Babele 2.0

L’imputato parlava molto lentamente.

“Chi non è cattolico fa schifo, è un sub-umano. Chi non è cattolico deve andare in prigione e brucerà all’inferno. Il catechismo cattolico deve diventare legge dello Stato e il Papa deve diventare il padrone del mondo. Dio odia lo Stato laico. Dio odia chi non è cattolico. Dio odia…”

I giudici non riuscirono a capire il resto della frase, letteralmente sepolta dai boati della folla urlante. Ma ormai non importava più, avevano sentito abbastanza, e raramente avevano ascoltato qualcosa di più agghiacciante. Praticamente ogni sillaba che usciva dalla bocca di quel fondamentalista era l’apologia di un qualche reato, dal femminicidio alla teocrazia, dall’omofobia al delitto di lesa autodeterminazione, non mancava nulla. Lo interruppero mentre blaterava qualcosa sui grumi di cellule, voleva imporre le sue opinioni agli altri, tipico dei cattolici, gente malata.
Quei fanatici erano erano un pericolo per la società. Lasciarli a piede libero era impensabile. I liberi cittadini andavano protetti dalle loro menzogne.
La camera di consiglio fu veloce, la sentenza equa, l’esecuzione immediata. Il pubblico applaudì e chiese il bis. C’erano altri prigionieri da giudicare, ma Nimrodio ne aveva abbastanza. Amministrare la giustizia era un lavoro stancante. Diede a un collega di cui si fidava la delega per votare anche a suo nome, salutò gli altri magistrati e prese il primo aerobus per tornare a casa.

“Cara, sono tornato.”
“Amore, finalmente! Mi sei mancato tanto!”
La voce dolce e familiare di sua moglie lo accolse dalla cucina, mentre Nimrodio si svestiva nel pianerottolo.
“Oh, sapessi, che giornata.”
“Povero tesoro, devi essere distrutto. Tu ti fai in quattro per meritare il tuo mega-stipendio, io invece faccio una vita da favola grazie a te.”
“Ma no, non esagerare, anche tu hai un lavoro…”
“Sì, ma non è certo faticoso e importante come il tuo. Non preoccuparti, adesso penso a tutto io. Tu stenditi sul divano e accendi la olovisione, intanto preparo la cena, so già quello che ti piace”.
“Tesoro, sei fantastica, davvero… sei perfetta!”
“Mai quanto te! Ora riposati, e recupera le energie per il dopocena… ihih! Guardiamo assieme la partita della tua squadra, vincerà sicuramente, e poi andiamo a letto e facciamo tutto quello che vuoi. Anelo la tua virilità mastodontica, non ho pensato ad altro per tutto il giorno!”
“Uahaha, sei proprio una birichina…”
Andò sul divano e si aprì una birra intanto che aspettava la cena. All’ologiornale parlavano dei processi di quel giorno ed elogiavano il suo lavoro. Procedendo a quel ritmo, la setta teocratica sarebbe stata sgominata nel giro di pochi anni, e a quel punto la carriera sua sarebbe decollata. Addirittura lo speaker nel servizio citava per intero, virgole punti e virgola e tutto quanto, un brano della sentenza scritto da lui, proprio lui! Ah, domani gli altri giudici sarebbero schiattati d’invidia. Gongolò a immaginarsi la faccia di Nembrotto, il suo vicino di scrivania, quell’incapace arrogante…
Distratto nei suoi pensieri, Nimrodio badò a malapena al resto dell’o.g., l’attenzione gli tornò soltanto quando vennero le previsioni del tempo presentate dalle donne nude safficheggianti. L’olovisione in HD e grandezza naturale valeva ogni centesimo pagato.
Poi partì la sigla di chiusura e in quel momento guardò l’orologio e realizzò che si era fatto tardi, e né sua moglie né la cena erano arrivate.
Strano.
“Tesoro… tutto bene?”
Nessuna risposta. Ma che cavolo. Molto seccante. Era quello il modo di comportarsi?
“Cara, ma che stai facendo?!?”
Silenzio.
Ora era un po’ preoccupato. Le fosse successo qualcosa? Un incidente domestico? Rabbrividì all’idea. Lui era un giudice equo e probo, ma certi suoi colleghi appioppavano condanne per femminicidio al primo livido, senza manco disporre una CTU. Cane non mangia cane, però…
“Amore, ti prego, rispondimi!”
Si alzò a fatica dal divano, corse in cucina e trovò sua moglie seduta a piangere, senza parlare e senza neppure singhiozzare. Lo guardava in silenzio, rigida, mentre le lacrime scendevano lungo le guance. Alzò una mano facendogli cenno di stare fermo, di non avvicinarsi, di non parlare.
Nimrodio era frastornato. Ma che era quella novità? Il mondo era sottosopra? Quando mai sua moglie aveva sofferto di depressione?
Lei si portò la mano all’orecchio e fece il gesto di togliersi qualcosa.

 

