Forse talune mie interpretazioni potranno apparire azzardate, ma da cristiano e cattolico praticante quale sono, credo siano compatibili non solo con quanto si legge nelle Scritture, ma anche con i significati fondamentali della teologia tradizionale. […] Spero che nessuno mi accuserà di voler smantellare i valori esistenti, perché la mia intenzione è di cercare e proporre interpretazioni credibili proprio per salvaguardare e rinnovare quei significati fondamentali che continuano a essere validi e positivi – pag. 41
Ecco il cristianesimo dell’insieme, che alimenta la mia fede e mi accompagna ogni giorno nel mio cammino personale di cristiano e cattolico praticante – pag. 302
L’eucaristia è un simbolo. Anche la resurrezione. Diavoli e angeli sono figure di fantasia. Il paradiso e l’inferno “tradizionali” non esistono, perché i malvagi scompaiono nel nulla, mentre i buoni perdono il loro io. Dio e il mondo sono interdipendenti, ovvero Dio coincide con l’universo, e l’immagine della Trinità esprime appunto questo concetto. Dio non agisce antropomorficamente, ergo non c’è Provvidenza, né c’è qualcuno che ascolta le nostre preghiere. Gesù è figlio di Dio, ma solo nel senso in cui lo siamo tutti quanti, e si può credere in lui come si può ugualmente credere in qualcos’altro. Eccetera eccetera.
Antonio Thellung, e meno male che non volevi essere accusato di smantellare!
Scrivo questo post come discorso alla seconda persona perché è così che tu hai scritto il tuo libro, Una saldissima fede incerta, (Edizioni Paoline, 2011, pagg. 315) (ripeto, EDIZIONI PAOLINE!!!) come lettera-dialogo verso un agnostico. Ora, non mi aspetto certo che tu davvero mi risponda o mi legga; scrivo così perché altrimenti il biasimo sarebbe troppo facile, perché voglio ricordare che ho idealmente di fronte una persona e non un concetto, che si deve odiare il peccato ma amare il peccatore.
Non che questo sia facile, beninteso.
In effetti, anche se non mi piacciono le tue idee, tu come uomo non sembreresti tanto male. Dal tuo sito appari come un arzillo vecchietto, magari pure simpatico; “marito, padre, nonno, bisnonno”, mi congratulo, hai fatto anche assistenza terminale ai moribondi, tutto molto bello. Bravo.
Eppure, il pensiero delle buone azioni che avrai sicuramente compiuto non cancella il pensiero delle persone che avrai invece danneggiato; di tutte quelle che sono state confuse, fuorviate, ingannate; di tutte quelle anime che forse, persino, con le tue eresie (vedi, a differenza tua, io chiamo le cose con il loro nome) hai contribuito a portare alla dannazione.
Sono troppo brutale? Qualcuno lo sta sicuramente pensando. Beh, pazienza.
Ho letto prima con curiosità, poi con incredulità, via via con repulsione, il tuo libro che (copio dalla seconda di copertina) «scopre molti punti comuni tra panteismo e Dio personale; secondo l’autore tutta la realtà assume nuovi significati, che oltre a essere compatibili con Vangeli e Tradizione sono anche in grado di rivitalizzare i simboli della fede, rendendoli più comprensibili nel tempo presente».
Per chi non avesse voglia di leggere oltre, riassumo brevemente questi “nuovi significati”. Tutta la faccenda gira su questo cosiddetto “insieme”, questo magma dove creatore e creatura si identificano, in cui il Dio personale, se ancora si può usare questo aggettivo, non è altro che una specie di server centrale (tua metafora) che accumula e archivia le esperienze dei terminali periferici, cioè noi individui. L’individuo è una porzione di Dio, transitoria, limitata, difettosa, destinata a estinguersi. Però colui che capisce di essere parte di Dio, di averne per così dire il DNA (altra tua metafora), che sa “risvegliare i cromosomi divini” e superare i suoi limiti individuali, può vivere una vita migliore e dopo la morte andare nella raccolta indifferenziata, volevo dire, nell’indistinta coscienza divino-universale. Invece i malvagi scompaiono e basta, e per malvagi tu intendi gli individualisti. Passi una considerevole parte del libro a ripetere che L’INDIVIDUALISMO È IL MALE. Non ho capito se sei cattocomunista (un utente in un commento passato ti chiamava “falce & marthellung”), ma non mi sorprenderebbe, considerato che a un certo punto ti lamenti che la società umana non riesce a organizzarsi come le formiche o le api. Bell’esempio.
Questo, in estrema sintesi; ma non è tutto. Perché la cosa veramente tragica è che questa visione panteista, che di per sé sola potrebbe pure essere rispettabile come una qualsiasi “altra” religione, tu pretendi di accordarla e conciliarla con il cristianesimo, anzi, con il cattolicesimo; e per fare ciò ricorri a una serie continua di – non so come altro chiamarle – trappole.
Probabilmente qualche lettore ora si starà chiedendo che caspita tu abbia scritto di così terribile. E dunque, mi sono preso la briga di trascrivere i brani più virulenti. Alla fine il materiale collazionato era così abbondante che ne ho dovuto necessariamente fare una selezione, e qui nel post ne riporto la crema (qualche altro magari nei commenti); mi sono pure posto il problema del copyright, che non credo di aver violato perché sto esercitando il mio diritto di critica. Ad ogni buon conto ho scritto una mail a quelli della casa editrice, edlibri.mi@paoline.it, per segnalare questo post e dar loro la possibilità di chiedere la parziale rimozione delle citazioni, se credono che esse eccedano i limiti in cui si può parlare di “breve” citazione dunque legittima; nonché per esprimere il mio fastidio per il fatto che un editore asseritamente cattolico pubblichi libri di così conclamata eresia (ed anzi, se qualche lettore condivide il mio medesimo fastidio, magari scrivete una mail di protesta anche voi).
