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There are more things

THERE ARE MORE THINGS

 

Volete sapere che cosa significa precisamente “scientismo”, e perché è  profondamente diverso dalla scienza (anche se pretende di essere l’unica vera forma di scienza)?
Volete sapere perché il razionalismo è irragionevole?
Volete sapere che cosa vuol dire una parola impressionante come metarazionalità?
Ho trovato un esempio ottimo, facile facile, per provare a spiegarlo.

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Bisogna sapere che Isaac Asimov ha scritto non solo fantascienza, ma anche gialli: i racconti del Club dei Vedovi Neri, in cui un gruppo di amici si riunisce a cena per farsi raccontare da un ospite una storia che implica un mistero da risolvere. Gli amici discutono il caso e alla fine chi arriva alla soluzione è sempre il cameriere.
Nel racconto IL FATTORE OVVIO, l’ospite si presenta come uno studioso di parapsicologia, uno che esamina “quei fatti in cui sembra irrefutabile la presenza di qualcosa che non appartiene alle leggi conosciute dell’universo”, inevitabilmente suscitando la disapprovazione di quei gentiluomini che dichiarano testualmente “crediamo tutti nella razionalità”. L’ospite allora lancia la sua provocazione e li sfida a trovare una spiegazione razionale per spiegare il caso di una ragazza chiaroveggente che aveva previsto un incendio accidentale. Tutte le ipotesi possibili, dalla coincidenza alla truffa, sono respinte. Alla fine sembra quasi che i razionalisti siano sconfitti, ma ecco che si fa avanti come al solito il cameriere, il quale fa notare che c’è ancora un fattore che non è stato considerato anche se era ovvio, e afferma serafico:
“Da quando ha cominciato a raccontarci della ragazza chiaroveggente e dell’incendio, ogni sua parola ha reso più evidente che qualsiasi trucco era impossibile e che vi è stato un caso di chiaroveggenza. Se, tuttavia, la chiaroveggenza non esiste, ne deriva necessariamente, professore, che lei ha mentito”.
Ed ecco che, ma guarda un po’, l’ospite scoppia a ridere e ammette tranquillamente di aver mentito davvero, erano tutte fandonie, voleva vedere se i bravi razionalisti sotto sotto cercavano il brivido dell’occulto. Che simpatico. E quando chiede al cameriere come ha fatto a capire, la risposta che conclude il racconto è assolutamente degna di nota:

“Nel 1807 il professor Benjamin Silliman dell’Università di Yale riferì di aver osservato la caduta di un meteorite, in un’epoca in cui l’esistenza dei meteoriti non era accettata dagli scienziati. Thomas Jefferson, un razionalista di enorme talento ed intelligenza, sentito il rapporto disse: Sono più disposto a credere che un professore yankee dica una menzogna anziché alla caduta di una pietra dal cielo’.”
“Sì, ma Jefferson era in errore. Silliman non aveva mentito e le pietre cadevano dal cielo.”
“Esatto”, disse Henry, imperturbabile. “La sua frase è ricordata appunto per questo. Ma considerato il gran numero di volte in cui sono state riferite cose impossibili e le scarse occasioni in cui sono state provate, ho avuto la sensazione che, dopo tutto, le probabilità erano a mio favore.”

E tanto per non lasciare dubbi, Asimov conclude con una postilla ugualmente notevole:

Spero che nessun lettore giudichi “sleale” la soluzione di questo racconto. Un gran numero di rapporti su fenomeni non convenzionali, nella vita reale, sono il risultato di deviazioni dalla verità, sia volontarie che involontarie. E sono stanco fino alla nausea di misteri che portano alla vaga indicazione che, dopo tutto, sia veramente accaduto qualcosa di soprannaturale.
A mio parere, quando abbiamo eliminato tutto l’impossibile e ciò che resta è soprannaturale, vuol dire che qualcuno sta mentendo. Se questa è slealtà, regolatevi come meglio credete.

