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Assassini

Assassini

 

 

Mi spiace dover dire che questa manifestazione sulla libertà di stampa mi sembra una grandissima stronzata, vagamente ipocrita e/o incosciente. Come se il problema principale del giornalismo in Italia fosse la censura. Ma non fatemi ridere. È ormai da qualche anno che osservo criticamente il comportamento dei principali quotidiani italiani: trovo sempre più spesso storture, omissioni, citazioni errate, titoli che tradiscono il senso dell’articolo, interviste che tradiscono il pensiero dell’intervistato, discorsi indiretti che tradiscono il discorso diretto, virgolette che virgolettano parole mai dette, e plateali menzogne. Cosa faccia la FNSI per rimediare a questo schifo mi è ignoto. Talvolta ne ho parlato nel tag pseudogiornalismo, in riferimento a quando i media cosiddetti laici trattano molto slealmente faccende di chiesa o di bioetica, ma sono davvero gocce nell’oceano. È un modo di fare disinformazione trasversale, pervadente, onnicomprensivo, che produce burattini gonfi dell’illusione orgogliosa di pensare da soli.

E adesso giocano a fare i martiri in pericolo minacciati dal cattivone prepotente? Ma fatemi il piacere. Se ora mi prendessi su questo blog la libertà di usare nella stessa frase le parole “Eluana Englaro” e “omicidio”, sarei a rischio di beccarmi una querela: però non la fanno mica per questo la manifestazione, macché. Sottoscrivo pienamente l’osteria volante, qua non si tratta di libertà d’informazione, ma di rutto libero: “chiedono un giornalismo libero dal potere mentre tutti hanno la linea editoriale fieramente dettata dai propri esigenti benefattori; gridano “rispetto per le opinioni altrui” salvo poi diffamare fino a ridurre al silenzio l'avversario con idee diverse; invocano piena libertà e poi fanno scomparire dai loro siti i commenti indesiderati”.

 

Il  giornalismo in Italia sta morendo ammazzato non dal malvagio Censore, ma dai cattivi giornalisti. Che naturalmente si atteggiano pure a vittime della situazione. Che stronzi.

 


Quando l’acqua va dalla valle al monte

Quando l’acqua va dalla valle al monte

 

 

L’aver visto per caso e di sfuggita ieri sera Magdi Cristiano Allam in televisione, intervistato su non ricordo quale rete locale per il suo impegno politico nelle prossime elezioni, mi ha ricordato che avevo da parte un post iniziato e mai finito (uno dei tantissimi) a proposito della sua conversione al cattolicesimo; conversione che circa un anno fa creò un po’ di scalpore, per le ovvie implicazioni politico-islamiche legate al personaggio in questione.

La bellissima circostanza dell’essere questo blog sideralmente distante da una testata giornalistica, posto che viene aggiornato senza alcuna periodicità e ultimamente pure in modo assai sporadico, e mai e poi mai potrebbe essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della legge 7 marzo 2001 n. 62, vuol dire pure che non sono in alcun modo tenuto a pormi problemi scemi di attualità, puntualità, stare al passo con i tempi e altre consimili fesserie. Perciò, anche se sono lievemente in ritardo a parlare di Magdi Cristiano Allam, chissenefrega e ne parlo adesso.

 

Dunque, il “problema” della suddetta conversione è che un sacco di gente pensa, anche perché così gliel’hanno spiegata, che Allam sia passato dall’Islam alla Chiesa cattolica. Il che è semplicemente falso.

Prima di convertirsi, infatti, Magdi Allam non era un musulmano: era un ateo razionalista, seppur di “cultura” musulmana, cioè in qualche modo destinatario del patrimonio di idee e tradizioni islamiche dal quale però aveva preso le distanze da tempo. Conosceva l’islam, quanto bene o male non saprei proprio dirlo, però non ci credeva, tant’è che nei suoi articoli si descriveva talora come “musulmano laico”.