Ecco qui, dunque:
come le favole trasmettono sovente significati profondamente veri, pur descrivendo fatti che non sono di per sé credibili, anche la teologia tradizionale propone moltissime immagini di fantasia, tipo le schiere di angeli e arcangeli, o il trono dell’Altissimo, o sedere alla destra di Dio, o certi dettagli cruenti nelle rappresentazioni dei novissimi. Eppure nessuno (speriamo) dubita che tali immagini siano state elaborate per trasmettere significati, e non per descrivere eventi reali – pag. 20
Gesù è unico, assieme a tanti altri:
la mia sposa è per me unica, e solo quando guardo lei negli occhi mi sento espandere oltre i limiti individuali. Analogamente, credo che Gesù Cristo sia Dio, e siccome la percezione di espandermi spiritualmente l’ho ricevuta guardando a lui, lo sento (per me) unico e irrinunciabile. Forse a qualcuno simili esempi sembreranno svalutativi, come se intendessero porre Cristo e le altre proposte religiose su un piano equivalente e indifferenziato, ma qui non si tratta di stabilire se Dio si rivela in altri modi ad altre persone o popoli, anche perché mi sembrerebbe temerario pretendere che non sia libero di comunicare analoghi valori {ma sono davvero analoghi questi valori?, ndC} attraverso altre vie, e confesso che l’esclusivismo cristiano mi sembra un po’ blasfemo. È proprio la mia fede a chiedermi di sperare che l’unico Dio offra identiche opportunità a tutti: attraverso quali percorsi lo saprà lui. Ma per me Gesù Cristo è concretamente unico e irripetibile. Quel che sarà per gli altri non sta a me giudicarlo, secondo quel che dice San Paolo (cfr 1 Cor 5, 12-13). Lo stesso Gesù lo ha sottolineato molto bene nel suo colloquio col Padre, dicendo “Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me” (Gv 17, 6-8). Erano tuoi e li hai dati a me, il che lascia presumere {in base a cosa???, ndC} che altre persone saranno date ad altri, senza che questo diminuisca minimamente il valore dell’unicità di Cristo per coloro che sono stati affidati a lui. – pag. 27, 28
è opinione presente da tempo nella teologia cattolica l’idea di un rapporto Dio-cosmo in senso unitario. Già quasi cent’anni fa Teilhard de Chardin scriveva “La stoffa dell’Universo è Spirito-Materia” […] al presente, il teologo Vito Mancuso parla “della materia-mater come grembo da cui sorge ogni cosa, anche lo spirito” – pag. 65
Questa è molto lunga, ma molto utile per capire il modus operandi del personaggio. Va bene credere nella resurrezione, basta non crederci davvero:
Alcuni tendono a liquidare come infantili e incredibili i racconti evangelici della resurrezione, sottovalutando il fatto che nel loro significato simbolico possono esprimere grandi valori sostanziali, per chi guarda con gli occhi della fede. La resurrezione di Lazzaro ad esempio se viene interpretata in senso letterale può suscitare interrogativi curiosi: una risurrezione temporanea per poi tornare a morire? […] Ma indipendentemente da come si sono svolti i fatti storici, se quella risurrezione è vista come simbolo della possibilità di trasferirsi in altre dimensioni, allora mi sento stimolato a prenderla sul serio. Simbolico non significa irreale, ma può dirsi un escamotage di linguaggio per parlare in qualche modo di quel che va al di là del razionalmente comprensibile […] prendere alla lettera i racconti del Vangelo rischia di condurre fuori strada. Chi pensa che basta dire di credere nella risurrezione di Cristo per affermare il nucleo fondante della fede è un illuso, perché tale affermazione può essere intesa in molti modi. Personalmente confermo di credere nella risurrezione {cioè crede in un’altra cosa che chiama con lo stesso nome, ndC}, e non aggiungerei altro, se non fosse necessario mettere in evidenza la compatibilità tra l’immagine del Dio d’insieme e la fede cristiana.
L’ipotesi dei cromosomi che risvegliandosi entrano in rapporto personale con la dimensione divina della vita, la trovo molto vicina alle più recenti elaborazioni della teologia cattolica. Nel libro Ripensare la risurrezione, scritto dal teologo Torres Queiruga dell’Università di Santiago di Compostela, si può leggere “oggi praticamente nessun teologo {come, nessuno???, ndC} parla della risurrezione come miracolo… fino al punto che è normale non considerarla avvenimento “storico”, senza che questo implichi, chiaramente, la negazione della sua realtà” {chiarissimo, ndC} […] In tale quadro il senso della risurrezione è inteso come risveglio dei cromosomi da uno stato di catalessi, cioè dall’illusione di poter consolidare la vita individuale. I cromosomi divini risorgono per dimostrare che solo l’insieme vale. Afferma Torres Queiruga: “Oggi è sommamente importante prendere sul serio il carattere trascendente della risurrezione, che è incompatibile con dati o scene di un’esperienza di tipo empirico: toccare col dito il Risorto, vederlo venire sulle nuvole del cielo o immaginarlo mentre mangia sono raffigurazioni d’innegabile taglio mitologico, che ci risultano semplicemente impensabili.” […]
Che il risveglio dei cromosomi avvenga durante la vita, e non dopo la morte, è un concetto presente da sempre anche nell’immaginario cristiano {ma di quale cristianesimo? certo non quello cattolico!, ndC}, seppure trattenuto nell’ombra dal prevalere di una teologia miope e riduttiva basata su banali luoghi comuni di tipo antropomorfico. I primi esempi noti si trovano nei Vangeli gnostici {ah ecco, ndC} […] Torres Queiruga dice “la risurrezione non è una seconda vita né un semplice prolungamento di questa presente… bensì la piena fioritura di questa vita”. Sulla stessa linea si sono espressi altri noti teologi come il gesuita Juan Mateos, il cappuccino Aldo Bergamaschi, Vito Mancuso. Il frate servita Alberto Maggi, noto esegeta del Centro Biblico di Montefano, nel settembre 2001 ha tenuto ad Assisi un seminario dal titolo I vivi non muoiono, i morti non risorgono. Ecco alcune delle sue spiegazioni: “La risurrezione non avviene dopo la morte: o si risorge quando si è in vita o non si risorge più… la vita eterna non è un premio nell’aldilà, ma una condizione del presente… il termine eterna non si riferisce alla durata ma alla qualità. Gesù non risuscita i morti, ma comunica ai vivi una vita capace di superare la soglia della morte: per questo San Paolo scrive “Noi che siamo già risuscitati” (cf Ef 2,6) {invece 1 Cor 15,12 non vale??, ndC} […]
Non ti sembra che siano tutte affermazioni in perfetto accordo con il progressivo risveglio del DNA nelle singole frammentazioni del grande insieme, che nel prendere coscienza dei propri limiti attivano un ardente desiderio di superarli, cominciando così da subito a vivere una vita nuova? – pag. 165-170
Qui siamo al panteismo spinto:
L’individuo è un prodotto del relativo e dell’imperfezione, è un limite, privazione di qualcosa, fa parte del versante negativo, resta comunque legato al male. L’ipotesi d’immortalità individuale sarebbe un assurdo concettuale […] l’individualità è una realtà terrena, e non avrebbe senso proiettarla nell’assoluto, perché serve a distinguersi dagli altri. Si potrebbe forse ipotizzare che in Dio (nell’assoluto) esista il distinguersi? {sì, la Trinità, quella vera, ndC} Si potrebbe supporre una vita in Dio che si distingue in tante individualità? Qualsiasi forma d’individuo equivarrebbe a un’imperfezione cristallizzata, perché ipotetici individui perfetti sarebbero identici tra loro, senza più nulla che li distingue l’uno dall’altro. L’individuo deve morire […] il problema di un’ipotetica vita dopo la morte si pone secondo una drastica alternativa: o l’essere umano decade fino all’inesistenza, o diventa Dio. Soltanto all’ipotetica idea di vivere per l’eternità una vita individuale, con tutte le sue contraddizioni, provo una grande tristezza e non capisco chi potrebbe augurarsela […] l’essere umano che guarda in alto con fiducia e speranza è Dio che riconosce se stesso, che rientra in sé {questa è un po’ hegeliana, ndC} perciò non avrebbe senso ipotizzare una presa di coscienza che ricercasse ancora componenti di tipo individualistico. Personalmente mi soddisfa in pieno l’idea che il senso del mio itinerario entrerà a far parte della coscienza e della memoria di Dio. Là io non ci sarò più, eppure sarò vivo per sempre, nell’insieme universale […] l’individuo che porta il mio nome non ci sarà più {allora il culto dei santi è una bufala, ndC}, ma la coscienza divina vivrà in permanenza la memoria del mio itinerario personale. Saremo tutti nella coscienza di Dio – pag. 186-193
Il diavolo esiste, cioè non esiste:
Il diavolo esiste? Naturalmente è questione d’intendersi sul significato dei termini {naturalmente, ndC}, e personalizzare il discorso può essere un’efficace scelta di linguaggio, ma posso comunque assicurarti che il diavolo esiste: lo conosco personalmente nell’intimo, potrei dire. Ho fatto esperienza personale di essere diavolo, sentirlo incarnato in me. Credo che ciascuno di noi a turno possa farsi diavolo […] per spingerci verso la frammentazione non abbiamo bisogno di un diavolo esterno, perché sappiamo benissimo crearci da noi un’autopossessione diabolica. Però, per nostra fortuna, il diavolo esiste solo in forma temporanea, anzi per sua natura è il più mutevole e temporaneo degli esseri, impossibilitato a consolidarsi in qualsiasi stato […] il diabolico non è altro che deformazione del divino, ossia frantumazione dell’insieme, ma non dimentichiamo che non è mai possibile una deformazione o frammentazione totale, dato che i frammenti non possono mai sottrarsi al loro contenitore. Credo che ogni visione limitata di Dio (dell’insieme) porti con sé elementi diabolici molto pericolosi, che possono condurre anche a forme di spiritualità aberranti. Non credo invece che ci sia un disegno maligno da parte di qualche essere tenebroso che voglia spingerci intenzionalmente fuori strada: non ce n’è bisogno, perché a creare ostacoli, inciampi, deviazioni nel nostro cammino verso l’insieme basta e avanza la miopia legata ai limiti della nostra natura – pag. 209-212
L’eucaristia, altrove esplicitamente definita come un simbolo, è un’altra occasione per dire sì nel senso di no:
Mi hai chiesto se credo alla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, e ti rispondo di sì. Resterei perplesso se mi chiedessi che cosa s’intende per presenza reale, perché non lo saprei dire, francamente {ah ecco, ndC}, e non riesco neppure a capire che cosa intendono coloro che si esprimono come se lo sapessero […] Credo nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, così come credo alla sua presenza materiale nel mondo, a disposizione di chi vuole incontrarlo. Non so se qualcuno pensa che sia più presente nell’Eucaristia che altrove, nel qual caso si creerebbe un interrogativo curioso, tipo: qui è presente, qui è ancor più presente. Si può dire che la teologia odierna sia in prevalenza d’accordo {sì, se la teologia odierna fosse limitata solo agli amici tuoi, ndC} nel considerare che la presenza di Cristo è reale soltanto là dove si crea un rapporto. I sacramenti sono tipici strumenti d’incontro e di relazione tra umano e divino, e spogliati della sovrastruttura sacrale si dimostrano molto validi anche in senso esistenziale […]
ancor oggi i seguaci di una logica un po’ ingenua {il principio di non contraddizione è ingenuo?, ndC} pensano al sacramento eucaristico secondo un rigido aut aut: Cristo nell’Eucaristia o c’è o non c’è, quindi per tutti o per nessuno. Ma dimenticano che secondo quella stessa logica il pane e il vino restano tali e quali prima e dopo la consacrazione. La logica divina invece invita a credere che Cristo si fa presente a chi vuole incontrarlo, non vale neppure la pena di chiedersi cosa avviene a chi non ha interesse o non ci crede […] da quando ho capito che Cristo si fa presente a chi vuole incontrarlo, senza costringere chi non vuole, non trovo più alcuna difficoltà a proclamare la mia fede, proprio perché non giudica in alcun modo quella altrui. Sotto questo profilo, direi che perfino il concetto di transustanziazione potrebbe ricuperare un significato convincente, basterebbe spostarne il momento dall’atto della consacrazione rituale a quello dell’incontro reale con ciascuna persona. Così, mentre credo alla presenza reale di Cristo ne’l’Eucaristia, posso dire a chi la nega: “Forse hai ragione anche tu, dal tuo punto di vista”. Sia per ciascuno secondo la propria fede: “Sia fatto a voi secondo la vostra fede” (Mt 9,29) dice Gesù, che equivale {!!!, ndC} a dire “mi vuoi incontrare? Eccomi qua! Non mi vuoi incontrare? Non ci sono!” – pag. 229
Onore ai cattivi maestri:
Il noto teologo Hans Kung ha sviluppato esaurientemente l’argomento di una Chiesa indefettibile nel suo cammino, anche se non esente da singoli errori. Kung può essere criticato, ed è stato anche parzialmente sanzionato, ma nessuno {come nessuno?!? Qui siamo proprio alla panzana plateale, ndC} mette in dubbio che sia una voce autorevole della Chiesa cattolica, seppur con dei distinguo rispetto al Magistero ufficiale – pag. 256
Siamo tutti come Gesù:
Gesù aveva un rapporto particolarmente coinvolto con l’insieme, che chiamava Padre, e ne ha svelato il senso e le caratteristiche […] gli esseri umani si possono definire porzioni temporanee di Dio, perché tutto quel che ciascun individuo lo vive dal suo punto di vista, anche Dio lo vive contemporaneamente nella sua consapevolezza: incarnandosi in ciascun essere umano, tutti aspetti pluriformi del suo figlio unigenito […] Dio Padre, che secondo la teologia tradizionale si è incarnato sulla terra in suo figlio Gesù identificandosi nella sua esperienza, secondo la realtà d’insieme s’incarna in tutti gli esseri viventi. Gesù, che ne era pienamente consapevole, poteva dire “io e il Padre siamo una cosa sola”, mentre la maggior parte degli esseri umani, ben lontani da tale livello, nei momenti di grazia possono al massimo dire “io e il Padre abbiamo qualcosa in comune”. Ma qualitativamente il risultato è alla portata di tutti. Anche il Credo recitato abitualmente, che definisce Gesù della stessa sostanza del Padre, trova conferma nella visione d’insieme, dal momento che tutta la realtà è tessuta nell’unica stoffa universale, nell’unica sostanza esistente, che è tutta di natura divina – pag. 300
Infine, dulcis in fundo:
Se ora ti saltasse in mente di chiedermi se credo che le tesi qui sopra esposte rispondano a verità, ti risponderei che non lo so. Che posso saperne, me meschino, della verità divina, incommensurabilmente più grande di me? Ti posso però confermare senza tentennamenti di sentirmi irresistibilmente attratto verso l’insieme […] voglio appartenere a questo Dio d’insieme, voglio essere tutt’uno con lui. Siamo nel campo della fantasia? È vero, ma tutta la teologia lo è, comunque la si voglia intendere, e l’invito a credere nell’incredibile è comune alle varie forme di spiritualità passate e presenti – pag. 305
E qui non posso che rallegrarmi per il fatto che il libro mi è stato regalato: perché, se avessi pagato i 16 € del prezzo di copertina per poi scoprire alla fine che l’autore non sa neanche se quello che ha scritto è vero, ci sarei rimasto un po’ male. Ma un po’ tanto, eh.
