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Tutti cristïani imbrigherei

Caro Magdi Cristiano Allam, mi spiace per la tua improvvida decisione, ma al tempo stesso ti ringrazio.
Grazie perché, per quanto tu non te ne renda conto e nonostante le tue stesse intenzioni, ci stai insegnando una lezione importante e cioè il lato oscuro del gioco s’i fosse papa: quello che ci spinge a dire “credo la Chiesa, ma la crederei di più se…”.

Alzi la mano chi non ha mai ironicamente fantasticato sulla propria inverosimile elezione al soglio pontificio (per le femminucce è più difficile, ma se si sforzano possono fantasticare pure loro) e non ha mai vagheggiato: farei questo, direi quell’altro, appoggerei il tale e scomunicherei il tal altro. Chi la vorrebbe più dialogante, chi la vorrebbe meno accomodante. Chi la sposterebbe a sinistra e chi a destra. Chi la vede troppo ics e chi troppo poco ipsilon.
È normale. La Chiesa, sia come istituzione sia come comunità, è imperfetta e semper reformanda. Fosse perfetta non ci sarebbe bisogno del diritto canonico. Fosse perfetta non avremmo curie. Sarà perfetta quando staremo tutti in cielo, quelli che ci staremo, ma fino ad allora la barca farà sempre acqua. È normale essere insoddisfatti per quello o quell’altro aspetto. La cristianità è l’incarnazione concreta e contingente del cristianesimo, sempre approssimativa, mai coincidente. Un asintoto.
Ah, se fossi io il Papa. Allora sì. Allora ecco che. Allora vi farei vedere io, come si fa.

Caro Magdi, ci hai detto tanti perché per cui te ne vai dalla Chiesa. La cosa divertente è notare su quanti di questi perché sono circa quasi pressappoco d’accordo pure io. Su certe cose ci metterei la firma. Su altre invece manco per niente. Ci sarebbe da discutere distinguere discettare, ma comunque.
Eppure, senza offesa, penso che il motivo di fondo sia che il Papa è un altro e non sei tu. Il Papa fa e dice cose che tu non vorresti vedere e sentire. Terribile. Se ci fossi tu là sul trono, certo sapresti fare di meglio.
Tuttavia, disgraziatamente e certo per un terribile accidente della Storia, il Papa è un altro e non sei tu.
Uno dice, ma allora siamo obbligati a farci piacere tutto quello che fa e dice e decide un Papa? Non necessariamente. Caterina da Siena scriveva lettere al Papa per insegnargli cosa fare e come farlo. È chiaro che aveva idee molto precise su ciò che andava storto nella Chiesa e come dovesse essere raddrizzato. Magari erano pure più ardite della tua, salva la piccola differenza che tu sei uscito e lei è rimasta.
Nondimeno, Caterina da Siena era anche quella che chiamava il Papa “dolce Cristo in terra”. Infatti lei è rimasta, mentre tu sei uscito. E la donna che insegnava al Papa, senza saper né leggere né scrivere, è stata fatta Dottore della Chiesa.

 Non è detto che la Chiesa, la porzione di Chiesa che vediamo attorno a noi, ci debba entusiasmare. Dico la verità, a me sovente capita il contrario. Ma per quanti difetti possa trovarci, è comunque la Chiesa, l’unica che Dio ci ha dato, la sola dove c’è la pienezza della verità tutta intera; del resto, alcuni di quei difetti li rivedo allo specchio, perciò ho poco da salire in cattedra.
E non è neppure detto che i Papi debbano piacerci tutti allo stesso modo. Sospetto non sia neppure richiesto che ci debba tecnicamente piacere il tale o tal altro Papa. Non è quello il punto.
Non siamo cattolici se ci piacciono la Chiesa e il Papa.
Siamo cattolici se crediamo la Chiesa e amiamo il Papa.

Io credo la Chiesa, nonostante i suoi peccati (suoi, nel senso degli uomini che la compongono), e nonostante i miei; e amo il Papa, con tutti i suoi difetti (oh, ne avrà pure lui, è un uomo!), e con tutti i miei. E ho intenzione di continuare finché campo.

 Caro Magdi, mi spiace per te, ma ti ringrazio per avermi fatto vedere e capire tanto nitidamente il destino che non voglio mai incontrare, la direzione che non voglio mai seguire.
Esci pure, ma non chiudere la porta, lasciala accostata. Dovessi mai cambiare idea.

 

Meno male che io non sono il Papa. Chissà che disastri combinerei.
Però, se servono suggerimenti per un’enciclica, chi di dovere sappia che ho tante belle idee… 😉


Quando l’acqua va dalla valle al monte

Quando l’acqua va dalla valle al monte

 

 

L’aver visto per caso e di sfuggita ieri sera Magdi Cristiano Allam in televisione, intervistato su non ricordo quale rete locale per il suo impegno politico nelle prossime elezioni, mi ha ricordato che avevo da parte un post iniziato e mai finito (uno dei tantissimi) a proposito della sua conversione al cattolicesimo; conversione che circa un anno fa creò un po’ di scalpore, per le ovvie implicazioni politico-islamiche legate al personaggio in questione.

La bellissima circostanza dell’essere questo blog sideralmente distante da una testata giornalistica, posto che viene aggiornato senza alcuna periodicità e ultimamente pure in modo assai sporadico, e mai e poi mai potrebbe essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della legge 7 marzo 2001 n. 62, vuol dire pure che non sono in alcun modo tenuto a pormi problemi scemi di attualità, puntualità, stare al passo con i tempi e altre consimili fesserie. Perciò, anche se sono lievemente in ritardo a parlare di Magdi Cristiano Allam, chissenefrega e ne parlo adesso.