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E allora, vedete che cos’è lo scientismo? Eccolo qui: scientista è chi fa della scienza, la sua scienza (quella del suo tempo, del suo cervello, del suo habitat culturale), un’ideologia; come in ogni ideologia, ci si rifiuta di considerare tutta la realtà nella sua interezza e si chiudono volontariamente gli occhi pur di non vedere quei dati che potrebbero scuotere i propri *dogmi*. L’errore di fondo dello scientismo è l’orgoglio: se IO non posso capire una cosa, allora quella cosa non esiste, non può esistere.
Ed ecco perché il razionalismo, inteso come il considerare la ragione l’unico mezzo per conoscere l’universo, è irragionevole. Forse è esagerato dire che è irrazionale, perché il razionalista entro certi limiti usa appunto la ragione; ma il suo problema è che si rifiuta di andare oltre quei limiti, e di considerare come anche solo eventualmente possibile tutto ciò che ne esula. Eppure è proprio la storia del progresso della ragione, che spinge sempre un po’ più in là il limite di ciò che è spiegabile, a dimostrare che l’impossibile di ieri può sempre diventare il possibile di domani, e perciò è ragionevole pensare che ci sia ancora qualcosa oltre il nostro limite, mentre è irragionevole negarlo.
Colui che usa pienamente la ragione è dunque colui che sa che c’è qualcosa oltre la ragione. Per dire “oltre” in greco si usa il prefisso “meta-”: la metarazionalità è la razionalità disposta a considerare ciò che c’è oltre. Il cristianesimo è una metarazionalità, perché usa la ragione e poi usa la fede e poi ancora usa la ragione per ragionare sulle cose di fede e confrontarle con i dati dell’esperienza.

Volete una dimostrazione di quanto siano pericolosi lo scientismo e il razionalismo? Ce la fornisce lo stesso Asimov, che era evidentemente uno scientista e un razionalista, a tal punto da non essersi neanche reso conto di aver usato per difendere il razionalismo un esempio che ne è forse la miglior confutazione che si possa immaginare: se Jefferson ha veramente detto quella frase (ma la veridicità dell’aneddoto è dubbia), allora questo “razionalista di enorme talento ed intelligenza” aveva clamorosamente torto, perché oggi sappiamo che le pietre che cadono dal cielo ci sono davvero.
Anzi: la storia dei meteoriti, e di quanto ci sia voluto affinchè la maggior parte degli scienziati ne accettasse l’esistenza, è assolutamente esemplare per capire quanto poco lo scientismo sia davvero scienza e quanto anzi sia dannoso alla scienza stessa. Ve la racconto brevemente.
Fino a circa due secoli fa, l’esistenza dei meteoriti era esclusa nel modo più assoluto e le testimonianze di contemporanei o di fonti storiche, come il meteorite di Ensisheim (ricordata più che altro per le sue implicazioni politiche), erano considerate inattendibili e frutto di superstizioni medievali. Ma dai, come possono esserci delle pietre volanti? Non è forse un’assurdità in contrasto con la legge di gravità e l’intera fisica newtoniana? I meteoriti erano scientificamente inspiegabili, dunque impossibili. Nel 1768 Antoine Lavoisier esaminò un meteorite caduto in un villaggio francese e concluse che si trattava sicuramente di una pietra terrestre colpita da un fulmine; si dice che nel suo rapporto per l’Accademia delle scienze di Parigi abbia dichiarato testualmente “una pietra non può cadere dal cielo, poiché non ci sono pietre nel cielo” (ma la frase è dubbia, uno perché citata in varianti diverse, due perché non ne ho trovato menzione all’infuori di siti apertamente ostili a tutta la scienza ufficiale; non avendo trovato in rete la relazione ufficiale, è possibile che la frase sia una falsa citazione creata apposta per mettere in cattiva luce Lavoisier e poi tramandata da credulone a credulone).
Il primo scienziato noto che abbia preso seriamente in considerazione la cosa fu Franz Güssman, professore di storia naturale a Vienna, e incidentalmente anche gesuita (ma che strano!), che nel 1785 scrisse il Lithophylacium Mitisianum nel quale sostenne la possibilità che minerali e metalli potessero cadere dal cielo; quasi nessuno gli diede attenzione. Nel 1794 Ernst Florenz Friedrich Chladni, un altro scienziato tedesco, pubblicò Sull’origine del ferro di Pallas ed espose la sua teoria sull’origine extraterrestre dei meteoriti; il suo libro sollevò un acceso dibattito. Solo nel 1803, quando Jean Baptist Biot esaminò uno sciame di meteoriti e ne dimostrò chimicamente l’origine extraterrestre, la comunità scientifica cominciò a cambiare idea, anche se il cambiamento non fu improvviso. La frase che Jefferson avrebbe pronunciato nel 1807, anche se pare non essere vera, era comunque verosimile (altrimenti l’aneddoto non si sarebbe diffuso) e testimonia il clima culturale del tempo. Nel XIX secolo la scienza ufficiale approfondì la conoscenza dei meteoriti e gli scettici restarono sempre più in minoranza, finché nel 1908 l’asteroide che polverizzò Tunguska eliminò una volta per tutte ogni margine d’incertezza. Ma a quell’epoca la meteoritica era già una branca scientifica ufficiale a cui si erano dedicati molti naturalisti (tra cui l’abate Ambrogio Soldani, toh, un altro religioso); comunque, moltissimi hanno attribuito a Chladni la priorità della teoria dei meteoriti, trascurando il contributo apportato dal gesuita Güssman. Chissà perché.