Allora lui capì.
Si era dimenticato, un’altra volta, di togliersi il babelfish dopo il lavoro. L’aveva lasciato lì nella cavità auricolare e quello aveva continuato a tradurre tutto quello che sentiva.
Mannaggia.
Si levò il dannato affare così in fretta da farsi male, buttandolo nel lavandino. Il pesce di Babele non si lamentò, resto lì a mangiare i grumi di cerume che gli erano rimasti appiccati, per lui dovevano essere un bocconcino prelibato.
“Tesoro! Perdonami! Mi ero scorda…”
Ma improvvisamente lei abbandonò la sua quiete.
“SEI UNO STRONZO!!!”
Prese una scopa e cominciò a dargliela addosso, furibonda, mentre lui era ancora scioccato e non riusciva a far altro che tentare vanamente di difendersi.
“Stronzo! Egoista! Per l’ennesima volta torni a casa con quel coso nell’orecchio e non te lo togli neanche per mangiare! Non ne posso più! Fai schifo! Vaffanculo! TI ODIO!!!”
“Ti prego, amore, non merito… ouch!”
“Mi tratti come se fossi uno dei tuoi imputati! Parlo parlo e non ascolti mai quello che dico! Hai la testa sempre altrove, pensi solo alle tue cose, ai tuoi processi, alla tua carriera!”
“Ma lo faccio per te! La mia carriera è importante per la nostra famiglia, noi… ahia! Basta! Pietà!”
“Anche io ho un lavoro! Credi che non sia importante quanto il tuo? Credi che i robot per pulire la casa si programmino da soli? Non ti interessi mai di quello che faccio, non mi chiedi mai com’è andata la MIA giornata! Oppure lo chiedi per finta e poi non mi senti, hai il babelfish acceso e chissà cosa stai pensando di ascoltare!”
“Basta! Basta! Ti ho chiesto scusa! Non è sufficiente? Cos’altro pretendi da me?”
Lei si fermò, ansante, gli occhi di ghiaccio. Nimrodio si tastò dolorante un paio di costole, probabilmente incrinate, e si leccò il sangue da un taglio sulla faccia. Era imprigionato in un angolo della cucina e  sua moglie incombeva minacciosa, con quella maledetta scopa modello de luxe che lui le aveva regalato per il quinto anniversario.
“Voglio” disse livida “che butti nell’immondizia quell’aggeggio e non te lo metti più. MAI più.”
Panico.
“Amore, ma non ti basta se me lo tolgo quando stacco dal lavoro? Lo lascio in tribunale e…”
“L’hai già promesso tante volte, e poi te ne sei dimenticato comunque.”
“Questa volta manterrò la promessa.”
“Anche questa promessa l’hai già fatta, e infranta. Non mi fido più. Si vede che il pesce dà assuefazione. O me, o lui. Deciditi!”
“Ma non è possibile! Mi serve! Come faccio senza?! Tutti i colleghi lo usano! Come faremmo altrimenti a fare tanti processi al giorno? Io, noi, loro…”
Preso dalla disperazione, si ritrovò a improvvisare su due piedi un bignami di storia forense, difendendo l’esistenza e l’utilità anzi la necessità del babelfish, la meravigliosa invenzione biotecnologica che assorbiva le frequenze inconsce, le masticava, le digeriva e le defecava in una matrice di frequenze consce diretta verso i centri cerebrali del linguaggio. Se indossavi un babelfish nessuno poteva mentirti, perché convertiva quello che uno ti diceva in quello che tu già sapevi che lui voleva veramente dire. Il pesce di babele aveva rivoluzionato la procedura civile e penale, nessun giudice poteva più essere preso in giro dagli imputati, l’interrogatorio diretto aveva sostituito e reso obsoleti tutti gli altri mezzi probatori. Perciò lei non poteva chiedergli di rinunciare al babelfish, non poteva assolutamente non poteva, tutto ma non quello, se non lo usava l’avrebbero tolto dai processi importanti, la sua carriera…
“AAAAAAHHHH!!!!!!”
La scopa si abbattè ancora, implacabile.
“Se nomini ancora una volta la tua carriera, giuro che questa scopa la uso per fare una cosa che non hai mai visto neppure nel peggiore dei tuoi porno. Non me ne frega niente della tua carriera. Non me ne frega niente neppure dei tuoi imputati. Condannateli appena li catturate, tanto cosa li fate parlare a fare?”
“Amore, dipendesse da me lo farei subito. Quella gente non merita rispetto. Pensa che l’altro giorno uno dei loro capi ha detto che si possono violentare le donne che hanno abortito. Bastardi schifosi, io li affiderei tutti al boia e buonanotte. Ma noi giudici dobbiamo essere giusti, bisogna rispettare il codice, la procedura, gli articoli…”
“Che poi magari non dicono neppure davvero quello i quotidiani dicono che loro dicano.”
“Non è vero! Non è vero! Queste sono le bufale messe in giro dai tecnofobici oscurantisti che odiano la scienza! Il pesce-babele ha un margine di errore soltanto del 6,66% e comunque ciò che gli imputati dicono è sempre attendibile nel suo senso generale, anche se non nelle singole formulazioni. Guarda, in teoria sono anche disposto a ipotizzare che talvolta qualcuno non abbia detto alcune delle cose che gli ho attribuito, ma questo non conta! Quelle cose sono comunque importanti per far capire alla gente chi era lui, come pensano i cattolici! E poi c’è la prova del nove! Vedi, quando noi giudici interroghiamo un prigioniero con il babelfish, verbalizziamo le sue dichiarazioni e le mandiamo a tutti i giornali per l’edizione del giorno dopo, così tutti possono leggerle e farsi un’opinione autonomamente. Anche i cattolici stessi le leggono, indubbiamente, mentre si nascondono in clandestinità. Ebbene, ci hanno mai fatto contestazioni? Si sono mai lamentati? NO! Nessun giornale ha mai pubblicato una loro lettera di protesta, e nessun prigioniero sotto interrogatorio ha mai ricusato i nostri verbali!”
“Questo spiega tutto, in effetti.”
“Sì! Esatto! BRAVISSIMA! Perciò tu certamente capisci, cara, che il mio lavoro è importantissimo per la società, la mia c…” si interruppe, terreo, al suo sguardo truce.
“Insomma, non puoi proprio rinunciare a quel coso.”
“Io… eh… no. Ma ti prometto, ti garantisco, ti giuro solennemente, amore mio, che…”
“Allora non mi resta che una sola cosa da fare.”
Gli diede l’ennesima botta in testa.

 Quando riprese coscienza, la cucina era vuota. Il pesce di babele era stato spiaccicato. Lei non c’era più. La chiamò, la cercò paurosamente in ogni stanza: se n’era andata. E con lei se ne erano andati tutti i suoi vestiti, tutti i suoi gioielli, tutto quanto.
Quello che non era scomparso era distrutto. Aveva fatto a pezzi tutto quello che non poteva portare, l’olovisione costosissima, il divano, la scrivania del suo studio. Il letto su cui si erano tanto divertiti ora aveva la rete sfondata e il materasso squarciato. Non capì dove fossero finiti tutti i suoi manuali di diritto finchè non realizzò la singolarità del camino acceso nel mese di messidoro.
Anche il frigorifero era vuoto. Niente da mangiare per cena. Restava solo la birra, che lei gli aveva lasciato probabilmente come implicito suggerimento di darsi all’alcolismo.
Decise di accettare il suo consiglio.

 

Si risvegliò la mattina dopo, la testa rintronante, il telefono che squillava senza sosta. Dormire sul pavimento non aveva migliorato la situazione della sua schiena. Gemendo, si trascinò alla cornetta e rispose biascicando.
Era Nembrotto, il suo vicino di scrivania.
“Nimrodio! Ma che fine hai fatto? Ti stiamo aspettando! Dobbiamo andare avanti con i processi! Oggi abbiamo un pezzo grosso, uno col berretto rosso! Se ci andiamo giù abbastanza pesante, magari riusciamo a farci confessare dove si nasconde il tizio vestito di bianco! Non puoi mancare! Corri qui! Sbrigati!”
“Io… non posso… malato…”
“Ah, mi spiace molto. Pazienza. Ho la tua delega, vero? Posso mettere anche il tuo nome?”
Tra le sue tempie martellenti si fece faticosamente strada la vaga immaginazione delle stupidaggini pseudogiuridiche che quell’idiota sarebbe stato capace di scribacchiare e sottoscrivere con la sua firma. Gli poteva rovinare la carriera.
“Eh… veramente… cioè, ti ringrazio tanto dell’offerta, sei premurosissimo, un vero amico… tuttavia, ecco, senza offesa, io invece preferirei dare la mia delega a qualcun altro, per favore passami al telefono…”
“Ah ah, lo so! Sei gentilissimo, come sempre. Ti ringrazio. Non preoccuparti. La tua fiducia non poteva essere riposta in mani migliori.”
“Sì… io… cosa? Non ho capito…”
“Allora siamo d’accordo, firmo anche per te.”
“No… fermo… aspetta…”
“Va bene, lo terrò a mente.”
“NOOOOO! Nembrotto, aspetta, tu… anche tu ieri sera hai dimenticato di toglierti il babelfish! Fermo! fermo! Devi levartelo dall’orecchio! Senti quello che ti dico! Nembrotto, tu devi ascoltarmi, devi…”
“SÌÌÌÌÌÌ! È vero! Ho visto anche io l’ologiornale ieri sera! A un certo punto lo speaker nel servizio ha citato per intero, virgole punti e virgola e tutto quanto, proprio il brano che avevo scritto io! Che grandiosa soddisfazione! Bravissimo, sei stato l’unico ad accorgertene, qua nessun altro mi ha detto niente! Staranno tutti schiattando d’invidia! Sei proprio un grande amico!”
“no, no, Nembrotto, ti sbagli! L’ologiornale ha citato me, ha parlato del mio lavoro… non ci senti bene… togliti il pesce dall’orecchio, toglitelo! Ascoltami, tronfio babbeo, devi ASCOLTARMI!!! Sturati le orecchie! Cretino! Deficiente!”
“ah ah, basta, non merito tutti questi elogi. Carissimo, è sempre un piacere discutere con te che sei tanto intelligente e sai riconoscere l’altrui valore, ora però devo proprio andare. I criminali aspettano tremanti, la giustizia chiama. Mi raccomando, riposati. Salutami tanto tua moglie, sono sicuro che con le sue amorevoli cure ti rimetterai in men che non si dica. Ciao!”
“NOOOOOOOO! Fermo! Ascoltami… ascoltami… ascoltami…”
Silenzio. Aveva riattaccato.