 

Dunque, il “problema” della suddetta conversione è che un sacco di gente pensa, anche perché così gliel’hanno spiegata, che Allam sia passato dall’Islam alla Chiesa cattolica. Il che è semplicemente falso.

Prima di convertirsi, infatti, Magdi Allam non era un musulmano: era un ateo razionalista, seppur di “cultura” musulmana, cioè in qualche modo destinatario del patrimonio di idee e tradizioni islamiche dal quale però aveva preso le distanze da tempo. Conosceva l’islam, quanto bene o male non saprei proprio dirlo, però non ci credeva, tant’è che nei suoi articoli si descriveva talora come “musulmano laico”.

Ebbene, ma guarda un po’, questo dettaglio fondamentale fu completamente ignorato da molti commentatori della sua conversione, perlopiù proprio da coloro che appartenevano a quell’area di riferimento genericamente definita “laica”. Considerate per esempio la lettera da lui inviata al direttore del Corriere della Sera, nella quale il neoconverso spiegava lungamente le ragioni che l’avevano portato a chiedere il battesimo: quel brav’uomo di Paolo Mieli, forse perché la lettera era troppo lunga, forse per altri motivi chissà quali, pensò bene di pubblicarla monca (qui la trovate completa), e tagliando in particolare proprio i paragrafi in cui Allam descriveva nei dettagli il suo percorso umano e spirituale, che lo aveva portato negli anni ’70 “alla stagione dell’ateismo sventolato come fede”. Apperò.

 

Ora, a mio avviso è proprio questo, piuttosto che le polemiche sulla qualità del giornalismo performato da Allam o l’opportunità di mandare in mondovisione il musulmano battezzato dal papa col rischio che qualche imam si offenda e ci dichiari guerra, per non parlare della faida tra cattolici filoisraeliani e cattolici antisionisti… questo è il cuore della questione.

È il caso di ricordare che, all’indomani della morte di Giovanni Paolo II, appariva sul Corriere della Sera un editoriale di Emanuele Severino il quale, per rendere omaggio all’illustre defunto, non trovava di meglio che paragonarlo a “uno che, in mezzo a un torrente in piena, sostenga che l’acqua va dalla valle al monte”. Cioè un folle, insomma. Il concetto, espresso altresì con insolita claritas considerati gli standard del filosofo, era che il superamento del cattolicesimo (nonché della filosofia aristotelico-tomistica su cui esso si erige) è inevitabile, invincibile come la forza di gravità; tant’è che Severino riconosceva la grandezza del Papa proprio in quanto ne bollava l’operato come un inutile seppur tragicamente eroico sforzo di frenare le magnifiche sorti e progressive della filosofia dell’ultimo secolo e mezzo, la quale “è la punta d’acciaio che anima, dà forza, fa procedere il nostro tempo: essa mostra che lo scavalcamento dei valori del passato è un processo inevitabile”.

Bene: questa specie di forza gravitazionale della fine della fede vale, secondo una certa mentalità “laica”, non solo a livello generale ma anche per i singoli individui. È ancora ancora comprensibile che si passi dal branco dei musulmani al gregge dei cristiani: cretini gli uni, cretini gli altri. Tutti minus habentes, anche se ai primi non conviene dirlo ad alta voce perché ci si può ritrovare con la gola tagliata, molto meglio disegnare coraggiosamente il papa con un preservativo in testa chè al massimo si rischia la pubblicazione su Micromega e l’intervista sorridente da Fabio Fazio. Che invece si converta al cattolicesimo un ateo, un razionalista, uno che non crede dunque pensa, ecco, questo è inverosimile. Di solito accade il contrario: sono alcuni credenti cresciuti nel crudele indottrinamento clericale ad evolvere mentalmente, liberarsi dai dogmi e ascendere alle vette del pensiero laico. Il percorso normale è dal credere al non credere, che è come dire dal non pensare al pensare: dal monte alla valle.

Certo, può succedere che i vecchi e i moribondi si sentano addosso la signora con la falce e allora si convertano per paura, oppure ti può morire un figlio o capitare qualcos’altro di così doloroso che hai bisogno di una morfina spirituale e allora ti converti per sofferenza; tuttavia si tratta pur sempre di ipotesi legate a un deprecabile decremento di razionalità, a una senescenza dell’intelletto sgradevole ma non inspiegabile. Ma che un ateo si converta così, senza esserci costretto? Che uno si faccia cattolico apostolico romano come esito di un percorso razionale, senza abdicare di uno iota alla propria intelligenza e consapevolezza e lucidità? Via, non scherziamo. Ridicolo, impossibile, intollerabile, assurdo come acqua che va all’insù.

 

Ecco, allora, perché della conversione di Magdi Cristiano Allam si aveva tutto l’interesse a parlare come del passaggio di un credente da una fede all’altra: perché questo è stato uno di quei casi in cui l’acqua davvero sale invece di scendere, e mostra che tutto sommato quella “punta d’acciaio” di cui parlava Severino non è poi così inarrestabile, perlomeno non a livello individuale e a pensarci bene neppure a livello globale.

Ma su questo, naturalmente, non conveniva aprire una riflessione seria: molto meglio presentarla come una questione interna ai rapporti cattogiudoislamici, cretini questi, cretini quelli.