Anzitutto: buona Santa Pasqua a tutti voi lettori ed ai vostri cari!
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Questo libro è bellissimo. Ne stavo preparando la scheda per il post sui libri del mese, ma mi è venuta un po’ lunga – e il libro è così interessante che se la merita – e allora ne faccio un post a parte.
Avevo già visto e apprezzato il film di Robert Zemeckis, ma la storia originale di Carl Sagan è ben superiore: descrive un “primo contatto” tra umani ed alieni e ne esplora le conseguenze politiche e teologiche. La protagonista, astronoma che partecipa al progetto SETI, capta un messaggio radio proveniente dallo spazio che non può essere casuale, perché è una successione ordinata e smisuratamente lunga di numeri primi. L’ordine implica razionalità, intelligenza, intenzionalità, logos: è un messaggio alieno.
(già, ma come si fa ad avere la sicurezza assoluta su base puramente razionale? La biblioteca di Babele…)
Una volta decifrato il contenuto informativo del messaggio, emerge dapprima una riproduzione del filmato di Adolf Hitler all’apertura delle Olimpiadi del ‘36 – il che genera comprensibile sconcerto, e che gli alieni sono nazisti?, ma c’è una spiegazione ragionevole – e poi una serie di istruzioni tecniche per costruire una macchina, si suppone una sorta di astronave per raggiungere gli alieni. L’umanità, con varie forme di choc culturale (rifiuto entusiasmo diffidenza etc.) segue le istruzioni e costruisce la macchina, e … contatto.
Il libro è stato pubblicato nel 1985 e l’autore immaginava che all’inizio del terzo millennio ci sarebbe ancora stato il comunismo, e descrive la relazione conflittuale tra istanze scientifiche e istanze politiche (guerra fredda, diffidenza tra scienziati e militari, etc.) in termini abbastanza comuni in questo tipo di letteratura ante 1989. Questa parte è stata pressoché omessa nel film del 1997. (uno degli scienziati sovietici, godendosi le libertà americane, sfoggia un distintivo goliardico universitario che dice “pregate per il sesso”; “lo sfoggiava persino alle riunioni scientifiche e quando gliene si chiedeva la ragione, soleva dire: Nel vostro paese, è offensivo soltanto in un modo. Nel mio, invece, è offensivo in due modi indipendenti”; LOL)
Molto più attuale è invece l’aspetto teologico. Carl Sagan professava quel che io chiamerei un agnosticismo aperto, e su wikipedia gli è attribuita la frase “Un ateo deve sapere molto di più di quello che so io. Un ateo è qualcuno che sa che Dio non esiste. Quello che alcuni chiamano ateismo è molto stupido”. Questo ci aiuta a capire il filo religioso della storia: la protagonista Ellie Arroway, teoricamente agnostica e praticamente atea, con molta antipatia verso la religione (in parte dovuta al suo dolore profondo per aver perso l’amatissimo padre da bambina e aver visto la madre risposarsi con un odioso bigottone), si trova a discutere delle implicazioni religiose del messaggio alieno con una coppia di predicatori cristiani che riassumono le diversità d’atteggiamento dell’opinione pubblica religiosa. Uno è un becero fondamentalista che sembra la summa dell’ignoranza arrogante e fideista, e con la sua opposizione ostinata alla scienza e al messaggio (ovviamente trappola del demonio) svolge in pratica la funzione narrativa di far fare bella figura all’altro predicatore, Palmer Joss, assai più pacato e ragionevole, con cui la protagonista instaura un rapporto di crescente stima. In tutte le loro discussioni la posizione di Ellie rimane religiosamente scettica: non nego in astratto la possibilità che Dio esista, ma non ci credo finché non lo vedo; voglio prove certe e tangibili, non mi fido di niente che non possa controllare con i miei occhi.
(nel film, approfittando di avere due attori di bell’aspetto come Jodie Foster e Matthew McConaughey, hanno fatto scoccare l’immancabile storia d’amore; hanno dovuto tagliare quelle numerose pagine di dense discussioni teologiche, cinematograficamente irriproducibili, ma le hanno riassunte in uno scambio di battute estremamente efficace:
Ellie: [si parla dell’esistenza di Dio] Come fai a sapere che non ti stai illudendo? Quanto a me, io… io vorrei una prova.