Insomma. Non so quanti lettori sono arrivati fino in fondo a questo tour de force, ma quelli che hanno resistito, si saranno fatti un’idea.
Però, Thellung, devo ammettere che questo tuo libro in un certo senso è un ottimo libro. Non dico come apologetica o come riflessioni sulla vita l’universo e tutto quanto, ché in quel senso è peggio che nefasto; voglio dire come vaccino. È pieno di eresie, ma esse sono né troppo grossolane da essere inutili, né troppo sottili da essere invisibili; se ne potrebbe quasi compilare una fenomenologia dell’eretico, sulla quale poi ricavare, come in controluce, un manuale su come difendersi, una specie di training in x passi.
Ecco, allora, alcune di queste “trappole” che ho riconosciuto nel libro, qui esposte ad uso vaccinatorio:
- Le citazioni. Per simulare la presenza di un senso comune che non c’è, citi spesso altri pensatori eretici (es. Hans Kung, Vito Mancuso, Alberto Maggi), o perlomeno problematici (Teilard de Chardin), presentandoli tranquillamente come teologi cattolici; il fatto che sulla loro pretesa cattolicità ci siano dubbi e discussioni, quando non proprio esplicite condanne della Chiesa, lo ignori o al massimo lo accenni appena (ovviamente in questo caso la colpa è della Chiesa “cattiva”, cioè delle “gerarchie”).
- Le generalizzazioni. “Nessuno dice questo”, “tutti sostengono quest’altro”, “è ormai pacificamente accettato che quell’altro ancora”, e così via. Panzane, visto che in realtà sono moltissimi a dire questo e non sostenere quest’altro, e che quell’altro ancora non è pacifico un corno; ma se non glielo dici tu, al lettore ignaro, chi glielo dice?
- Cristiano = cattolico. Questo è un argomento sottile, perché, come al solito, il proprio dell’eresia è mescolare abilmente verità e menzogna. È vero che i due termini in un certo senso coincidono, perché il cattolicesimo è precisamente la vera, diciamo grossomodo, “modalità” del cristianesimo. Il problema è che storicamente, accanto a questa “vera modalità”, se ne sono affiancate altre che vere non sono (cioè, per dirla in altri termini, lo sono di meno): e allora il cattolicesimo si può rappresentare come un “sottoinsieme” del più ampio alveo cristiano.
Ecco quindi che il trucchetto consiste nel sovrapporre opportunamente i termini “cristiano” e “cattolico”, facendoli passare per fungibili anche laddove non lo sono. Così un’idea decisamente non cattolica, che è stata sostenuta da pensatori non cattolici però cristiani o cristianeggianti, come i protestanti o gli antichi gnostici, viene presentata come parte del pensiero cristiano DUNQUE “sdoganabile” come cattolica. - Gli aggettivi sono importanti. Un buon aggettivo piazzato al posto giusto esprime più di tanti discorsi. Così per te l’ortodossia è “tradizionale” (contrapposta a ciò che è innovativo), “popolare” (nel senso di ignorante), al massimo se proprio va bene “linguaggio metaforico” (cioè una bella bugia).
- La Bibbia. Citare dalla Bibbia è importantissimo. Non per niente Satana, quando tenta Cristo nel deserto, gli appioppa un paio di citazioni sacre riadattate alla bisogna. Le citazioni bibliche sono un ottimo metodo per millantare quell’aura di devozione che serve a rendersi bene accetti al pubblico meno smaliziato: infilare qua e là un altisonante “XYZ, 1, 2-3” fa tanto pio, tanto rassicurante. Suvvia, questo cita la Bibbia, cita i Vangeli, cita pure i santi e il Papa: come fa a non essere cattolico! Ovviamente i passi da citare sono accuratamente selezionati, quelli che possono facilmente essere piegati alla tua tesi. Quelli scomodi invece puoi tranquillamente omettere di menzionarli; il problema della coerenza (ti appoggi a elementi di quella stessa tradizione che rigetti), poi, non te lo poni proprio.
Un esempio brillante di questo modus operandi è la citazione di Gv 17, 6-8: quando Gesù dice “gli uomini che mi hai dato dal mondo”, questo “a me” dovrebbe in qualche modo far presumere che altri uomini invece saranno dati “ad altri”, insomma Gesù non è l’unico salvatore del mondo. Sennonché, non solo non spieghi su che accidenti di ragionamento si basa questa presunzione, ma non fai il minimo cenno del fatto che immediatamente dopo Gesù prega “perché il mondo [non “alcuni” nel mondo] creda che tu mi hai mandato”. - Il relativismo spicciolo. Si spiega da solo: ma in fondo che ne sappiamo, anche gli altri hanno ragione nel loro punto di vista, dobbiamo liberarci dal dogmatismo, che poi la teologia è tutta fantasia, e naturalmente l’evergreen “Gesù dice che non dobbiamo giudicare” (certo che dobbiamo giudicare, invece! «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete»: perché non hai citato anche questo?)