“Nembrotto, ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami… ascoltami…”

 


77 responses to “Babele 2.0

  • Manlio Pittori

    La prossima volta che scrivi un pezzo, Claudio, togliti dall’orecchio il babelfish.

  • Denise Cecilia S.

    Il voto di mezzo è perché, anche se il finale porta chiarezza ed equilibrio, mi rimane come la sensazione che questa sia solo l’introduzione alla vera catastrofe personale di Nimrodio.
    Insomma: s’è giusto reso conto che il babelfish è un inganno, o per lo meno un problema: e adesso? (Pensavi di svilupparlo oltre, magari? Facci un pensiero).
    E poi, già che li hai citati: che fine fanno il prossimo condannato ed il tizio in bianco? C’è materiale per un’intera saga, qui 😉

  • Federico Fasullo

    Fa ridere perché è quello di cui accuso sia te che Berlicche quando parlo con voi, ascoltate solo una parte del discorso e la rigirate come volete. Di sicuro la realtà è ben più spaventosa di questa distopia, almeno il protagonista se lo può togliere quell’aggeggio :s https://deliberoarbitrio.wordpress.com/2013/09/11/omo-matrix/#comment-20366

    “E chi è senza peccato scagli la prima pietra” ovviamente anche io mi comporto così a volte.

  • Federico Fasullo

    @Denise: giusto per il gusto di argomentare: in realtà la bellezza dei racconti brevi sta nell’aria di mistero che si lasciano dietro, scrivere un libro intero è un lavoro da encomiare ma scrivere un racconto breve è un’arte, serve innanzitutto un’idea che deve esplodere all’interno di poche pagine ma quello che lo rende sensazionale è lo scorcio di un mondo che in effetti non esisterà mai se non nell’immaginazione di chi legge, dettata da poche righe trovate all’interno del testo. E’ una sorta di perversione che sta all’interno del “fascino del mistero”, la parabola perfetta è la sfinge senza enigmi di Oscar Wilde, se si svelasse il mistero dopo perderebbe di gusto, mentre invece la sfinge è affascinante perché non sai tutto di lei e se sei fortunato non lo saprai mai, è molto più intrigante l’enigma in sé. Ma questo è il mio punto di vista eh.

  • Denise Cecilia S.

    @ Claudio: dimenticavo: molto azzeccati i riferimenti (Scalfari, la Miriano in Spagna); mi ti immagino mentre li accumuli e li elabori prima di metterti al pc. Più angosciante il secondo, senz’altro.

    @ Federico: il mio non è disprezzo per il racconto, eh, anzi; in un paese dove tutti vogliono scrivere romanzi (anche quando ciò che hanno da dire starebbe giusto giusto in dieci righe) sono i benvenuti.
    (Lo so, dopo questa mi devo nascondere: ho dei racconti di Claudio sull’hd, ancora non letti, che m’aspettano da un bel po’).
    Diò che tu dici lo condivido in parte: vero è che il racconto, per definizione, non è fatto trascinare gli eventi o sondarli ma per abbozzarli, ma non vi è regola che stabilisca se debba insinuare il mistero su di essi.
    Un racconto breve può essere tanto circondato di questo alone quanto netto e definito.
    Ma il punto non è nemmeno questo: la mia sensazione – insolita – non riguarda tutto il mondo immaginario raccontato, le cui coordinate sono chiare, ma solo il protagonista. Spesso qui ho letto racconti che pur non esplicitando tutti i fatti, li lasciavano però intendere molto chiaramente.
    Poi, oh, è una sensazione mia; come pure l’idea di far diventare questa one-piece una piccola serie (saga in effetti è un tantino esagerato 😉 ):

  • Federico Fasullo

    Basta che non diventi una serie come One piece che non finisce mai! Ashshsh.

  • lightswarrior

    L’ha ribloggato su Il Guerriero della Luce.

  • ClaudioLXXXI

    Cecilia, non so rispondere alle tue domande. Il racconto l’ho scritto di getto ieri mattina, non ho pensato a un possibile seguito, non so cosa succede “dopo”. La mia sub-creazione come autore finisce qui e le mie speculazioni valgono come quelle di qualsiasi altro lettore.
    Temo che Nimrodio (a proposito, il nome è una citazione, così come il nome dell’altro) non abbia ancora imparato la lezione. Nella conversazione finale al telefono, è ancora convinto che l’ologiornale abbia parlato proprio di lui, così come l’altro crede di essere stato citato. Nimrodio non ha ancora capito che in realtà il tg non ha parlato di nessuno dei due (figurati se un tg si mette a fare citazioni giurisprudenziali, LOL), ma ciascuno l’ha sentito a modo suo.
    Insomma Nimrodio deve ancora capire la diabolicità del babelfish, che ti fa sentire quello che ti aspetti di sentire in base ai tuoi pregiudizi, che spesso e volentieri coincide con quello che il tuo ego vuole sentirsi dire (specie se già di tuo sei un egocentrico, anzi un EGOLATRA – alla Scalfari, appunto). Nella telefonata finale Nimrodio si trova per la prima volta “dall’altra parte”, ora è lui quello che parla senza essere ascoltato, eppure non ha ancora realizzato.
    Perché c’è gente che non vede manco quando l’evidenza gliela sbatti davanti agli occhi. I pregiudizi e i suoi “idoli” sono troppo forti e radicati.
    D’altra parte, se pure capisse, cosa dovrebbe fare? Lottare contro il sistema che gli ha dato da mangiare? Andare in tribunale e dire “colleghi, stiamo condannando le gente per cose che non hanno mai detto”, e poi? Abbiamo visto quanto tiene alla sua carriera…

    Mi spiace, ma probabilmente tutto quello che farà Nimrodio sarà prendersi una vacanza, superare il trauma dell’abbandono della moglie, comprare un altro pesce e tornare al suo lavoro di prima. Presto dimenticherà lo shock e si autoconvincerà di nuovo che tutto quello che sente attraverso il babelfish è attendibile.
    Il prossimo condannato, e il tizio vestito di bianco, continueranno ad essere inseguiti, giudicati e condannati. Senza pietà. Senza neppure ASCOLTARLI.

    Certo, un sistema simile non può durare nel tempo. Il racconto è satirico e non si pone grandi problemi di realismo, ma una società basata sull’incomunicabilità sistematica prima o poi crollerà. Finché le vittime della distorsione sistematica delle parole sono solo i cattolici (o una qualsiasi altra minoranza vilipesa), va bene, ma quando i pezzi del sistema cominciano a rivoltarsi l’un l’altro, allora il meccanismo si rompe. Il matrimonio di Nimrodio si rompe, ma immagino che da qualche altra parte altri matrimoni si stiano rompendo. La moglie ha ragione, il babelfish dà assuefazione, è troppo bello sentirsi dire sempre quello l’ego desidera.

    A questo punto Cecilia ti lancio una sfida: io non mi sono posto il problema di continuare la storia, pensaci tu 😉
    O almeno, prova a immaginare una trama, un “succede questo e questo” di circostanze successive. Cosa dovrebbe fare il protagonista di questo racconto?