Ebbene, ma guarda un po’, questo dettaglio fondamentale fu completamente ignorato da molti commentatori della sua conversione, perlopiù proprio da coloro che appartenevano a quell’area di riferimento genericamente definita “laica”. Considerate per esempio la lettera da lui inviata al direttore del Corriere della Sera, nella quale il neoconverso spiegava lungamente le ragioni che l’avevano portato a chiedere il battesimo: quel brav’uomo di Paolo Mieli, forse perché la lettera era troppo lunga, forse per altri motivi chissà quali, pensò bene di pubblicarla monca (qui la trovate completa), e tagliando in particolare proprio i paragrafi in cui Allam descriveva nei dettagli il suo percorso umano e spirituale, che lo aveva portato negli anni ’70 “alla stagione dell’ateismo sventolato come fede”. Apperò.

 

Ora, a mio avviso è proprio questo, piuttosto che le polemiche sulla qualità del giornalismo performato da Allam o l’opportunità di mandare in mondovisione il musulmano battezzato dal papa col rischio che qualche imam si offenda e ci dichiari guerra, per non parlare della faida tra cattolici filoisraeliani e cattolici antisionisti… questo è il cuore della questione.

È il caso di ricordare che, all’indomani della morte di Giovanni Paolo II, appariva sul Corriere della Sera un editoriale di Emanuele Severino il quale, per rendere omaggio all’illustre defunto, non trovava di meglio che paragonarlo a “uno che, in mezzo a un torrente in piena, sostenga che l’acqua va dalla valle al monte”. Cioè un folle, insomma. Il concetto, espresso altresì con insolita claritas considerati gli standard del filosofo, era che il superamento del cattolicesimo (nonché della filosofia aristotelico-tomistica su cui esso si erige) è inevitabile, invincibile come la forza di gravità; tant’è che Severino riconosceva la grandezza del Papa proprio in quanto ne bollava l’operato come un inutile seppur tragicamente eroico sforzo di frenare le magnifiche sorti e progressive della filosofia dell’ultimo secolo e mezzo, la quale “è la punta d’acciaio che anima, dà forza, fa procedere il nostro tempo: essa mostra che lo scavalcamento dei valori del passato è un processo inevitabile”.

Bene: questa specie di forza gravitazionale della fine della fede vale, secondo una certa mentalità “laica”, non solo a livello generale ma anche per i singoli individui. È ancora ancora comprensibile che si passi dal branco dei musulmani al gregge dei cristiani: cretini gli uni, cretini gli altri. Tutti minus habentes, anche se ai primi non conviene dirlo ad alta voce perché ci si può ritrovare con la gola tagliata, molto meglio disegnare coraggiosamente il papa con un preservativo in testa chè al massimo si rischia la pubblicazione su Micromega e l’intervista sorridente da Fabio Fazio. Che invece si converta al cattolicesimo un ateo, un razionalista, uno che non crede dunque pensa, ecco, questo è inverosimile. Di solito accade il contrario: sono alcuni credenti cresciuti nel crudele indottrinamento clericale ad evolvere mentalmente, liberarsi dai dogmi e ascendere alle vette del pensiero laico. Il percorso normale è dal credere al non credere, che è come dire dal non pensare al pensare: dal monte alla valle.

Certo, può succedere che i vecchi e i moribondi si sentano addosso la signora con la falce e allora si convertano per paura, oppure ti può morire un figlio o capitare qualcos’altro di così doloroso che hai bisogno di una morfina spirituale e allora ti converti per sofferenza; tuttavia si tratta pur sempre di ipotesi legate a un deprecabile decremento di razionalità, a una senescenza dell’intelletto sgradevole ma non inspiegabile. Ma che un ateo si converta così, senza esserci costretto? Che uno si faccia cattolico apostolico romano come esito di un percorso razionale, senza abdicare di uno iota alla propria intelligenza e consapevolezza e lucidità? Via, non scherziamo. Ridicolo, impossibile, intollerabile, assurdo come acqua che va all’insù.

 

Ecco, allora, perché della conversione di Magdi Cristiano Allam si aveva tutto l’interesse a parlare come del passaggio di un credente da una fede all’altra: perché questo è stato uno di quei casi in cui l’acqua davvero sale invece di scendere, e mostra che tutto sommato quella “punta d’acciaio” di cui parlava Severino non è poi così inarrestabile, perlomeno non a livello individuale e a pensarci bene neppure a livello globale.