- Il “fondamentalismo”: non nel senso corrente della parola, ovviamente. Il trucchetto è quello dell’incendiario che si traveste da pompiere: ecco allora l’eretico che si presenta come uno preoccupato per la crisi, che vuole strappare la Chiesa dallo sfacelo, insomma come quello di buone intenzioni che vuole salvare “i fondamenti”, “il nucleo”, i “significati fondamentali”. Questo modo di esprimersi sottintende peraltro che, se c’è un nucleo fondamentale, c’è anche un qualcosa-di-non-fondamentale che gli sta attorno: e quel qualcosa, pur di salvare il nucleo, possiamo e dobbiamo buttarlo! Dobbiamo ripulire il nucleo fondamentale da quello che non è fondamentale, la sovrastruttura, la muffa cresciuta nel corso dei secoli.
Una volta che si è instillato nella testa del lettore questo concetto, non è così difficile far passare per fondamentale ciò che non lo è affatto, e soprattutto viceversa. Insomma l’eresia agisce come un virus, che uccide il nucleo della cellula sana e vi sostituisce il proprio, e poi usa parassitariamente la struttura dell’ospite per replicarsi (ribadiamolo: EDIZIONI PAOLINE!!!). - La risemantizzazione, cioè cambiare significato alle parole. Il fatto è, caro il mio Thellung, che non puoi certo permetterti l’onestà intellettuale di rifiutare apertamente le verità di fede: c’è rischio che il grosso del pubblico cattolico, ancora legato a certe parole imparate al catechismo e periodicamente ripetute in preghiera, rifiuterebbe invece te, insieme al tuo insieme e tutto il resto. Il gioco sta allora nel prenderle, quelle parole, e svuotarle dal di dentro: togliere il senso codificato nel linguaggio comune e mettercene uno nuovo, dissociando il significante dal significato.
Ecco dunque che dici di credere nella resurrezione, sennonché resurrezione non significa più “vivere dopo la morte” ma bensì “vivere meglio questa vita”; dici di credere nell’esistenza del diavolo, sennonché il diavolo non è un essere soprannaturale che ci vuole male, ma solo l’impersonale limitatezza della nostra natura individuale; dici di credere alla Trinità, che però non è affatto quella descritta nel credo ma bensì la fusione del creatore con le creature; dici di credere alla presenza reale di Cristo nell’eucaristia, laddove per reale però non intendi “oggettiva” ma bensì “condizionata a una volontà soggettiva”, cioè, a pensarci bene, tutto il contrario; e così via.
Quest’ultimo punto, in effetti, è il clou di tutta la faccenda; ed è anche il motivo per cui io credo che qualunque persona onesta e di buona volontà, in qualsiasi religione o non-religione si riconosca, dovrebbe repellere sdegnato la tua pappardella: perché è artefatta, finta, avvolta nella doppiezza. Se tu dicessi limpidamente “non credo in questo, non credo in quest’altro”, io non sarei d’accordo con te, eppure potrei ancora rispettare le tue idee, e sicuramente rispetterei te come persona; ma è la dissimulazione, quella continua ambiguità di fondo che ti pervade, a squalificare idee e persona e tutto quanto.
Alla fine, che ti posso dire? Che ti saluto cordialmente? Sarebbe falso. Che ti disistimo? Vero, ma devo ricordarmi che si odiano le idee, non le persone.
Meglio tacere, e pregare.
Per te, per quelli che hai danneggiato, per tutti.
16 dicembre 2012 at 22:13
Tra gli autori citati da Thellung c’è il teologo sudamericano Andrés Torres Queiruga, sulle tesi del quale (cfr. i libri “La risurrezione senza miracolo” e “Ripensare la risurrezione. La differenza cristiana tra religioni e cultura”) , tempo fa, è intervenuto sulle pagine di 30giorni il filosofo italiano Massimo Borghesi.
Così è avvenuto.
Borghesi demoliva il primo libro:
http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=11594
il Torres tentava una disperata difesa:
http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=16719
ma Borghesi, incurante della favorevole accoglienza di Concilium (vedi nota 32), affondava il colpo e vinceva per KO:
http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=16720
Insomma, la fedeltà dei laici ed il tradimento dei chierici.
17 dicembre 2012 at 07:06
Lycopodium, leggerò.
Io di questi personaggi all’inizio mi chiedo sempre se ci sono o ci fanno. Cioè, hanno consapevolmente l’agenda di demolire il cattolicesimo dall’interno? oppure sono davvero in buona fede convinti di farle un favore, trasformandola in qualcosa che non può essere?
ma forse le due possibilità possono anche convivere nella stessa psiche.
17 dicembre 2012 at 08:56
Mi pare che Andrés Torres Queiruga sia spagnolo.
Credo che la demolizione sia stata intenzionale. Le inflitrazioni sono certe (cfr. ad esempio la testimonianza di una che le effettuò: B.Dodd, “School of Darkness”). Dopo interviene la legge dei conigli citata dal vecchio demonio Willi Münzenberg: bastano poche coppie iniziali, la cosa poi “va da sé”…
17 dicembre 2012 at 10:34
Per rifarsi la bocca dopo letture simili, consiglio la lettura di teologi più “moderni” come Renè Laurentin o una buona dose di Card. Newman.
Per il resto riecheggia paurosamente la previsione di Soloviev:
“… è marcito, è marcito, è marcito…”
17 dicembre 2012 at 13:19
Il problema è che storicamente, accanto a questa “vera modalità”, se ne sono affiancate altre che vere non sono (cioè, per dirla in altri termini, lo sono di meno): e allora il cattolicesimo si può rappresentare come un “sottoinsieme” del più ampio alveo cristiano.
Non è che il cattolicesimo si può ‘rappresentare’ come un sottoinsieme della cristianità, lo è di fatto.
Per quanto tu e altri milioni di persone lo possiate ritenere l’unica espressione del cristianesimo che incarna la verità tutta intera, ed è più che giusto, non potete però affermarlo come fosse un dato oggettivo e inoppugnabile. (Che questa espressione sia la più estesa, seguita e strutturata – perciò anche preparata al confronto – non la qualifica automaticamente come vera). Se pure lo fosse realmente, al fondo, e ci si rivelasse alla fine dei tempi come tale, la sostanza non cambierebbe: ogni religione genera letture e dottrine molteplici, e che il cattolicesimo sia una fra le altre, a prescindere dal suo indimostrato maggior valore, non è opinabile.