  • ClaudioLXXXI

    Federico, sicuramente c’è materiale per accusarci a vicenda “ascolti solo una parte di quello che dico”… però in questa storia – e tante volte nella realtà di cui la mia storia fa satira – succede una cosa un po’ diversa: non è che la gente ascolta solo UNA PARTE, non ascolta proprio. Sente una cosa completamente diversa, cose che tu non hai proprio detto, e te le attribuisce. Scalfari style!
    Nel racconto, tutte le frasi in corsivo sono frasi che noi leggiamo non come sono state pronunciate, ma come le sente il protagonista. E sono, ovviamente, del tutto inverosimili, se solo uno si pone il problema “ma chi è la persona che sta parlando? Quanto la conosco? E’ una cosa che direbbe davvero?”
    Eppure il tizio non si pone mai alcun dubbio, nessuna domanda che possa scalfire i suoi consolidati pregiudizi (e certo: la moglie “anela la sua virilità”, come potrebbe?!?).

    Ho citato quel post di Costanza Miriano perché, già quello che è successo a lei è allucinante – e anche lì ci sono di mezzo i tribunali penali – ma quello che è successo all’arcivescovo di Granata Francisco Javier Martínez Fernández forse lo è ancor di più. Provate a informarvi…

  • Denise Cecilia S.

    Sì, nel computo spagnolo mettevo anche quest’altra cosa.
    E pur sapendo che c’è chi la fomenta e la sfrutta, non mi capaciterò mai abbastanza della stupidità umana.

    Prendo atto che la sospensione del racconto era voluta, e proprio lì: l’autore è sovrano 😉 Non aspettarti però che dai miei neuroni fiacchi emerga nulla in aiuto del mio desiderio di prosecuzione…
    … a meno che non salti fuori nelle mie notti tormentate da sogni bislacchi – nel qual caso ti farei sapere – mi rassegnerò a questo, che comunque, se non si fosse capito, mi è piaciuto parecchio.

    In realtà, dopo aver pensato che le parole della moglie fossero reali (come dicevo parte di un’ipocrisia famigliare, ma normata tipo “La fabbrica delle mogli”, pensieri reali sì ma dei quali avrei capito il senso “fantascientifico” solo in seguito), e dopo aver letto che sembrava “scomparsa”, mi sono immaginata un po’ banalmente che ne sarebbe venuto fuori uno spunto per un’accusa di femminicidio.
    Eccetera eccetera.

  • Denise Cecilia S.

    Il che, a ripensarci, è un controsenso; ma vabbeh.

  • Manlio Pittori

    Bisogna capirli, gli spagnoli: occorre disattivare il babelfish che tanti, anche qui, portano in continuazione, e cercare di capire. Hanno avuto 35 anni di fascismo e secoli di cattolicesimo che ha lasciato nella barbarie lo spirito del popolo: se adesso sono diffidenti anche nei confronti di libercoli penosi, ma innocui, come quello della Miriano, hanno le loro buone ragioni.

    E poi gli spagnoli sono un popolo civile: per dire, non hanno avuto, loro, un vicepresidente del CNR che considerava i terremoti un castigo di Dio e propugnava teorie bizzarre come la regalità sociale di Cristo.

    Essendo un popolo non abituato, come gli italiani, alle mattane, è ovvio che magari esagerano, con il principio di precauzione.

    Perché la faccenda della Miriano è tutta lì: principio di precauzione. Una che propugna la sottomissione della donna all’uomo è, a prima vista, potenzialmente pericolosa per le menti dei fanciulli: quindi, a scopo precauzionale, la teniamo sotto controllo, ‘sta roba, che tra l’altro è roba pubblicata dai preti, quindi la fregatura c’è di sicuro.

    Avessero chiesto a me, li avrei tranquillizzati: la Miriano è la versione femminile di Langone, quindi no tengan miedo, senores. Sono solo dei bizzarri fancazzisti che fino a pochi anni fa avrebbero declamato i loro vaneggiamenti al bar o al mercato: adesso, che le ideologie forti sono finite, c’è sempre un Ferrara o un editore buontempone che da loro spazio.

    Ma, cari spagnoli, son pericolosi come quelli con le sedia nello Speakers’ Corner a Hyde park.

    Però il principio di precauzione non si discute: meglio una figuraccia per eccesso di cautela oggi che un disastro per sottovalutazione domani.

    Viva la Spagna, viva la Repubblica, viva le Brigate internazionali!

    Manlio Pittori

  • Manlio Pittori

    Ah, se posso dire qualcosa del racconto di Claudio ’81, a me piace la parte della CTU con il link a Wikipedia. Come dire: ho un pubblico di lettori ignoranti e pigri, ma ghe pensi mi, a erudire i pupi. Bravo Claudio ’81: personalmente, avrei linkato anche olovisione, messidoro e ricusato: vassapere dove si nasconde l’incultura, oggidì.

  • ClaudioLXXXI

    Manlio, si vede che ti brucia proprio, se ti attacchi a queste cazzatine per avere qualchecosa da criticare.
    In sè l’ignoranza non è affatto vergognosa. Nessuno può sapere tutto. Vergognoso semmai è concionare su quel che non si conosce e sparare pregiudizi a ruota libera. A proposito, tu il “libercolo penoso” della Miriano l’hai letto, vero?

  • Manlio Pittori

    Claudio ’81,

    come tu dovresti sapere benissimo, il diavolo si nasconde nei dettagli: e io ho trovato un dettaglio che mi è parso rivelatore. Per te è una cazzatina? Nessun problema, per te è una cazzatina. Per me è un dettaglio rivelatore. D’altro canto, col tuo bel babelfish attaccato, pensi di conoscere il pensiero altrui: e quindi trasformi in cazzatina quello che per me è, appunto, un dettaglio rivelatore.

    Inoltre: pensavo si fosse tra persone adulte e con un minimo di onestà intellettuale: mi sbagliavo. Ma tu davvero pensi che potrei definire “libercolo penoso” un libro che non avessi letto? Hai davvero del tuo prossimo una concezione miserabile, se ritieni che io possa criticare quello che non conosco.

    Ma è sempre colpa del tuo babelfish incorporato: siccome mi consideri una schifezza a metà strada tra un troll e un coglione (così mi hai definito – coglione – in un tuo intervento nel post precedente), allora io, inevitabilmente e obbligatoriamente, critico senza conoscere, trancio giudizi senza aver letto, conciono su quel che non conosco e sparo pregiudizi a ruota libera.

    Ho provati pure a dirle sul blog della Miriano, le mie osservazioni critiche, ma sono stato stoppato: al primo intervento, mi hanno fatto sapere che i commenti come i miei non sono graditi.

    Ma mi sono imbattuto pure in tenutari di blog cattolici talmente beceri e vili al cui confronto tu, con il tuo babelfish con ilqquale fai corpo unico, sembri un lord inglese: è così che uno si crea i pregiudizi, che altro non sono che esperienze di cose vissute.

    Sai com’è: non è che devo andare a pranzo e a cena un mese di fila con un grillino o un integralista islamico per capire come (non) funzionano le loro capocce: il pregiudizio è anche una forma di igiene intellettuale e di precauzione personale.

    I due libercoli della Miriano, specie l’ultimo, sono la fiera delle banalità e dei luoghi comuni: male hanno fatto in Spagna a ipotizzarne la censura, ma rimangono libercoli penosi e intellettualmente falsi.

    Manlio Pittori

  • ClaudioLXXXI

    Manlio, io non so se tu sei un coglione, ma ho scritto prima e ribadisco adesso che i tuoi commenti sembrano davvero una provocazione degna di tale figura. Io non ti applico pregiudizi di categoria, ti giudico per le tue azioni e frasi personali.
    Se tu lo sia o lo faccia non so, ma in ogni caso la vita è troppo breve per sprecarla con gli attabrighe seriali. Don’t feed the troll.