Ma su questo, naturalmente, non conveniva aprire una riflessione seria: molto meglio presentarla come una questione interna ai rapporti cattogiudoislamici, cretini questi, cretini quelli.

 

 


Che tempo che fa

Che tempo che fa

 

 

http://blog.messainlatino.it/2009/03/una-nuova-tempesta-mediatica-contro-il.html

 

Leggere assolutamente. Con tutti i commenti. Da piegarsi in due dalle risate. Applausi. 

 

 


La speciale logica dell’odio

La speciale logica dell’odio

 

 

Dunque pare che, in procinto di andare in Africa e interrogato sul problema dell’AIDS, il Papa si sia pronunciato in questi termini (come riportati dal Corriere della sera):

 

« Non si può superare il problema dell’Aids solo con i soldi, che pure sono necessari, se non c’è anima che sa applicare un aiuto. E non si può superare questo dramma con la distribuzione di preservativi, che al contrario aumentano il problema. La soluzione può essere duplice, l’umanizzazione della sessualità e una vera amicizia verso le persone sofferenti, la disponibilità anche con sacrifici personali ad essere con i sofferenti. Questa è la nostra duplice forza: rinnovare l’uomo interiormente, dargli forza spirituale e umana per avere un comportamento giusto e insieme la capacità di soffrire con i sofferenti nelle situazioni di prova. »

 

 

Ora, per qualche strano motivo, queste parole hanno dato molto fastidio a qualcuno. Segue qualche esempio preso qua e là.

 

I radicaliparlano di «falsità antiscientifica» e lanciano un appello alla classe dirigente rimasta in silenzio: «Dimostri coraggio, coerenza e serietà smentendo quelle frasi che alimentano l’ignoranza e la diffusione dell’Aids»”.

 

I Comunisti italiani, secondo quanto riporta La Stampa (l’articolo peraltro è interessante e da leggere interamente), lamentano che “è incredibile indurre i cattolici a non usare il preservativo»”. Incredibile, già.

 

Analogamente, la FGCI scrive che “Il Papa afferma delle sciocchezze dal punto di vista scientifico e non fa altro che confermare l’impostazione medievale della Chiesa e di questo pontificato in particolare. Nei paesi dell’Africa Sub Sahariana vi sono circa 25-28 milioni di persone infette da HIV, più del 60% di tutta la popolazione ha l’Aids e più dei tre quarti delle donne. Di fronte a questi dati parlare di un risveglio ‘spirituale e umano’ è davvero come affidarsi a qualche amuleto magico. Certo il preservativo da solo non basta, bisogna anche compiere degli investimenti medici significativi, ma quanto meno aiuterebbe a limitare il dilagare del fenomeno. Continuare a vietarlo in nome dei principi del Cristianesimo e’ davvero una vergogna. Dopo i vescovi filonazisti, la scomunica dei medici che fanno abortire le ragazzine stuprate, non c’è davvero limite al peggio”. Sì, non c’è davvero limite al peggio.

 

Adriano Prosperi, su Repubblica, anche lui ricollegandosi a precedenti episodi mediatici, dalle parole del Papa deduce legittimamente che “l’anima di una bambina brasiliana o di una donna camerunense è meno importante di quella di un vescovo antisemita e negazionista”.

 

Sulla spazio che il Corriere della sera mette a disposizione dei commenti dei lettori, poi, è possibile trovare alcune perle che presumibilmente riflettono il comune sentire dell’uomo della strada:

 

“il papa dichiara pubblicamente di non usarte il preservativo per la prevenzione aiutando cosi la diffussione non solo aids ma tutte le malattie veneree che negli ultimi anni sono in netto aumento”

 

“è sotto gli occhi di tutti che la chiesa cattolica è precipitata con questo mediocre papa in un abisso di miseria etica e sociale. Il no al preservativo, pronunciato con spaventoso cinismo di fronte agli occhi di scheletri ambulanti morenti per aids, lascia esterrefatta la gente normale”

 

“La battaglia culturale per l’uso del profilattico è fondamentale per la prevenzione delle malattie sessuali trasmissibili. Ignorare questo è profondamente grave e assolutamente stupido”