Ricordarlo non significa svalutare il cattolicesimo o esaltare altre dottrine, soltanto constatare una realtà.
Si può disputare sulla teologia finché si vuole, ma senza ridurre ad essa (magari ad una teologia in particolare) tutta la realtà; altrimenti non si ha più un tentativo di comprendere e spiegare la realtà (veicolando la verità che essa contiene) ma solo di marginalizzare ciò che di essa personalmente non ci risulta degno di nota (cosa che cozza contro la meritevole attenzione che metti nell’analizzare e criticare le teorie suesposte).
Questo tuo paragrafo mi fa ripensare a quando affermasti, alquanto arbitrariamente (poiché nelle mie parole non vi era nulla che giustificasse tale asserzione) che non potevi ritenermi cristiana (manco avessi scritto: sono cristiana, credo negli dèi greci).
Non cattolica, il che sarebbe invece sacrosanto e d’altra parte lo rilevo io stessa, ma cristiana: che non solo i cattolici sono legittimamente cristiani è un fatto, non un’opinione, e mi pare che nuovamente tu lo minimizzi o peggio lo voglia negare.
Saranno cristiani in errore?, ammettiamolo pure. Ma cristiani, cioè seguaci di Cristo fuor di dubbio, please.
17 dicembre 2012 at 14:12
Grazie sinceramente delle critiche, aspre ma educate, che non avrei mai sperato potessero raggiungere una tale esuberanza. Tengo solo a sottolineare che nel mio credo c’è posto anche per il tuo, ma in senso positivo, sia ben chiaro, nel senso paradossale di un completamento anche per assurdo dell’insieme divino. Non per nulla un mio precedente libro s’intitola: Elogio del dissenso.
Per il resto che altro potrei aggiungere? Nel merito delle tue acute osservazioni mi sono già espresso in abbondanza nel mio scritto. Sottolineerei solo: chi vorrà conservare la propria vita la perderà, e chi può capire capisca.
Ti voglio bene, fratello Claudio LXXXI (??), e ti auguro di cuore che la tua fede ti conduca, sia pure attraverso un percorso che non condivido, a compiere la potenzialità divina affidata alla tua persona. Che è come dire: sia fatto a voi secondo la vostra fede.
Buon Natale, Antonio Thellung
17 dicembre 2012 at 14:45
@Antonio Thellung
Una cosa che mi chiedo quando leggo i vari cattolici “scomodi”, “progressisti” o come preferite è:
ci sono tante derivazioni protestanti che accolgono e si basano proprio su quanto affermato nelle critiche qui esposte, perchè non vi aggregate ad una di queste?
Cosa è che rende il cattolicesimo ancora giustificato ai vostri occhi da farvi stare dentro?
Ripeto, tutte le obiezioni poste sono la base di numerose altre sette protestanti, cosa vi fa rimanere all’interno del cattolicesimo, tanto da autodefinirvi cattolici quando ne smontate mezzo catechismo?
Si scrivono tante parole su cio che non và nella Chiesa, ora vorrei sapere secondo voi cosa è che invece secondo voi funziona da trattenervi.
Grazie
17 dicembre 2012 at 15:22
Ma l’ho scritto nel libro: «Personalmente sono convinto che la Chiesa fondata da Gesù comprenda tutti coloro che credono o si rifanno a lui, qualunque cosa di positivo o negativo pensino o facciano. [….] L’ecclesialità, nella sua forma specifica, è assemblea di incontro e di confronto, comunione della totalità di consensi e dissensi» (pag. 239/40).
Questa credo che sia la Chiesa, l’unica Chiesa di Cristo, cattolica perché universale e non per definizioni restrittive come ad esempio “romana”. In questa Chiesa ci sto per il solo fatto di aver fede in Gesù Cristo, e non potrei non esserci, se non smettendo di credere in Cristo. E sono profondamente convinto che nessuno, nessuna autorità, possa stabilire chi è dentro o fuori dalla Chiesa che solo Cristo conosce. Scomuniche o auto scomuniche sono l’esatto opposto del messaggio di Gesù Cristo. Quanto alle diverse Chiese (cattolici, ortodossi, protestanti e sette di vario tipo) sono tutte percezioni nostre basate sul senso di contrapposizione tipico della natura umana, e in ogni schieramento ci sono autentici seguaci di Cristo, che formano tutti assieme la sua Chiesa, e millantatori che dicono e non fanno (cfr Mt 7,21s).
Questo argomento l’ho sviluppato in profondità nel mio precedente libro: Con la Chiesa oltre la Chiesa (Cittadella). Augurando a tutti che il dissenso resti cordiale e affettuoso. AT
17 dicembre 2012 at 15:45
Certamente il dissenso resta cordiale e affettuoso.
Condivido grosso modo gli argomenti della sua risposta, quello che volevo dire è che definendosi cattolici si viene generalmente intesi come aderenti al magistero, lei si dichiara anche praticante, in sintesi partecipa a delle funzioni religiose che fanno capo ad un sistema (chiamiamolo così) che lei ritiene in errore o “inditero” o addirittura contrario al messaggio Evangelico, non trova che ci sia della incorerenza?
Non crede anche di generare confusione nei lettori meno informati dando per “cattoliche” interpretazioni poco canoniche? Perchè dopo lei precisa “… si ma cattoliche nel senso che…”
Carlo Carretto alla domanda “perchè non lascia la Chiesa” rispose pressappoco: “Perchè altrimenti mi baserei su mè stesso anzichè su Pietro e via via” lei cosa ne pensa?
17 dicembre 2012 at 16:40
…del resto la parola è un simbolo, non occorre sia ortograficamente corretta, ognuno può capirla come preferisce o no? Se vedi lo sbaglio lo sbaglio è dentro di té, o tè o come preferisci, io mi scrivo da solo il mio vocabolario gli altri non capiscono.
17 dicembre 2012 at 18:08
Ora si scherza ma le questioni che ho posto prima le ritengo serie,
proprio perchè sono dubbi e conclusioni sui quali rifletto
molto spesso e mi chiedo se quando a Messa recito il credo ci credo.
Solo per dire che non intendo sbeffeggiare nessuno.
17 dicembre 2012 at 19:38
Gentile Antonio Thellung, ti ringrazio per la pacata replica.
Mi spiace ma continuo a dissentire, non è vero che nel tuo credo c’è posto anche per il mio. Io credo nella resurrezione della carne, tu no. Io credo nel valore preminente del singolo, dell’individuo (anche preferisco il termine persona), tu no. Io credo che Gesù sia davvero Dio, non semplicemente un uomo come noi solo più consapevole della propria natura divina, tu no. E così via.