  • Manlio Pittori

    Te la cavi con poco, eh?, Claudio ’81. I miei commenti “sembrano” la provocazione di un troll, ergo io “sono” un troll e faccio parte degli “attabrighe seriali”. E’ comodo appiccicare un’etichetta o due anziché rispondere nel merito. Ma ti capisco, sei giovane e inevitabilmente impulsivo. Ti auguro di migliorare, invecchiando.

  • Berlicche

    E’ giusto, il principio di precauzione. Gli spagnoli e tu, Manlio, fate benissimo a criticare il libro senza averlo letto, perchè leggerlo sarebbe troppo pericoloso. Non si sa mai le menti deboli come possano reagire.

    Oh, l’hai detto tu, eh.

  • Manlio Pittori

    Berlicche,

    ero convinto che dal mio intervento qui sopra (3 dicembre 2013 at 09:13) fosse chiaro che io, i due libri della Miriano, li ho letti: ma si vede che non sono stato abbastanza chiaro – almeno, non abbastanza per la capacità di comprensione che il tuo babelfish ti permette.

    Quindi, lo ribadisco con maggiore chiarezza a beneficio tuo e di quelli che fanno finta di non capire: ho letto entrambi i libri di Costanza Miriano (dopo averli comperati, pensa te). Ne ho persino evidenziato le parti che, a mio parere, sono più discutibili.

    Come ho scritto sopra, “ma tu davvero pensi che potrei definire “libercolo penoso” un libro che non avessi letto? Hai davvero del tuo prossimo una concezione miserabile, se ritieni che io possa criticare quello che non conosco.”

    Quindi, devo concludere che tu, Berlicche, hai del tuo prossimo una concezione particolarmente miserabile. Dev’essere il babelfish.

  • Berlicche

    Semplicemente una mia lettura approssimata, a questo punto. Ho commentato senza avere letto la successiva replica.
    I miei complimenti: uno che trova un libro “un libercolo penoso” e ne compre il “seguito” e lo legge pure è raro da trovare, a parte tra i masochisti seriali.
    A proposito, esattamente quale parte del ragionamento della Miriano, quali capitoli sono così da disprezzare?

  • Berlicche

    Tra parentesi, la mia “concezione miserabile del mio prossimo” arrivava anche dall’avere appena visto sul sito della Miriano, un video di un dibattito televisivo spagnolo sul libro di un quarto d’ora in cui, per loro stessa ammissione, nessuno dei partecipanti lo aveva letto.

    Sottomessa ma non al marito


    Più che miserabile, realistica.

  • Manlio Pittori

    Berlicche: tra parentesi.

    Siccome tu avevi “appena visto sul sito della Miriano un video di un dibattito televisivo spagnolo sul libro di un quarto d’ora in cui, per loro stessa ammissione, nessuno dei partecipanti lo aveva letto”, ne hai desunto che anch’io sono una persona che critica un libro senza averlo letto.

    Una logica ferrea, mi complimento: se A critica la Miriano senza averla letta, allora B, che non ha nulla a che fare con A ma che critica la Miriano, deve necessariamente non avere letto la Miriano.

    Il falso sillogismo è: tutti quelli che criticano la Miriano non hanno letto il libro della Miriano; Manlio Pittori critica la Miriano; Manlio Pittori non ha letto la Miriano, anche se lui dice il contrario.

    Ma chi se ne frega di Manlio Pittori: la realtà è quella che tu hai costruito con il tuo metodo induttivo falso e zoppicante.

  • Manlio Pittori

    Berlicche: per quanto riguarda la Miriano, solo due parole, ché oggi è giornata di saggi musicali.

    La Miriano non è una donna stupida: sa scrivere e ogni tanto ne azzecca una. Ma le sue premesse sono false, in quanto partono da una rappresentazione caricaturale e ideologica dell’uomo e della donna. L’uomo, per la Miriano, è un poveraccio mononeuronico la cui funzione si riduce all’incarnazione del principio di autorità nei figli, essendo inabile a tutto il resto ed essendo i suoi interessi limitati a banali questioni tecnologiche, alla maggica Roma e alla televisione. Ogni tanto rinviene dal suo torpore e si incarica di mettere ordine in famiglia con un’occhiata maschia: e fine delle trasmissioni. Subito dopo ritorna nella letargia consueta. Nulla sa dei figli, quasi non ne conosce i nomi: se incaricato di dare al pupo l’antibiotico, è un miracolo se non gli rifila un Johnny Walker doppio etichetta nera.

    Informo la signora Miriano che ci sono padri – il sottoscritto, ad esempio – che, per questioni logistiche ed economiche, sanno dare l’antibiotico, sanno preparare il ragù, sanno mettere una supposta e sanno fare centinaia di altre cose che la Miriano ritiene di competenza esclusiva della mamma. Padri ai quali però, allo stesso tempo, basta un’occhiata per riportare il silenzio tra i figli – o, se proprio proprio serve, alzando di qualche decibel la voce. Padri che se ne fregano della maggica Roma e dell’ultimo smartphone e che vanno in consiglio di classe a parlare, senza alzare la voce, delle mille puttanate che le mamme considerano essenziali mentre, in realtà, sono solo puttanate senza senso.

    L’uomo della Miriano, poi, deve avere accanto a sé una donna sempre ben tenuta, perché ha bisogno di scopare e non si può scopare una tizia con la tuta sformata: altrimenti inizierà a occhieggiare con la bava alla bocca la vicina di casa, senza figli e quindi sempre in tiro.

    Informo la signora Miriano che ci sono donne, come mia moglie, che arriva la sera distrutta dal lavoro e dalle mille cose di casa: e non me ne frega niente se è troppo stanca per fare l’amore, perché so quanto amore ha dato e darà.

    L’uomo e la donna della Miriano sono due macchiette ridicole e false: sarà che la Miriano e suo marito sono due giornalisti RAI e quindi hanno l’agio e le possibilità (anche economiche) che a noi, poveri proletari, sono negate.

    Adesso devo andare al saggio: ma non ho finito. Alla prossima, se mi sarà concesso.

    Manlio Pittori

  • nihilalieno

    A Claudio: non so se essere più lusingata del fatto che tu tenga al mio parere, o offesa dal tuo presupporre che non l’avessi già visto… Non ho detto niente per non essere banale. Ottimo come sempre.
    A Manlio; a me la Costanza è piaciuta, forse per apprezzarla occorre avere più affinità col genere: è comico, quindi descrive macchiette, ma è serio, perchè sotto le macchiette c’è una realtà concreta e qualche idea non così scontata. Forse tu l’hai presa troppo sul serio…

  • Manlio Pittori

    @ nihilalieno

    Concordo, ma l’avevo scritto anch’io, che la donna non è sciocca e infila nel suoi libri anche cose condivisibili; e usare il registro comico (anche se si tratta di comicità tipicamente parrocchiale) per veicolare contenuti “seri” è un artificio retorico ben conosciuto: ma io continuo a ritenere che la realtà concreta della Miriano, anche sotto l’apparente comicità, sia una concezione banale e caricaturale dell’uomo e della donna e dei loro rapporti.

    I suoi sono i consigli di donna Letizia in salsa cattolica: a te basta? A me no, ma io non sono cattolico.

    Manlio Pittori

  • Manlio Pittori

    “I miei complimenti: uno che trova un libro “un libercolo penoso” e ne compre il “seguito” e lo legge pure è raro da trovare, a parte tra i masochisti seriali. (Berlicche)

    Grazie per i complimenti, ma non credo di essere un masochista seriale.

    In primo luogo, sto cercando da molti anni qualcuno che mi faccia capire come funziona la mente cattolica: c’è, sì, l’agile volumetto di Edoardo Lombardi Vallauri, ma preferisco l’indagine sul campo. Finora, però, non sono riuscito a venire a capo del mistero: e sì che me ne sono letti, di libri: da Socci a Chesterton, da Messori a Brambilla, da Gnocchi & Palmaro ad Agnoli jr.

