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Libri settembre 2012

Ottimo e abbondante.


Matilde e Orso, di Jan Ormerod.

La storia straziante di un povero orso, tormentato a morte dalla bambina più pestifera che si possa concepire, la quale gli rompe continuamente le scatole con ogni sorta di futile motivo. Purtroppo l’orso, invece di sbranarla come merita, subisce tutte le sue angherie senza discutere.
Si tratta del regalo che Lucyette intende fare a Giocondo, il suo orso polare di peluche, per il suo compleanno prossimo venturo (non mi sono ancora del tutto chiare le circostanze per cui il 14/11/2011 la mia fidanzata ha partorito un orso alto circa un metro e largo la metà, ma tant’è). Io ho provato a dirle che secondo me la storia è estremamente diseducativa, e che il suo orso piangerà disperato a leggere le torture psicologiche a danno del suo simile, ma lei ormai si è fissata e non vuole sentire ragioni. A volte quella ragazza è proprio strana – vabè, ci parlo io con l’orso poi, ecco.

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Bibbia e morale, di AAVV.

Alla fine sono riuscito a finire questo libro, ma mi ci sono dovuto sforzare. Ho trovato la prima parte troppo lunga e prolissa; migliore la seconda parte, che entra nel vivo della questione e propone sei criteri per fare “evolvere” la morale biblica attagliandola alle questioni contemporanee; ma onestamente a distanza di un mese non me ne ricordo molto, il che non testimonia a favore del libro. Pazienza. L’unica cosa che mi ha davvero colpito è stata l’osservazione che

In Gn 4,23-24 Lamech che appartiene alla discendenza di Caino, è presentato come uno che propaga nel suo canto di millanteria una vendetta sfrenata: “Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette”. Il codice dell’alleanza stabilisce invece la legge del taglione: “Se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita: occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido” (Es 21,23-25). Questa legge si trova anche nei codici degli altri antichi popoli orientali e vuole impedire la smisurata vendetta privata. Già in molti salmi Israele proclama attraverso la voce della parte offesa che la vendetta spetta solo a Dio: “Dio delle vendette, SIGNORE, Dio delle vendette mostrati!” (94,1) […] Oggi la legge del taglione viene non raramente compresa come l’espressione di una vendetta e rivincita violenta mentre, in verità, all’origine costituiva la limitazione di violenza e controviolenza; essa manifestava la tendenza a superare l’istintiva e incontrollata ricerca di vendetta e di rivincita.

Che, in effetti, se confrontata con la nozione di vendetta tipo Kill Bill, la legge del taglione sembra civile e progredita. Un buon esempio di “pedagogia progressiva” della morale biblica.

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 Rabbia – una biografia orale di Buster Casey, di Chuck Palahniuk.

Il libro mi è stato regalato da Federico Fasullo, che ringrazio.
Di Palahniuk avevo già letto Fight Club, fonte di uno dei miei film preferiti (ritengo Tyler Durden una notevole approssimazione cinematografica dell’Ubermensch nicciano), e Soffocare, che dopo un sacco di inutile pseudopornografia nasconde un finale sorprendentemente quasi “cristiano” (il mondo andrebbe molto meglio se tutti fossimo davvero consapevoli di essere figli di Dio). Mi sono accostato perciò a questo Rabbia – nel senso sia della malattia sia del sentimento – con aspettative di un certo livello, che non sono andate deluse. C.P. torna a un tema già affrontato nel suo libro d’esordio, cioè la lotta degli individui alienati che si aggrappano a rituali collettivi per riempire il vuoto esistenziale che li attanaglia. Lì era il menarsi a vicenda, qui partecipare a un gioco a punti dove ci si insegue l’un l’altro con la macchina e ci si tampona, a volte con esiti fatali.
Come da sottotitolo, il libro è una “biografia orale”. Questo significa che “occorre intervistare un gran numero di testimoni e successivamente assemblare le loro testimonianze. Quando molteplici fonti vengono interrogate a proposito di un’esperienza comune, è inevitabile che talvolta si contraddicano a vicenda. Per altre biografie scritte in questo stile, si vedano Capote di George Plimpton, Edie di Jean Stein, e Lexicon Devil di Bren-dan Mullen”. Insomma, il libro racconta la storia di Buster Casey mettendo assieme le testimonianze, brevi poche righe o lunghe diverse pagine, ­ di coloro che l’hanno conosciuto. L’unico punto di vista che manca è proprio quello del protagonista. Questo è un effetto stilistico assolutamente notevole, perché trascende completamente le questioni prima persona / terza persona, narratore limitato / narratore onnisciente, e simili. La soggettività di Buster Casey è ricostruita come un puzzle di intersoggettività che non riescono mai a costruire un’irraggiungibile oggettività, c’è sempre un pezzo mancante, non sappiamo mai davvero perché fa quello che fa. È il protagonista, ma è un continuo enigma.
Tra i difetti metterei un finale troppo ingarbugliato, alla fine non si capisce neanche più chi è chi e a chi succede cosa (evito ulteriori dettagli), e un’abbondanza di dettagli osceni che ho trovato ingiustificata, anche se la volgarità “gratuita” mi pare sia una cifra stilistica di C.P. e forse più che di gratuità si tratta di atmosfera, grammatica narrativa, praticamente un topos. Se si riesce a passare sopra queste asperità, vale la pena leggerlo.