 

“Sono da sempre un sostenitore della libertà di parola. In questo momento ho paura, perchè l’affermazione del Papa contiene la responsabilità di centinaia di migliaia di vittime. Per favore, usate il preservativo”

 

 

Ora, ecco, io potrei anche essere d’accordo con questi commenti se avessi mai sentito una volta un prete, nell’omelia domenicale, lanciarsi in un panegirico del sesso non protetto. Se avessi mai sentito un vescovo raccomandare ai suoi fedeli di fottere con quante più persone possibile, preferibilmente sconosciuti incontrati per caso e mai più rivisti dopo il coito, purché rigorosamente senza preservativo. Se avessi mai sentito all’angelus domenicale l’elogio del sesso occasionale e della botta e via, basta che non ci sia di mezzo il condom.

Mah. Sarò stato distratto io, sarà che frequento brutta gente, ma queste cose non le ho mai sentite.

Certo, con l’aria che tira presso alcuni ambienti cattolicissimi, potrebbe anche succedere. Non si sa mai. Dopotutto, l’ermeneutica della discontinuità ha portato a ben altri progressi dottrinali. Al riguardo attendiamo fiduciosi le magnifiche sorti e progressive che ci porterà il Concilio Vaticano III prossimo venturo.

Fino a quel momento, però, resto un po’ perplesso.

 

Insomma: secondo questi campioni della razionalità, la Chiesa, siccome predica la castità, è corresponsabile della diffusione di una malattia che si trasmette tramite rapporti sessuali.

 

Allucinante.

 

Mi viene alla mente un passo di La ricerca di Averroè, il decimo racconto della raccolta L’Aleph, di Jorge Luis Borges:

 

“ [Averroè] aprì il Quitab-ul-Ain di Jalil e pensò con orgoglio che in tutta Cordova (e forse in tutto Al-Andalus) non esisteva una copia dell’opera perfetta quanto quella che l’emiro Yacub Almansur gli aveva mandata da Tangeri. Il nome di questo porto gli ricordò che il mercante Abulcasim Al-Asharì, ch’era appena tornato dal Marocco, avrebbe cenato con lui quella sera in casa dell’alcoranista Farach.

Abulcasim diceva di avere toccato i regni dell’impero di Sin (la Cina); i suoi detrattori, con la speciale logica dell’odio, giuravano che non aveva mai toccato la Cina, e che nei templi di quel paese aveva bestemmiato Allah.”

 

 


Colpito e affondato

Colpito e affondato

 

Caos calmo: affondo della CEI

 

Premesso che della scena in cui Nanni Moretti inc*** Isabella Ferrari non me ne può fregare di meno, non ho potuto non notare come ultimamente, ogni volta che qualche cattolico dal Papa in giù esprime un’opinione più o meno pregnante e più o meno argomentata su praticamente qualsiasi cosa, dai pericoli della scienza male usata all’erosione individualistica dei legami affettivi all’amplesso posteriore di cui sopra, quelli del Corriere usano nel titolo e nel testo parole come “affondo”, “attacco”, “offensiva”, “anatema”, eccetera.

Domanda: perchè?

Possibile risposte:

 

1) freudiana: nel caso di specie il giornalista, mentre scriveva l’articolo, stava ripensando inebriato a ben altro tipo di affondo, ovvero quello su cui verteva l’opinione espressa dal prelato. Più probabile di quanto non si creda.

 

2) complottista: ci sono modi palesi per indirizzare il pensiero del lettore in una direzione, ma spesso sono più efficaci i modi occulti, quelli in cui il giudizio su un fatto è inserito nella descrizione del fatto stesso (“la sventurata rispose”). Detto papale papale: i grembiulini-squadra-e-compasso del corriere vogliono dare della Chiesa – strumentalmente identificata per l’occasione con un singolo ecclesiastico – un’immagine negativa e antipatica, e perciò usano un certo tipo di linguaggio per descriverne le gesta, un linguaggio che sottintende un soggetto aggressivo che attacca qualcuno. Retrosottinteso: i Laici debbono difendersi.

A me di solito non piacciono i complottismi, però, però, però…

(a proposito, non vi è sfuggito il pressing del corriere affinché i radicali siano accolti a braccia aperte nel PD, vero?)