Dico questo non perché tutto ciò mi renda automaticamente migliore di te come uomo, non lo fa affatto (la fede è morta senza le opere), ma per sgombrare il campo dalle contraddizioni e dalle confusioni: le quali ci rendono meno liberi, poiché diminuiscono la nostra conoscenza della verità, che è il primo presupposto per la libertà. Per essere pienamente libero di compiere una scelta, io devo sapere bene cosa sto scegliendo. Se tu ti presenti in modo ambiguo, i tuoi lettori non hanno la chiara comprensione del credo che proponi, e questo diminuisce la loro libertà di scegliere o non scegliere. E quando dici che il mio credo è inseribile nel tuo “nel senso paradossale di un completamento anche per assurdo dell’insieme divino”, te lo dico con rispettosa schiettezza, penso che tu stia stendendo una cortina fumogena lessicale per fare ulteriore confusione.
La scomunica è proprio questo, un vettore di verità per la libertà. Chiarire che il messaggio cristiano-cattolico comprende certe idee e dunque (per logica, per il principio di non contraddizione senza il quale ogni pensiero crolla) non comprende le idee incompatibili, aumenta la precisione della nostra conoscenza di tale messaggio, ergo la nostra libertà di sceglierlo o meno. Cristo scomunica, altroché, proprio perché non imbroglia e rispetta la libertà altrui. Quando dice agli astanti che devono mangiare il suo corpo e bere il suo sangue, e quasi tutti se ne vanno, non li invita a tornare negoziando sulla dottrina o giocando con le parole sul corpo che c’è e non c’è. Accetta che se ne vadano, che loro non vogliano essere in comunione con lui, e continua con i pochi che restano. L’universalità della Chiesa è questo, l’anelito a che tutti siano in comunione vera, che tutti conoscano davvero la verità e liberalmente la accolgano; non la falsa universalità dove ogni idea vale uguale, come nella notte dove ogni vacca è nera perché è buio e non si vede niente.
Io ti auguro di convertirti davvero a Cristo; se questo non succederà, ti auguro almeno di abbandonare queste ambiguità parolaie che non ti fanno onore; se neanche questo sarà, allora sì, davvero, vorrei che tu fossi scomunicato. Non perché ti voglia male, te lo assicuro, te lo dico senza alcun rancore personale, ma proprio perché i tuoi lettori hanno il diritto di sapere, di non essere presi per il naso, di essere difesi dall’inganno e dalla confusione, di sceglierti o non sceglierti in piena avvertenza e deliberato consenso.
Ti auguro, in ogni caso, un buon Avvento e un felice Natale
17 dicembre 2012 at 22:11
Cecilia, non capisco la tua obiezione. Non sto minimizzando la presenza di cristianesimi non cattolici, al contrario! il mio discorso si basava precisamente sul fatto che il cattolicesimo non è l’unica interpretazione del cristianesimo, ma ce ne sono anche altre; ergo, dire “la tale idea è cristiana, la dicevano gli gnostici cristiani, perciò è cattolicamente ok” è un errore logico ancor prima che teologico.
Ti dissi quel che ti dissi, non certo perché considero cristiani solo i cattolici (ti prego di non attribuirmi cose che non ho detto), ma perché avevi sostenuto di considerare il cristianesimo una verità parziale (di considerare l’islam il sigillo della rivelazione, di ritenere yoga e zen forme di comunione col divino allo stesso livello di una messa, e altro che ora non ricordo). E mi hai chiesto cosa ritenessi essenziale per essere cristiano.
Al che ho risposto che cristiano è chi crede che Cristo sia Dio fattosi uomo (aggiungo ora, vista l’interpretazione thellunghiana di questo concetto, che non è Dio fattosi “ogni” uomo: dire che Cristo è Dio come lo siamo tutti quanti è già annacquare l’incarnazione cristiana in qualcosa che cristiano non è); un uomo che dice di sé di essere “la” via e “la” verità, non “una” via e “una” verità.
Se tu credi ciò, sei cristiana. Buon per te.
Se non lo credi o lo credi solo in parte, detestami pure se vuoi, oppure prova per me la più gelida indifferenza: ma, per favore, guarda con chiarezza dentro te stessa.
17 dicembre 2012 at 22:42
Gli inutili commenti del solito troll saranno qui sistematicamente eliminati, perchè sta facendo troppo il prepotente. Prego gli altri utenti di non dargli peso.
Cabasilas, su internet si trovano alcuni capitoli del libro di Bella Dodd.
Agghiacciante.
Sai se esiste una traduzione italiana?
Alèudin, la risposta più semplice alla tua domanda sarebbe “per seminare confusione tra i cattolici, per combattere la Chiesa dal di dentro invece che dal di fuori”.
E in molti casi, come testimonia il libro della Dodd, è stato davvero così. E credo lo sia ancora.
Ma questo è forse un po’ troppo riduttivo e non si adatta perfettamente a tutti i casi. Ci sono anche altre variabili nell’equazione.
Nel passo citato a proposito della resurrezione, Antonio Thellung cita un seminario tenuto da Alberto Maggi, riportandone in nota anche il link (che io ho inserito nel corpo del post). Si chiama “i vivi non muoiono, i morti non risorgono” ed è una radicale negazione della resurrezione della carne, in particolare una demitizzazione dell’episodio di Lazzaro, ridotto alla solita “metafora” o tutt’al più a una specie di allucinazione collettiva.
Una cosa che mi ha particolarmente colpito, la trovate a pagina 15 del pdf scaricabile dal sito, è quando Maggi scrive:
Ecco, qui abbiamo già l’immagine di un Gesù ambiguo, che “cambia il contenuto”, che dice una cosa per intenderne un’altra. Usa categorie religiose abituali al suo uditorio, svuotandole però dall’interno (e l’uditorio disattento, zac, è fregato).
È la stessa tecnica che usano Maggi, Thellung e compagni.
Forse si considerano davvero cristiani perché, in questa lingua biforcuta, seguono quello che ritengono l’esempio di Cristo.
17 dicembre 2012 at 23:36
bella (stronza) dodd passo’ all’anticomunismo propagandistico e furiosamente maccartista solo dopo che il pcusa l’aveva espulsa per violazione dello statuto e divenne un’eroina cattolica grazie alla sua virulenza livorosa e alla sua fervida immaginazione.