Joss: Ah, una prova. Volevi bene a tuo padre?
Ellie: Come?
Joss: Sì, gli volevi bene?
Ellie: … Sì, moltissimo.
Joss: Provalo.
Ellie: … l’espressione che passa sulla faccia di Jodie Foster vale più di mille parole)
Ma insomma, qual è questo contatto?
Viene costruita la macchina. Cinque persone tra cui Ellie vengono scelte come equipaggio e l’attivano. Si apre una specie di tunnel dimensionale e la macchina “viaggia” fino a raggiungere quella che sembra una spiaggia tropicale, di chissà dove o chissà quando, dove appaiono finalmente gli alieni, ciascuno dei quali assume la forma di una persona significativa per uno dei viaggiatori. Ovviamente per Ellie è suo padre, che lei abbraccia con infinita gioia e gratitudine – e pazienza se quello non è proprio lui ma piuttosto la materializzazione del ricordo e dell’amore estratti dal cervello di lei, la scena è commovente e se Ellie non fa la puntigliosa a noi lettori va bene così.
Gli alieni rispondono a un sacco di domande dei viaggiatori, per poi rimandarli indietro colmi di gioia e speranza. I cinque tornano sulla Terra, già assaporando la gloria e le implicazioni scientifiche, e … sorpresa.
Per coloro che hanno visto la macchina dall’esterno, non è successo niente. I cinque sono entrati; hanno passato circa venti minuti là dentro; e poi sono usciti. Basta. La videocamera che avevano portato non ha registrato niente. Per i cinque è passato più di un giorno, per gli altri meno di mezz’ora. Ellie ipotizza di essere stata rimandata indietro nel tempo, ma è appunto una supposizione.
Non possono provare empiricamente.
Non possono spiegare razionalmente.
Possono solo sperare di essere creduti da coloro che li hanno mandati, i leader politici e scientifici, i pezzi grossi che hanno costruito quel costosissimo giocattolo dal valore approssimativo di 2.000.000.000.000.000.000,00 $ per ricavarne solo una bella storiella.
Non ci credono. I cinque vengono accusati di essersi inventati tutto, di far parte di un piccolo complotto accademico-industriale che ha falsificato il messaggio un po’ per la gloria, un po’ per il profitto della costruzione della macchina, un po’ per allontanare l’incubo della guerra mondiale dando ai due poli della guerra fredda un obiettivo comune su cui lavorare assieme. La storia di come Ellie ha riabbracciato l’immagine di suo padre viene fatta a pezzi con argomentazioni stringenti:
“lei, per Dio, ha ricevuto la visita del suo defunto padre che le dice che lui e i suoi amici sono stati impegnati a ricostruire l’universo, per Dio. ‘Padre nostro che sei nei cieli…’? Questa è pura religione. Questa è pura antropologia culturale. Questo è puro Freud. Non se ne accorge? Non solo lei dichiara che suo padre è ritornato dalla tomba, lei si aspetta veramente che noi crediamo che abbia fatto l’universo…”
“Lei sta travisando…”
“L’incontro con suo padre in cielo e tutto il resto, dottor Arroway, è significativo, perché lei è cresciuta nella cultura giudeo-cristiana. Lei è l’unica dei Cinque ad appartenere a tale cultura, e lei è l’unica che incontra suo padre. La sua storia è proprio troppo su misura. Non abbastanza fantasiosa.”
Per non perdere la faccia i governi mondiali mettono tutto a tacere, raccontando all’opinione pubblica che c’è stato un piccolo guasto e che riproveranno ad azionare la macchina quando l’avranno capita meglio; e minacciano i cinque di detenzione a vita se violeranno il segreto imposto.
E cosa fanno questi cinque, questi scienziati, che conoscono una verità che non possono provare scientificamente? Beh, se ne fregano del segreto militare, delle intimidazioni e tutto quanto. Perché la verità è più importante.
“Non importa quello che ci dicono di fare. L’importante è che siamo vivi. In seguito, racconteremo la nostra storia – noi cinque – in maniera discreta, naturalmente. Da principio, soltanto a coloro in cui abbiamo fiducia. Ma quelle persone la racconteranno ad altre. La storia si diffonderà. Non ci sarà modo di fermarla.”