 

3) banale: molti giornalisti del corriere scrivono male, hanno un vocabolario sciatto e limitato, usano sempre le stesse parole perchè altre non ne conoscono. Questa è forse l’ipotesi più orripilante.

 

Detto tutto questo, certo che il corriere della sera è caduto proprio in basso. Anzi: il corriere della sega, come lo chiama un amico. Negli ultimi anni non ho mai visto una mainpage in cui non ci fossero link a calendari di donne poppute, notizie pruriginose, dotte dissertazioni comparative sul lato B di questa e di quest’altra, e così via. E pensare che una volta questo era un giornale serio e sobrio: adesso in certe parti sembra un playboy risciacquato. Si salva poco: il forum “Italians” di Beppe Severgnini, la rubrica “calendario” di Galli della Loggia (a proposito, ma l’hanno sospesa?), qualche editoriale di Magris o Panebianco, e poco altro. Briciole, rispetto al passato.

Insomma: il corriere della sera non mi piace più. Ma non dubito che a Via Solferino sapranno farsene una ragione.

 


L’antipapa

L’antipapa

 

 

L’articolo dell’Espresso non si risparmia certo in ironia: Cristo, quanti errori.

Gli errori in questione sarebbero quelli di Ratzinger, nel suo libro “Gesù di Nazareth”, che il giornalista elenca puntigliosamente. Errori gravi, se non gravissimi: roba come la confusione tra il monte Moria e il monte Oreb, o l’uso della parola ebraica sukkot al maschile invece che al femminile, oppure addirittura il vocativo epistàta al posto del nominativo epistàtes. Capite? Horremus! L’articolo ci assicura che “dagli esegeti arrivano stroncature impietose, segnalazioni di errori che L’espresso ha raccolto con l’assicurazione dell’anonimato”. Me li immagino, gli esegeti che impugnano la matita rossa e blu con mano tremante, implorando la protezione dell’anonimato per paura delle terribili vendicative ritorsioni papali…

In realtà, l’impressione che si ricava da questa stroncatura è che quelli dell’Espresso siano andati a cercare col lanternino qualcosa purchessia, qualunque straccio di difetto o refuso, su cui poter malignamente gongolare. Qualche cosa, qualsiasi cosa, da offrire al livore anticattolico dei lettori che godono a pensar male di Ratzinger. Si rimprovera perfino al papa di aver scritto che Gesù entrò a Gerusalemme durante la domenica delle palme; “ma si tratta di un evidente anacronismo: la domenica delle Palme, come è ovvio, all’epoca era una festività inesistente”. Come è ovvio: ma verosimilmente il papa l’ha dimenticato e ha pensato che il giorno in cui Gesù entrò a Gerusalemme, il giorno che in futuro sarebbe stato ricordato come domenica delle palme, ci fossero già dei cristiani battezzati che festeggiavano la domenica delle palme…

 

Dove l’articolo diventa davvero sleale, però, è nella seconda parte. Viene infatti chiamata una dotta auctoritas per demolire il libro di Ratzinger: il cartinale Martini.

Alla caccia all’errore nel testo del professor Ratzinger si è aggregato un lettore d’eccezione: Carlo Maria Martini. Recensendo il libro del papa nella sede dell’Unesco il cardinale gesuita, ex rettore dell’Università Gregoriana, raffinato studioso delle Scritture, ha soavemente scagliato qualche bel pietrone” …  Poi si è dedicato a gettare un’ombra sulla preparazione dell’autore” …

In ballo c’è il metodo storico-critico di interpretazione dei Vangeli, che si è affermato nel secolo scorso ed è considerato essenziale dai principali esegeti. Mentre Benedetto XVI lo elegge a suo bersaglio polemico, lo smantella fin dall’introduzione, lo accusa addirittura di essere tra i principali responsabili dell’indebolimento della fede cristiana negli ultimi decenni. ‘Chi legge alcune ricostruzioni’, scrive il papa, ‘può constatare che esse sono molto più fotografie degli autori e dei loro ideali che non la messa a nudo di un’icona fattasi sbiadita. In conseguenza di ciò, la figura di Cristo si è ancora più allontanata da noi’. E così mezzo secolo di ricerche sui testi evangelici e sulla storicità di Gesù sono serviti. Martini ha preferito sorvolare sull’attacco. Ma nella presentazione parigina ha declassato il testo del papa al rango di meditazione personale” …

il successo popolare del testo ratzingeriano? ‘Tutto sommato non è un indice particolarmente significativo del valore del libro’, ha concluso Martini. E questa suona come la più perfida delle critiche”.