17 dicembre 2012 at 23:37
Perdonami, ma affermando: il mio discorso si basava precisamente sul fatto che il cattolicesimo non è l’unica interpretazione del cristianesimo, ma ce ne sono anche altre non risolvi affatto la stranezza della tua frase che ho riportato e commentato.
L’errore teologico di cui parli di seguito, poi, non ha a che fare con quanto rilevavo io. Non è una risposta, confonde solo il discorso. Ma pazienza.
Ti ho attribuito una cosa che non hai detto? Nient’affatto.
Come sempre, l’italiano non è un’opinione.
Ho ribadito una cosa fondamentale, non così chiara in quel passaggio, anzi; sembrava messa in discussione.
E spero possa essere d’aiuto a qualcuno. Punto.
[…] ma, per favore, guarda con chiarezza dentro te stessa.
Hai proprio un bel coraggio.
Sei come un bambino che si mette alla guida senza le chiavi, e non riuscendo a mettere in moto si convince che l’auto non funzioni.
Broom broom, ciao ciao.
18 dicembre 2012 at 08:38
I dogmi servono a definire un mistero, cioè questo non sappiamo come avviene ma avviene o è avvenuto, non sappiamo precisamente come funziona sappiamo che è per la nostra salvezza, sono una ammissione di limitatezza.
Quando leggo Maggi o Thellung personalmente non trovo una “liberazione” del cristianesimo, o meglio, all’inizio sì, poi approfondendo trovo ne facciano una banalizzazione per la smania di spiegare e rendere accessibile il mistero (cosa a mio avviso impossibile), forse per tranquillizzarsi ma mi pare che troppo spesso buttino via il bambino assieme all’acqua sporca.
18 dicembre 2012 at 10:42
Ma anche no.
Non si capisce perché dovrei essere cristiano se poi mi sciolgo. O se tanto è tutto lo stesso. Mi sembra uno gnosticismo in cui lo gnostico dice che nessuno sa niente, ovvero la posizione più inutile dell’universo.
Io voglio la vita piena qui, adesso, voglio il centuplo e la vita eterna in sovrappiù. Per adesso mi sta andando alla grande. L’irrealtà la lascio a coloro che pensano di avere tempo da perdere.
18 dicembre 2012 at 17:48
No, non credo esista una traduzione in italiano. Comprai il libro su AbeBooks ma adesso vedo che ha un prezzo assurdo (sui 150 euro!). Consiglio la lettura anche di M. Rose, “Goodbye Good Men”.
18 dicembre 2012 at 19:43
“Non si capisce perché dovrei essere cristiano se poi mi sciolgo”, dice Berlicche.
In realtà si capisce benissimo.
È la deriva chenotistica del cattolicesimo d’oggi.
Cattolicesimo capace (?) di “dialogo con la modernità”, ma beninteso solo come dispersione, incapacità di incidenza, irrilevanza, afasia, gregariato.
Un dialogo ad extra che implica un’intolleranza a-dialogica ad intra.
La tecnica è quella descritta da Claudio81.
Prima di tutto, si mina la solidarietà tra significante e significato.
Poi, si costruiscono nuovi significati, tollerando il significante tradizionale, ma svuotato progressivamente dall’interno.
Oppure si costruiscono nuovi significanti, tollerando il significato tradizionale, ma svuotato progressivamente dall’interno.
[Esempio tipico è il rapporto tra Cristo e religione; nel link seguente si trova perfettamente descritto e adeguatamente criticato: http://www.novaetvetera.ch/Article%2011_Stern.htm ].
Proviamo a leggere il postconcilio con questa griglia di lettura e capiremo molte cose.
Sarebbe opportuno che qui se ne parlasse più spesso.
18 dicembre 2012 at 22:01
Gentile troll, siccome sei così informato, vorrai avere la gentilezza di spiegarci quali fossero queste “violazioni dello statuto”. E anche di indicare le prove in base alle quali dici che il libro della Dodd è solo immaginazione. Siccome sei così laico, non vorrai certo pretendere che ti si creda per fede.
Alèudin, magari ci fosse davvero la “smania di spiegare”.
Quando dopo 300 pagine mi ritrovo alla fine (ultimo brano citato) con la conclusione che l’autore non sa se quello che ha scritto è vero, ma “tanto la teologia è tutta fantasia”, è proprio il contrario della spiegazione. Non solo non c’è una spiegazione, ma è l’inspiegabilità eretta a sistema. Una presa per i fondelli, insomma.
Berlicche, infatti, non si capisce perché essere cristiani. Se tanto va bene essere cristiani come qualsiasi altra cosa. E allora, l’effetto ultimo (il fine?) di tutta la pappardella è quello di svuotare il cristianesimo dall’interno.
Cabasilas: gulp. Passo la mano.
Lycopodium: ho visto il link, ma non tutti conoscono il francese, ahimè. Traduzioni?
18 dicembre 2012 at 22:51
purtroppo anche le edizioni san paolo nascondo lati oscuri
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-i-magi-massoni-della-san-paolo-5393.htm
22 dicembre 2012 at 21:24
Caro Claudio, già nel post precedente, che mi è piaciuto molto, avrei voluto intervenire, ma poi ho visto gli interventi di seguito e mi sono scoraggiato. Abbi pazienza.
Alla domanda “Ci è o ci fa?”, posso senz’altro rispondere che Thellung ci è. Il che mi sconforta, perchè sembra più accettabile un piano diabolico che la scelta programmatica di fare sempre e costantemente la cosa più assurda, e decidere che è così che si fa, e quanto è bello e soddisfacente. Ed una volta che il tuo orizzonte è quello che meno capisci, meno cose hanno senso, più sei felice, beh… certe persone sono i troll di sè stessi. E non solo Thellung, in questa pagina. Ma chi ha bisogno di intendere non ha orecchie per intendere.
22 dicembre 2012 at 23:14
Non lo so, AlphaT.
Io sarei più propenso per il “ci fa”, vista la quantità di sofismi tale da eccedere ogni normale presunzione di buona fede, ma non posso averne la sicurezza assoluta.
Non vedo nei cuori, ma giudico dai frutti. E i frutti, in ogni caso, sono marci.
28 dicembre 2012 at 15:07
[…] Ne ho ampiamente parlato qui. […]
13 dicembre 2013 at 18:21
La decadenza delle Edizioni Paoline? Si guardi il genere di esperti cui fanno ricorso http://www.cocooa.com/3923/2012/mauro-biglino-alieni-bibbia.html
Mala tempora currunt
14 dicembre 2013 at 07:15
Veramente leggo che Biglino è un loro ex collaboratore. Se l’hanno messo gentilmente alla porta quando ha cominciato a sbarellare, buon per loro.