    Mia moglie minaccia il divorzio, quando mi vede tornare dalla libreria con il mio bottino apologetico: e basta con quei cattolici, mi dice (in realtà lei usa un linguaggio più colorito).

    Ma più leggo, più parlo con i cattolici (rectius: più cerco inutilmente di farlo), più discuto con loro (rectius: più cerco inutilmente di farlo), meno comprendo, se non rifacendomi – molto banalmente, lo ammetto – alla teratologia e alla psicopatologia. Però non mi arrendo: perché, parafrasando Marcello Marchesi (anche se l’attribuzione è controversa), milioni di mosche non possono sbagliare.

    In secondo luogo, sono curioso e, soprattutto, affascinato dall’orrido in tutte le sue manifestazioni.

    Metti insieme queste due tabi e potrai capire che non è masochismo – almeno, io non mi ritengo masochista.

    Ma non mi stupisce che tu mi giudichi così, invece: potenza del babelfish!

  • ClaudioLXXXI

    Però Berlicche, su un punto ha ragione lui: io posso leggere anche libri che disprezzo, non perché mi piace farmi del male, ma perché poi voglio criticarli con cognizione di causa… quanti ne ho letti così… argh.

    Manlio, il racconto dev’esserti proprio piaciuto, se citi il babelfish ogni due per tre. Lo prendo come un complimento.
    Non ho letto i libri di Costanza Miriano (non ancora, me li voglio autoregalare per Natale), perciò non sono preparato a una discussione specifica su di essi. Però seguo il suo sito e posso comunque dire di conoscere, seppur in certi limiti, il suo pensiero. Ecco perché il tuo giudizio su quello che pensa l’autrice mi lascia alquanto perplesso, perché quelle stupidaggini che tu le attribuisci sono molto molto lontane da quanto ho letto nei suoi post e articoli.
    Allora tre possibilità:
    1) Costanza Miriano soffre di dissociazione della personalità, su internet scrive una cosa e nei libri tutto l’opposto.
    Teoricamente possibile, ma molto improbabile, le avrebbero già fatto un TSO.
    2) sei un troll: non credi neppure tu a quello che dici, ma ti diverti ad andare su blog cattolici per innescare litigi e sviare le discussioni davvero interessanti.
    Possibile e non improbabile, visto il tuo cursus honorum su google e le offese ripetute con cui condisci i tuoi commenti.
    3) il tuo giudizio è un pre-giudizio. Avrai pure materialmente guardato ogni singola pagina di quei libri, ma non li hai davvero LETTI, proprio come non avevi davvero letto il commento di Berlicche nel post precedente, proprio come il giudice del mio racconto non ascolta davvero i suoi imputati. Hai preso qualche ironia dell’autrice su alcuni ricorrenti e criticabili vizi maschili, e il tuo cervello li ha trasformati nell’apologia entusiasta dell’uomo neanderthal e della moglie schiava.
    In tal caso, che ci discuto a fare con te? Tanto hai il babelfish incorporato, sostituirai tutto quello che dirò con qualsiasi scemenza tu voglia sentire, per confermare il tuo preconcetto sui cattolici malati mentali e il tuo compiaciuto complesso di superiorità sprezzante.
    Tua moglie ha ragione, è inutile che butti i soldi per comprare tutti quei libri che poi GUARDI MA NON LEGGI.

    Quando avrò letto i libri di Costanza avrò la risposta certa. Intanto, per non restare col dubbio, facciamo così: indicaci subito da dove, in quei libri, evinci che “L’uomo, per la Miriano, è un poveraccio mononeuronico”, “L’uomo della Miriano deve avere accanto a sé una donna sempre ben tenuta, perché ha bisogno di scopare”, e altre scemenze.
    Capitolo e numero di pagina, forza. Vogliamo il riferimento preciso per andare a controllare. Hic rodus, hic salta.
    Altrimenti tengo per dimostrato che non sei altro che un troll attaccabrighe, e puoi andare a disturbare altrove.

    PS la tua attitudine al pregiudizio (o alla provocazione maliziosa) si vede comunque alla fine del tuo commento, dove presumi che uno è giornalista RAI e “quindi” vive nell’agio economico, per forza, senza dubbio.
    Crassa risata.

  • Manlio Pittori

    Caro Claudio ’81,

    Costanza Miiano, Sposati e sii sottomessa, Firenze, Vallecchi, 2011 (ma traggo le citazioni dalla mia copia, 13. ed. 2012).

    Pagina 122: “Io purtroppo [ … ] continuo a sbagliare sempre le stesse cose, con il rischio della rottamazione a favore di una ventenne che incombe costantemente.”

    Pagina 175: rivolgendosi all’amica Stefania, stremata dalla cura dei figli: “non ti far prendere dall’ansia se [ … ] le gambe non sono lisce come seta (ti do massimo quindici giorni per rimetterti in carreggiata, però, prima che tuo marito cominci a fare gli occhi languidi alla signora del banco salumi).”

    Pagine 130-131: se interessa, ti puoi leggere l’obbligatoria apologia della donna che perdona il marito traditore, sull’ovvio presupposto che un uomo debba per forza tradire, prima o poi.

    Se l’italiano ha ancora un senso condiviso (cosa sulla quale non scommetterei un centesimo), la Miriano da per scontata una vita vissuta sotto la spada di Damocle della rottamazione a favore di una ventenne: dal che si desume che il suo cristianissimo marito non è alieno dall’idea di sostituire la moglie quarantenne con una giovincella sulla quale la forza di gravità non ha ancora compiuto i suoi danni irreparabili.

    E il marito dell’amica Stefania? Cieco e sordo di fronte alla stanchezza della moglie che alleva i loro figli (nella mitologia mirianiana l’uomo è per definizione del tutto incapace di collaborare al menage familiare e, seppur fosse capace, non né avrebbe né il tempo né la voglia), guarda con disgusto la gamba non depilata a perfezione di quella povera donna e, trainato dal suo amichetto dalla testa pelata, punta qualsiasi donna che sia stata da poco dall’estetista, fosse pure la signora del banco salumi – della quale però, essendo dietro il bancone, non credo sia agevole verificare la levigatezza degli arti inferiori.

    In quanto alla mononeuronicità del maschio, mi basterà citare una sola perla, tra le innumerevoli disseminate nel libro.

    Pagina 111: riferendosi a uno dei suoi figli, “appartenendo al genere maschile, ha anche lui una tara che è quasi universale. Il cervello gli si ottunde quando vede una palla che rotola.”

    Ti lascio con un ultimo gioiello, che è tra i miei preferiti.

    Pagina 222-223: dopo aver lamentato per l’ennesima volta la stanchezza atavica delle madri con a fianco mariti fancazzisti, “generalmente mio marito mi espelle a calci dal letto quando ormai sono in ritardo anche solo per portare i figli a scuola puntuali.”

    Capito, il furbo? Lui a letto e la moglie già a spadellare e a cercare paltò e pedalini.

    Bella la vita, per mister Miriano. O no?

  • Manlio Pittori

    Caro Claudio ’81,

    conosci Giacomo Santini? E’ stato giornalista sportivo della RAI fino al 1994 quando, causa elezione al Parlamento, è andato in pensione. Età del pensionamento: 53 anni; importo mensile della pensione: 9.200 euro lordi, che immagino corrispondano a 5.500 euro mensili circa.

    Se questo è l’importo della pensione, non farai fatica a immaginare l’importo dello stipendio che l’ha preceduta.