Ebbene, se questa non è una catechesi universale, ci si avvicina molto. Non è quello che è successo con il cristianesimo? Persone che hanno fatto un’esperienza straordinaria e l’hanno raccontata ad altre persone, e queste altre persone ad altre ancora, e ancora, e ancora, e la storia si diffonde inarrestabile e cambia letteralmente il mondo. È la catena della fiducia.
Questo succede grossomodo anche nel film, dove la protagonista è l’unica a fare il viaggio e a tornare senza prove, chiedendo di essere creduta sulla base di un leap of faith – che solo Palmer Joss sarà disposto a fare.
Il libro di Sagan, però, non finisce qui, ma ha una conclusione molto più teologicamente impegnativa (che il film ha tagliato; eccheccavolo).
L’alieno con le sembianze di suo padre aveva confidato a Ellie un segreto: anche loro hanno trovato un Messaggio mandato da qualcun altro. Però questo è nella matematica, nel pi greco, nel rapporto tra la circonferenza di un cerchio e il suo diametro: una divisione che non ha mai fine, in un numero infinito di cifre. E tuttavia, se continui la divisione abbastanza a lungo, dice l’alieno,
“succede qualcosa. Le cifre che variavano a caso spariscono, e per un tempo incredibilmente lungo non ci sono altro che unità e zeri. E il numero di unità e zeri che si susseguono è uguale al prodotto di undici numeri primi.”
“Mi stai dicendo che c’è un messaggio in undici dimensioni celato in profondità all’interno del pi greco? Qualcuno nell’universo comunica con… la matematica? Ma… dammi una mano, sto davvero facendo fatica a capirti. La matematica non è arbitraria. Intendo dire che il pi deve avere lo stesso valore dovunque. Come si può nascondere un messaggio all’interno del pi? Fa parte della struttura dell’universo.”
“Esattamente”.
Tornata sulla Terra, costretta al silenzio ufficiale sulla sua esperienza, Ellie riprogramma uno dei computer del progetto SETI per cercare anomalie statistiche nelle cifre del pi greco, e infine – proprio nel momento preciso in cui fa un’importante scoperta personale su suo padre, che qui non rivelo – trova ciò che stava cercando:
L’anomalia si manifestava con maggiore evidenza nell’aritmetica a base 11, dove poteva essere trascritta interamente come zeri e unità. Confrontato con quello che era stato ricevuto da Vega, questo poteva essere al massimo un messaggio semplice, ma la sua rilevanza statistica era notevole. Il programma riuniva le cifre in un percorso di scansione quadrato, una quantità uguale da un capo all’altro e sotto. La prima riga era una fila ininterrotta di zeri, da sinistra a destra. La seconda riga mostrava un solo uno, esattamente al centro, con zeri ai lati, a sinistra e a destra. Dopo alcune altre righe, si era formato un inequivocabile arco, composto di unità. La semplice figura geometrica era stata costruita rapidamente, riga per riga, autoriflessiva, ricca di promesse. Emerse l’ultima riga della figura, tutti zeri tranne un solitario uno al centro. La linea susseguente era soltanto di zeri, parte della cornice.
Celato negli schemi che si alternavano di cifre, profondamente all’interno del numero trascendente, c’era un cerchio perfetto, dalla forma tracciata da unità in un campo di zeri.
L’universo era stato creato intenzionalmente, diceva il cerchio. In qualunque galassia ci si trovi, si prende la circonferenza di un cerchio, la si divide per il suo diametro, si fa un calcolo abbastanza accurato e si scopre un miracolo: un altro cerchio, disegnato chilometri più in giù della virgola decimale. Proseguendo, ci sarebbero stati messaggi più ricchi. Non importa l’aspetto che si ha, o di che cosa si è fatti o da dove si proviene. Finché si vive in questo universo, e si possiede un modesto talento per la matematica, prima o poi la si troverà. E già qui. E all’interno di tutto. Non si è obbligati a lasciare il proprio pianeta per trovarla. Nella struttura dello spazio e nella natura della materia, come in una grande opera d’arte, c’è, scritta in piccolo, la firma dell’artista. Sopravanzando gli uomini, gli dei e i demoni, includendo i Guardiani e i Costruttori dei tunnel, c’è un’intelligenza che precede l’universo.
Logos.