 

Ma è davvero così? Quel che Martini ha detto a Parigi lo si può leggere qui, sul sito del Corriere della Sera. Va detto che anche quelli del Corriere sanno il fatto loro: l’articolo è titolato come “Ammiro il Gesù di Ratzinger, ma non è l’unico”, oltretutto virgolettato sì da far intendere al lettore che esso sia una citazione dal testo di Martini. Ma nel testo quelle parole non ci sono: al Corriere se le sono inventate, applicando il solito trucchetto giornalistico della “interpretazione creativa”. Perdipiù, a leggere per intero il discorso di Martini, si scopre che in realtà è un alto elogio del libro di Ratzinger:

“il metodo dell’opera si oppone fermamente a quello che recentemente è stato chiamato, in particolare nelle opere del mondoanglosassone americano, «l’imperialismo del metodo storico-critico». Egli riconosce che tale metodo è importante, tuttavia corre il rischio di frantumare il testo come sezionandolo” …

“nel pensiero dell’autore, ragione e fede siano implicate e «reciprocamente intrecciate», ciascuna con i suoi diritti e il proprio statuto, senza confusione né cattiva intenzione dell’una verso l’altra. Egli rifiuta la contrapposizione tra fede e storia, convinto che il Gesù dei Vangeli sia una figura storica e che la fede della Chiesa non possa fare a meno di una certa base storica.” ….

Questa opera è quindi una grande e ardente testimonianza su Gesù di Nazareth e sul suo significato per la storia dell’umanità e per la percezione della vera figura di Dio. E’ sempre confortante leggere testimonianze come questa. A mio avviso, il libro è bellissimo, si legge con una certa facilità e ci fa capire meglio Gesù Figlio di Dio” …

“Pensavo anch’io, verso la fine della mia vita, di scrivere un libro su Gesù come conclusione dei lavori che ho svolto sui testi del Nuovo Testamento. Ora, mi sembra che questa opera di Joseph Ratzinger corrisponda ai miei desideri e alle mie attese, e sono molto contento che lo abbia scritto. Auguro a molti la gioia che ho provato io nel leggerlo”.

  

Conclusione? Non è la prima volta che certa stampa “laica” cerca di cucire addosso a Martini i panni dell’antipapa, di rappresentare una contrapposizione tra la Chiesa “buona” e quella “cattiva”. Contrapposizione di solito campata per aria, perché, se è vero che Martini e Ratzinger hanno approcci diversi, è altrettanto vero che i due si stimano e si rispettano, e che le cose in cui la pensano allo stesso modo sono immensamente di più, e non potrebbe essere altrimenti, delle cose in cui hanno opinioni diverse. Ma questo, a quelli dell’Espresso (e sovente anche a quelli del Corriere), evidentemente non conviene farlo sapere ai propri lettori.

 

 

P.S. quanto sopra trae spunto e occasione da questo post, tributiamo all’autore un affettuoso (anche se è ateo relativista e anima nera) special thanks

 

 

 


La matematica è un’opinione

La matematica è un’opinione

 

       

Larticolo di Liberazione, il giornale di Rifondazione comunista, titola sdegnato: “Un metalmeccanico in Tv ogni 317 vescovi (e mezzo)”. E l’autore Andrea Milluzzi si lancia in una dettagliata descrizione dei risultati di un’indagine statistica realizzata dal Centro d’ascolto dell’informazione radiotelevisiva, che monitora e compara la presenza sulle televisioni italiane di chiunque. Con un vincitore a sorpresa (sorpresa?):