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 Ciucciati il calzino!  Le migliori battute dei Simpson, di autore ignoto.

Da un libro che costa meno di un caffè anche in formato cartaceo non si può pretendere chissà cosa. Mi ha fatto passare un piacevole quarto d’ora, ricordando chi diceva cosa in quale puntata, tanto basta.
I Simpson mi piacevano molto fino all’ottava stagione o giù di lì, adesso sono inguardabili, preferisco ricordarli com’erano. Sono favorevole all’eutanasia dei prodotti artistici seriali.

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(non trovo la copertina) Breve introduzione al tomismo, di Padre Cornelio Fabro.

al potente richiamo per la verità dell’essere come «presenza del presente», apparso con Parmenide ed Eraclito, è stato sostituito il principio della «forma» quale «contenuto di rappresentazione» che doveva portare inesorabilmente all’idealismo ed alle conseguenze nichilistiche della filosofia contemporanea. A quell’accusa ed a questa deprecata nemesi sfugge la concezione tomistica che addita nell’esse l’atto di ogni atto ed abbassa perciò l’essenza e la forma a mera potenza determinativa e recettiva dell’ esse: a questo modo il pensiero fa inizio con la presenza dell’atto, ch’è l’apprensione dello ens, ed avanza mediante la tensione di essentia ed esse che l’ ens richiama nella sua costituzione originaria. Questo capovolgimento tomista dell’orizzonte speculativo ristabilisce da una parte il contatto del biblico Sum, qui sum (Exod. 3, 14) con lo E;STI GA.R EI=NAI di Parmenide e s’incontra dall’altra parte con il principio moderno dell’atto e con le esigenze per le quali esso è sorto ed oggi viene rivendicato da Heidegger. Mostrare la realtà e la forma di quel che si potrebbe chiamare il «parmenideismo tomistico» e dell’incontro fra l’atto tomistico dell’ esse e l’atto moderno dell’autocoscienza, è il preciso compito di un tomismo consapevole della propria forza e originalità come della gravità della situazione del pensiero contemporaneo il quale, per la sua espulsione definitiva (in senso positivo e costitutivo!) del sacro e del trascendente, non ha alcun riscontro nella storia della civiltà occidentale.

Wow.
Il libro si può ricevere da qui, a me lo ha mandato Viviana Del Lago (grazie!).
Densissimo, ogni frase è la sintesi di concetti che meriterebbero una pagina ciascuno per essere compiutamente spiegati. Questo è un male, se volete davvero (provare a) capire il tomismo, è un bene se volete (cominciare da) uno sguardo d’insieme. Onestamente, sarei molto buono con me stesso se dicessi di averne capito un decimo.
Meritevole di menzione:

Difatti uno studio più cauto e comparato dei testi tomisti farebbe con evidenza addossare alla sua scuola la responsabilità di una posizione risolutamente maculistica ossia di quella concezione che non è più sostenibile perchè condannata esplicitamente dalla Bolla Ineffabilis Deus di Pio IX. È stata chiarita infatti l’esistenza negli scritti dell’Angelico di alcuni testi dichiaratamente positivi a favore del nuovo dogma mariano, trascurati dalla sua scuola. Ci sono anzitutto numerosi testi generici ma perspicui, per es.: «In Christo et in Virgine Maria nulla omnino macula fuit» (Exp. in Ps. XIV); «In Beata Virgine nullum peccatum fuit» ( Exp. in orat. dom. , pet. V). Ci sono soprattutto tre testi speciali che valgono da pilastri di tutto il lavoro dogmatico e critico dell’Autore: «Beata Virgo a peccato originali et actuali immunis fuit» ( I Sent. , d. 44, q. un., a. 3 ad 3); «B. Virgo nec originale, nec mortale, nec veniale peccatum incurrit» ( Exp. Salutationis Angelicae); «Virginis purgatio (sanctificatio) in utero matris non fuit ab aliqua impuritate culpae» ( S. Th. IIIa, q. 27, a. 3 ad 3). La più bella di queste tre gemme è forse il secondo testo dell’esposizione dell’Ave Maria che recentemente è stato restituito alla lezione originale (con lo studio completo della più antica tradizione manoscritta: 49 codici), perché corrotta dalla «tradizione maculistica» in alcuni pochi codici di tarda composizione e in tutte le edizioni a stampa.
In tutta questa controversia ha una particolare importanza lo studio dello sviluppo della terminologia che nel secolo XIII non poteva essere quella del secolo XIX. Infatti se si tiene presente in particolare che s. Tommaso distingue fra la «conceptio» ch’è l’inizio dello sviluppo del germe vitale e la «animatio» ch’è l’infusione dell’anima spirituale mediante la quale si ha la costituzione del nuovo individuo come persona, si può capire allora come S. Tommaso può affermare che anche la Beata Vergine – come ogni individuo umano che proviene da Adamo per generazione naturale – doveva «incorrere» nel peccato secondo il processo di natura; ma come persona, fin dal primo istante dell’infusione dell’anima, ne fu da Dio «mondata». Perciò quando s. Tommaso afferma insieme che la Madre di Dio fu «concepita» nel peccato originale ma che mai la sua persona ne fu tocca (non incurrit), è chiaro che nella sua terminologia il termine «conceptio» non ha il significato che avrà nella Bolla «Ineffabilis Deus», ma va preso secondo la teoria dell’animazione ritardata ch’era in voga nella scienza del suo tempo. Praticamente tutto il nocciolo di questa importante questione di terminologia si trova mirabilmente condensato nella perla ch’è la Expositio Salutationis Angelicae coi due testi ch’esprimono chiaramente i due aspetti (aspetti e non momenti!) ora indicati: «Beata Virgo de peccato originali fuit mundata in utero matris, quia in originali fuit concepta seu originale contraxit, sed originale non incurrit». I teologi posteriori e la Bolla della definizione distingueranno meglio fra il «debitum» e il «reatus culpae»: la Vergine ebbe il primo, ma non il secondo; la distinzione di S. Tommaso non solo non è contraria alla definizione, ma può essere considerata giustamente come il suo più genuino fondamento teologico che i tomisti antichi hanno frainteso e che i tomisti di oggi hanno tutto il diritto di difendere e di approfondire per aggiungere questo ambìto complemento alla sintesi teologica del Maestro del pensiero cattolico. C’è quindi fra la posizione tomista e la Bolla «Ineffabilis» un accordo reale di fondo sul privilegio mariano con una «differenza modale» – se può passare il termine – nella sua spiegazione. Un segno di tale differenza si può vedere, mi sembra, quando s. Tommaso ammette che nella Vergine, mediante la «santificatio in utero matris» il fomite della concupiscenza è stato «legato» e non completamente tolto: terminologia che ora, dopo la definizione, va abbandonata.

 Non ho controllato le citazioni, ma… e che cavolo! io sapevo che San Tommaso sull’Immacolata Concezione ci aveva toppato, e me ne consolavo dicendo “vabè lo vedi, anche lui ne ha sgarrata qualcuna”.
Adesso devo trovare altre fonti di conforto per quando sproloquio.
Umf.

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Le grandi storie della fantascienza, volume 2 (1940), di AAVV.

Secondo volume dall’antologia di classici sf a cura di Isaac Asimov e Martin H. Greenberg.
Mi è piaciuta complessivamente meno del primo tomo, ma ho adorato La sfera che rimpiccioliva di Willard Hawkins (agghiacciante parabola su quella che io definisco “la tecnologia-stampella”) e Addio al padrone di Harry Bates, che riesce a rovesciare completamente quello che credevi di aver capito nelle ultime quattro parole, le cui implicazioni ti fanno scorrere un brivido lungo la schiena.