Volendo, si potrebbero descrivere molti altri casi – pensate a  Galileo: a informarsi seriamente, senza accontentarsi della solita vulgata superficiale, si scopre che i suoi guai scienziato iniziarono non con la Chiesa ma con gli scientisti che non erano disposti a mettere in discussione la fisica tolemaico-aristotelica – ma spero che il concetto sia chiaro.
Lo sbaglio dei razionalisti alla Jefferson non fu tanto di non credere all’esistenza delle pietre volanti, quanto di credere *dogmaticamente* alla loro non esistenza solo perché non riuscivano a spiegarla. Se questa mentalità scientista non fosse stata così radicata, la meteoritica avrebbe potuto nascere molto prima e l’astronomia ne avrebbe tratto enormi vantaggi. La Chiesa del ‘600 sbagliò a intervenire come fece nella vicenda galileiana, ma i primi a sbagliare e dare il via al disastro furono gli scientisti ostinatamente attaccati al loro indiscutibile aristotele.
MA allora perché, mentre è abituale sentire lamentele su quanto la religione abbia rallentato il progresso della conoscenza, non si deplora con la stessa frequenza la zavorra dello scientismo?

Torniamo ad Asimov: il ragionamento del cameriere, nonché l’annotazione conclusiva dell’autore, sono un perfetto esempio di scientismo. Tutti gli indizi puntano al fatto che sia successo qualcosa che non possiamo spiegare scientificamente; ma poiché questo non può essere (*dogma* scientista), allora qualcuno sta mentendo. Il protagonista del racconto ne esce vincitore perché ovviamente Asimov, che è l’autore della storia e scrive quel che gli pare, gli mette di fronte un interlocutore che stava mentendo davvero. Ma se invece il professore avesse insistito a confermare la storia della ragazza chiaroveggente? E se invece il cameriere si fosse trovato di fronte, per esempio, a un testimone del miracolo del sole? Che avrebbe fatto allora? Avrebbe continuato a insistere dicendo che tutte quelle centinaia di persone mentivano, compresi gli anticlericali e gli atei? Si sarebbe rifiutato di ascoltarli?
Se fosse stato egli stesso presente, avrebbe chiuso gli occhi per non vedere?

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Lo scientista odia l’idea che possa esistere qualcosa che lui non è capace di spiegare: il suo motto ideale è la settima asserzione di Wittgensteinsu ciò di cui non si può parlare si deve tacere”.
Ma il vero uomo di scienza non è colui che rifiuta tutti i fenomeni razionalmente inspiegabili, bensì colui che non ne nega a priori l’esistenza, ed è disposto a prenderli in considerazione se a tanto lo porta l’esperienza personale – o la ragionevole fiducia in qualcun altro che glieli racconta. Forse un giorno questi fenomeni diventeranno scientificamente spiegabili; o forse resteranno per sempre al di là della nostra portata, segno e memento per l’uomo che nell’universo operano forze di ordine superiore all’universo. Il vero uomo di scienza dovrebbe sempre tenere a mente quello che Shakespeare fa dire ad Amleto:


“There are more things in heaven and earth, Horatio, Than are dreamt of in your philosophy.”
(“Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia.”)