    Che faceva Giacomo Santini? Commentava in motoretta le gesta di Saronni e Moser.

    Ridi pure crassamente, caro Claudio ’81: sono soldi pubblici (quindi anche tuoi, tratti dalle tue tasse) quelli che l’ex giornalista RAI, baby pensionato, succhia allegramente da quasi vent’anni.

    9.200 euro lordi l’anno, da quando aveva 53 anni: ah, le crasse risate!

  • Manlio Pittori

    Ah, Claudio ’81, un’ultima cosa – per il momento: non ho mai né scritto né pensato che la Miriano faccia “l’apologia entusiasta dell’uomo neanderthal e della moglie schiava”.

    Ho scritto, e mi pare cosa del tutto diversa, che l’idea di fondo dell’uomo, della donna e dei loro rapporti è un’idea banale e caricaturale.

    Lei disprezza, anzi, l’uomo-Neanderthal e la donna schiava: ma ritiene che l’uomo e la donna siano, geneticamente e quindi irrimediabilmente e irreversibilmente, tutto natura e niente cultura.

    Mentre la realtà è un po’ più complessa ed è data, anche, dalla tensione e dalla lotta tra natura e cultura.

    La Miriano non apprezza quell’uomo e quella donna di cui tu parli: ma i suoi presupposti culturali non lasciano scampo e rendono inevitabile che la donna rimanga custode del focolare e l’uomo un soldatino semidecerebrato che porta a casa pane e companatico.

    Come vedi, mi hai attribuito l’esatto opposto di quello che penso (e che, immagino, pensa la Miriano).

    Te lo togli o no, ‘sto babelfish, Claudio ’81?

  • Manlio Pittori

    Scusa Claudio ’81 se interrompo un attimo le tue crasse risate, ma nell’ultima parte del mio intervento del 7 dicembre 2013 at 15:27 c’è un refuso: come specificato nella prima parte, l’ex giornalista RAI riceve 9.200 euro lordi al mese da quando aveva 53 anni, cioè da quasi vent’anni.

    9.200 euro lordi al mese, non all’anno. Al mese. Ogni mese. 9.200 euro. Novemiladuecento euro al mese.

    Scusa l’interruzione, puoi riprendere a ridere crassamente.

  • Manlio Pittori

    La rappresentazione del maschio come affetto da satiriasi o, che dir si voglia, ipersessualità, è una costante nel pensiero mirianiano. Anche nella sua ultima fatica (Costanza Miriano, Sposala e muori per lei, Venezia, Sonzogno, 2012) si può leggere, a pagina 24:

    “Ovviamente anch’io nei primi anni di matrimonio ho inanellato una serie di errori quasi esiziali, ho messo calzettoni da rocciatore in lana cotta per le serate intime invernali e sono andata a letto unta come un eschimese per improbabili trattamenti di bellezza (e comunque non era lardo, era il cremone norvegese, caro), per poi riprendermi appena prima che mio marito cominciasse a guardare con concupiscenza le signore del centro anziani.”

    Pagina 26: “Mio marito per me è sempre al primo posto, e sull’intimità con lui investo tempo ed energie, non è uno dei tanti impegni della giornata: trovo il tempo di mettere una calza autoreggente, di ascoltarlo con tenerezza, con attenzione, pure in una quotidianità fatta anche di mal di testa e polpettone bruciato.”

    Chiaramente la calza autoreggente è fondamentale. Le mogli dell’immaginario mirianiano (che, ovviamente, non puliscono culi alla casa di riposo, non si alzano alle 6 di mattina e non stanno 8 ore alla cassa dell’Esselunga, per poi correre a casa a badare ai figli) la sera sentono impellente il bisogno di infilarsi l’autoreggente da strofinare sotto il naso del marito che è sul divano a rivedere una partita della Maggica del campionato 1991-1992.

    Il rischio è che, senza l’autoreggente, il marito vada o a puttane o cerchi di ingropparsi la sessantaseienne del Centro anziani ancora passabilmente maneggiabile.

    Mia moglie (e molte altre mogli, a dar retta ad amici e conoscenti), che non essendo stata assunta alla RAI è costretta a lavorare, la calza autoreggente, la sera, me la stringerebbe a mo’ di nodo scorsoio attorno al collo: non per cattiveria, sia chiaro: è che la sera, le mogli normali, sono stanche.

    Le mogli della Valle Incantata Mirianiana, invece, la sera s’infilano l’autoreggente e fanno la danza dei sette veli.

  • Manlio Pittori

    Ah, dimenticavo: l’autoreggente si può infilare solo dopo una depilazione perfetta, mi dice l’amica Cinzia: quindi prima la depilazione, poi l’autoreggente. E una camicia in seta di Yves Saint Laurent sapientemente sbottonata sul reggiseno a balconcino, ce la vogliamo negare?

    Perché, non dimentichiamolo, dall’altra parte c’è mister Principio di Autorità che, stravaccato davanti all’LG 55EA980V SMART TV OLED 3D 55″ Full HD risoluzione 1920×1080, se sta a di’ che er gol de Turone era ‘bbono: a Maggica!

  • Manlio Pittori

    E questa? Che dici, Claudio ’81, non è una meraviglia?

    Da Costanza Miiano, Sposati e sii sottomessa, cit., pagina 172:

    “E certe attività che prima ti sembravano rotture di scatole, tipo buttare la spazzatura, adesso sono la cosa più rilassante della giornata [ …]. Sempre meglio che pulire il bagno, che con tre uomini in casa rischia di somigliare pericolosamente a quello di una stazione.”

    I “tre uomini in casa” della Miriano dovrebbero essere il marito e i due figli maschi, in età scolare: ma in base alla loro capacità di ridurre il bagno a una cloaca sono stati già promossi adulti per meriti fognari.

    Che i maschi si possano educare (o rieducare) a non pisciare sull’asse del cesso e a mettere i calzini fetidi nel cesto della biancheria sporca non è previsto, dalla nostra Autrice.

    Infatti, il Padre mirianiano, Unico e Certificato Testimone della Ferita, Supremo Incaricato della Rottura della Simbiosi con la madre e della Proiezione del figlio nella Società e nel Trascendente, perderebbe di autorevolezza se si abbassasse a sollevare l’asse del water durante la minzione; e – Dio ne scampi – nemmeno deve rimuovere le incrostazioni fecali che Egli lascia sui bordi della tazza durante l’evacuazione (solida o semisolida che sia). Parimenti, Egli è tenuto, per via del Suo Ruolo, a disseminare il bagno di calzini sporchi, tubetti di dentifricio semispremuti, mutande appallottolate, asciugamani fradici e, soprattutto, ad adornare il lavabo di schizzi del materiale secreto dalle mucose respiratorie. L’espettorato, per essere davvero Maschio, è solitamente sieroso, mucoso, vischioso e/o mucopurulento.

    Ovviamente i figli, per quanto piccoli siano, devono seguire le orme paterne e quindi collaboreranno con il Padre nel rendere più laido possibile il bagno.

    Alla pulizia, ovviamente, provvede la madre (in guêpière e babydoll, in onore di Sua Autorità Suprema) e, appena in età da raggiungere il bordo del lavabo, le sorelle.

    Per i più abbienti e per i giornalisti RAI è previsto l’impiego di fantesche, donne di servizio, serve e badanti.

  • pietro77

    povero Manlio Pittori mi fa tenerezza, il suo matrimonio deve essere veramente una schifezza e la sua vita di uno squallore insopportabile se opera questo palese transfert sulla vita della Miriano. Buon pro gli faccia.

