nemmeno certi princìpi energetici. Ma di questo metauniverso ipotetico non sappiamo proprio dire nulla. Si possono fare congetture non verificabili, come avviene in uno dei modelli cosmologici di Friedmann, dove l’universo prima si espande, poi implode su se stesso e tutto il suo contenuto finisce per partorire un altro universo (o forse lo stesso), come immaginava Nietzsche. Ma questo eterno ritorno risulterebbe percepibile solo ad un osservatore esterno all’universo, e ci si può domandare se, in quella sua particolare dimensione temporale, è possibile percepire questa ripetizione. Tra l’altro, l’osservatore non potrebbe intervenire nel corso degli eventi dell’universo osservato, perché ne comprometterebbe la ciclicità, a meno di ipotizzare che l’osservatore esterno abbia dato la carica, come un demiurgo, al “circo eterno”, ma in questo caso rientriamo nel mio esempio e l’eternità ciclica degli oggetti dell’universo sarebbe limitata nel passato e al più illimitata nel futuro, ma non eterna in entrambi i sensi.

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