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The Giver – Il donatore, di Lois Lowry.

Molto bello, una distopia che è anche una fiaba per bambini. È il primo volume di una trilogia di cui a questo punto vorrei leggere gli altri due libri.
Ambientato in un mondo futuro stile Brave New World, dove ogni aspetto della vita è minuziosamente regolato, quasi ogni diversità è stata abolita, non c’è libero arbitrio e tutti sono felici (quei pochi che non riescono ad essere felici sono “congedati”, come i vecchi e i malati, e il lettore smaliziato intuisce facilmente di che si tratta anche prima che lo scopra il protagonista). Certo ci si può chiedere quanto possa essere “vera” una felicità preordinata dove tutti eseguono senza discutere ciò viene detto loro di fare, assumono pillole per soffocare gli impulsi sessuali, insomma vivono in un mondo emotivamente grigio (questa frase ha un doppio senso che sarà chiaro quando si arriva verso la metà del libro, e io ho detto gulp). È quello che si chiede il protagonista della storia, il dodicenne Jonas, che per la prima volta dopo n generazioni mette in discussione l’ordine prestabilito. Con esiti fatidici…
Vivamente consigliato.

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Tramonto e polvere, di Joe R. Lansdale.

— Non intendo mai più buscarne da te.
— Una moglie deve sottostare al marito.
— Io non sono più tua moglie.
— Agli occhi di Dio lo sei ancora.
— Allora sarà meglio che Dio guardi altrove.

Uff. Se solo applicassero integralmente San Paolo…
Il mio primo Lansdale. Ambientato all’epoca della Grande Depressione, inizia con un tentato stupro, un omicidio e una pioggia di rane. Ed è tutto un crescendo. Un vero pulp.
(cancellate dodici righe di divagazioni poco interessanti sul concetto di pulp pre- e post- tarantiniano)
C’è un personaggio che prima è cattivo e poi è buono, oppure il contrario (non vi dico chi e cosa), e lo fa con così sciolta naturalezza che realizzi il fatto solo dopo qualche pagina, però a quel punto ti mordi le mani pensando che dovevi capirlo prima.
Sa scrivere, questo Lansdale.

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Tutte le storie di Padre Brown, di Gilbert Keith Chesterton.

Aaaaah.
Cosa dire di Padre Brown che non sia già stato detto prima e meglio?
Niente, perciò taccio ammirato.
Memore del consiglio di Berlicche, mi sono centellinato a poco a poco i racconti, e adesso che sono finiti aspetto di dimenticarli per rileggerli di nuovo.
Signore, grazie per Chesterton.

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Morire dentro, di Robert Silverberg.

Bellissimo. Grande Silverberg.
La storia straziante – ma non come il libro dell’orso di Lucyette, dico straziante sul serio – di un telepate che legge nella testa degli altri ed è un fallito, uno che aveva questo dono fantastico ed è riuscito lo stesso a diventare un uomo mediocre senza soldi lavoro amici amore, e che perdipiù sta perdendo la telepatia poco alla volta, e registra angosciato questo suo lento dolorosissimo morire dentro.
Voglio essere sincero: il libro mi ha colpito come un maglio perché affronta una delle mie più inquietanti angosce, vale a dire il talento sprecato. Arrivare a cinquant’anni, sessanta, quello che sarà, guardarsi indietro e dire tutto qua? È tutto qui quello che ho combinato? Forse avevo i numeri per fare grandi cose, e mi sono sprecato così?
Paura.
Paura.
Paura.

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Eucaristia, di Inos Biffi.

Libretto divulgativo sull’argomento come da titolo.
Ortodosso ed edificante, ok; ma anche poco incisivo, tant’è che dopo tre settimane che l’ho finito non riesco a rievocare alla memoria un concetto letto che sia uno.
Alzheimer precoce o noia profonda?

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Una saldissima fede incerta, di Antonio Thellung (in lettura).

Libro eretico, che leggo poco per volta perchè di più non ce la fo.

Quando lo finisco vi spiego perché.

 

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L’altra faccia della realtà, di AAVV (in lettura).

Pescato su una bancarella a € 1, media qualitativa molto alta. Ottimo affare.