“Ma in questa classifica c’è un outsider, tanto presente nel palcoscenico pubblico da diventare un’abitudine a cui magari non facciamo neanche più caso: il clero. Tra gennaio e maggio di quest’anno, ultima rilevazione effettuata dal Centro d’ascolto dell’informazione radiotelevisiva, gli esponenti del Vaticano sono apparsi in Tv per ben 63 ore e mezza. Sul Tg1 e Tg2 Navarro Valls et similia hanno superato Forza Italia, Ds e Margherita messi insieme…”

Dopo aver fatto credere ai propri lettori che Navarro Valls faccia parte del clero (non avendo ricevuto il sacramento dell’Ordine è un laico, un cattolico laico, ma sappiamo che da quelle parti sul concetto di laicità hanno le idee un po’ confuse e la considerano l’antitesi del cattolicesimo), l’articolo prosegue citando a tutto spiano numeri e percentuali da cui si evince la preponderante presenza di prelati vari nella televisione; il tutto a danno dei poveri metalmeccanici in lotta che si vedono crudelmente defraudati del vero spazio vitale della nostra epoca, quello dei mass media.

“Si potrebbe pensare che questo paragone sia influenzato dal periodo di campagna elettorale per il referendum sulla fecondazione assistita, ma i dati del centro di ascolto fugano ogni dubbio: nello stesso periodo del 2004 il minutaggio era praticamente identico. Però in questa ottica c’è un dato curioso che merita di essere sottolineato: nella classifica dei cattolici presenti in Tv sono spariti personaggi come Carlo Maria Martini (il vescovo di Milano non proprio schiacciato sulle posizioni della Cei), all’83esimo posto con un minuto e mezzo di celebrità, o Angelo scola, pro-fecondazione, che scivola al 34° posto.”

A parte che campagna elettorale è un termine fuori luogo perchè il voto sul referendum era appunto un voto referendario e non elettorale (ma le due cose sono state confuse spesso e volentieri, per far credere ad un inesistente dovere di recarsi al seggio); a parte che vorremmo capire quali siano esattamente le posizioni pro-fecondazione del Patriarca di Venezia; a parte che rivediamo con piacere un tam tam sotterraneo su cui gli amici della Chiesa insistettero abbastanza al tempo del Conclave (Martini buono –  Ratzinger cattivo); insomma, la cosa che più intriga è che questo dato curioso che merita di essere sottolineato sembrerebbe voler spingere il lettore in una direzione ancora più curiosa: che la CEI sia l’eminenza grigia che controlla la televisione italiana, che chi non si allinea in ogni dettaglio all’ortodossia completa sia tagliato fuori dai circuiti.

Ma no, cosa vado a pensare, sono troppo sospettoso.

La conclusione finale è nettissima: l’indagine statistica testimonia “l’invadenza dei cattolici, almeno fisicamente se non ideologicamente, nella grande piazza mediatica d’Italia”.

 

Eppure, dopo aver letto l’articolo, sento qualcosa che non mi convince pienamente, anche se non saprei dire che cosa. È una sensazione sfuggente come quel nome che sai di sapere ma che non ti ricordi, o quel frammento di cibo incastrato proprio all’interno dei denti. Dopo averci meditato un po’ su, ho avuto l’illuminazione.

Il giornalista dice che i dati partono da gennaio a maggio e puntualizza perfino che il minutaggio era stato identico anche nello stesso periodo del 2004; oserei dire che l’affermazione è un po’ inverosimile, sia per le fluttuazioni statistiche inevitabili, sia perché il 2 aprile moriva Giovanni Paolo II e seguivano gli eventi ben conosciuti: funerali a cui partecipavano un bel po’ di potenti del mondo, veglie, milioni di persone in coda a rendere omaggio al Papa (tra cui anche il sottoscritto), Conclave, elezione di Benedetto XVI. Eventi, come dire, un po’ fuori dall’ordinario e perciò statisticamente non generalizzabili.

Tuttavia il giornalista glissa con noncuranza su questo piccolo, trascurabile, insignificante particolare; e propone tranquillamente l’autorevole monitoraggio e le autorevolissime conclusioni sull’invadenza di questi cattivoni di cattolici.

Liberazione, il giornale più corretto d’Italia. Nel senso che la realtà la trattano col correttore.