  • ClaudioLXXXI

    Manlio, correrò a leggere le pagine incriminate, ma intanto questi brani che citi paiono proprio confermare la mia ipotesi n. 3.
    Non penso che tu non capisca l’ironia, penso che non te ne importi proprio: se devi attaccarti a qualcosa per giustificare il tuo astio, tutto fa brodo.

    Prendo atto che per te il caso deplorevole del singolo giornalista Giacomo Santini giustifica un giudizio all’ingrosso verso l’intera categoria.
    Ovvero, prendo atto che sei come il giudice del mio racconto: pieno di pregiudizi compiaciuti.

  • Manlio Pittori

    Bravo Claudio ’81, corri che ti fa bene. Poi, magari, fai leggere “le pagine incriminate” a qualche moglie con 2-3 figli che lavora (quindi non una giornalista RAI) e poi fammi sapere dove te la infila, l’autoreggente serale e la depilazione silk effect (e, soprattutto, dove ti infila l’ironia).

    Sei ridicolo, Claudio ’81: come tutti i tuoi correligionari (ho un’esperienza quarantennale di rapporti con i cattolici: non spacciarlo per pregiudizio, ti prego), di fronte a qualsiasi critica o opinione avversa, innestate il pilota automatico dell’astio e del pregiudizio. Siete più prevedibili della salivazione dei cani di Pavlov.

    In quanto ai miei “pregiudizi compiaciuti” nei confronti dei giornalisti. A parte il fatto che – da Santoro a Floris, da Fazio a Vespa, da Battista a Mimun (passando per i 550.000 euro l’anno di Minzolini) c’è una pletora di sedicenti giornalisti coperti d’oro, ti faccio sommessamente presente che “sui 622 dirigenti Rai, compresi i giornalisti, ce ne sono 58 che guadagnano più di 200mila euro l’anno. Quattro giornalisti Rai prendono più di 400mila euro l’anno, mentre la maggioranza dei colleghi assunti con qualifica dirigenziale prendono tra i 100mila e i 200mila euro (273 giornalisti). La fonte è un giornale (sic!) amico: http://www.ilgiornale.it/news/interni/rai-lite-sugli-stipendi-doro-ecco-i-guadagni-dei-dirigenti-930858.html

    Ancora sui miei “pregiudizi compiaciuti” nei confronti dei giornalisti. Ti lascio un estratto da un brano di Giorgio Gaber, una persona che ha segnato in maniera indelebile la mia vita:

    “Io se fossi Dio,
    maledirei davvero i giornalisti
    e specialmente tutti,
    che certamente non son brave persone
    e dove cogli, cogli sempre bene.
    Signori giornalisti avete troppa sete
    e non sapete approfittare delle libertà che avete,
    avete ancora la libertà di pensare
    ma quello non lo fate
    e in cambio pretendete la libertà di scrivere,
    e di fotografare immagini geniali e interessanti,
    di presidenti solidali e di mamme piangenti.
    E in questa Italia piena di sgomento
    come siete coraggiosi, voi che vi buttate
    senza tremare un momento:
    cannibali, necrofili, deamicisiani e astuti,
    e si direbbe proprio compiaciuti.
    Voi vi buttate sul disastro umano
    col gusto della lacrima in primo piano.
    Sì vabbè lo ammetto
    la scomparsa dei fogli e della stampa
    sarebbe forse una follia,
    ma io se fossi Dio,
    di fronte a tanta deficienza
    non avrei certo la superstizione della democrazia!”

    Giorgio Gaber fu invitato per un incontro al Meeting di Rimini nel 1985 e vi tenne un concerto nel 1991. Molto imbarazzato per quella specie di sintonia con CL, Gaber disse: “Mi hanno raccontato che l’ interesse nei miei confronti nasce da una canzone che ho scritto nel 1980, “Io se fossi Dio”. Un testo molto violento contro i partiti e la politica” (http://archiviostorico.corriere.it/1999/agosto/24/Gaber_affetto_dei_ciellini_imbarazza_co_0_9908241791.shtml).

    Che dici, giovine Claudio, dei giudizi di Gaber sui giornalisti? Pacate riflessioni scevre da pregiudizio?

  • Manlio Pittori

    @ pietro77

    Ti spiace se evito di commentare le tue parole? Un individuo che, senza conoscermi, si permette di definire il mio matrimonio “una schifezza” (coinvolgendo nell’insulto anche mia moglie, che è del tutto estranea a questa conversazione) e la mia vita “uno squallore insopportabile”, sfoggiando rudimenti di psicologia al cui confronto quelli di Maria De Filippi sono pura accademia, non merita una risposta.

    Merita uno scaracchio in faccia, e ringrazia il tuo dio che siamo diventati non violenti e non abbiamo i soldi per pagare gli avvocati.

    Altrimenti quattro schiaffoni ben assestati non te li leverebbe nessuno, razza di cialtrone miserabile.

  • ClaudioLXXXI

    BASTA COSÌ.

    Manlio, il commento di pietro77 è stato a dir poco acre, ma tu non sei nella posizione di atteggiarti a verginella oltraggiata. Hai vituperato a più riprese i cattolici, i giornalisti rai, hai sparato pregiudizi un tanto al chilo, e che adesso fai l’offeso?
    Chi rispetto chiede, rispetto deve dare. Se hai l’insulto facile, poi non lamentarti che sei facilmente insultato.

    Il prossimo commento contenente insulti, da parte di chiunque, sarà cancellato senza preavviso.
    Chi cerca il flame, vada ad appiccarlo da un’altra parte.

  • Manlio Pittori

    Claudio ’81,

    non so se ho vituperato (vituperato: meraviglioso!) a più riprese i cattolici: personalmente tenderei a escluderlo, ma trattandosi di individui suscettibili come pochi, non escludo che il loro babelfish abbia scambiato per vituperi banali considerazioni.

    Definirmi, poi, vituperatore di giornalisti – anzi, di giornalisti RAI – è straordinario, Claudio ’81: una verità assodata – cioè che i giornalisti RAI sono strapagati – diventa affermazione vituperabile e vituperevole, sul tuo blog.

    Sei un mezzobusto al GR regionale di Busto Arsizio, Claudio ’81? Hai anche tu, come il signor Miriano, la mogliera giornalista RAI?

    E poi avrei “sparato pregiudizi un tanto al chilo”: e quali sarebbero, questi pregiudizi, mio giovane padrone di casa? Dio solo lo sa: ho riportato citazioni testuali e dati di testate cattoliche, ma non basta. Probabilmente chez Claudio ’81 un fatto, per non essere immediatamente bollato come pregiudizio, deve essere vidimato dal Ministero della Verità e dalla Congregatio pro doctrina fidei.

    In quanto al commentatore “a dir poco acre”, gli consiglio di fare molta attenzione, in futuro: sono paziente, ho buona memoria e risorse insospettabili.

    Bene: mi metto comodo e attendo che tu o Belricche compulsiate i ponderosi tomi della Miriano, magari dopo aver dato un’occhiata alle pacate riflessioni di Giorgio Gaber (se penso che persino CL – no, dico: CIELLE! – aveva l’intelligenza e il buonsenso di invitarlo al Meeting senza nemmanco sognarsi di imputargli “giudizi all’ingrosso verso l’intera categoria dei giornalisti”, nonostante invettive di una durezza inusitata, viene da piangere, a leggere i tuoi gridolini scandalizzati. Da piangere, viene).

  • vincenzillo

    Lo spunto è molto interessante: un marchingegno che ci fa sentire solo ciò che vogliamo sentire.
    Concordo con Cecilia che forse, narrativamente, ci possono essere anche altri sbocchi. Se prometti di non denunciarmi, mi vorrei riservare il diritto di mettere mano, in futuro, su un’idea del genere. Così, senza impegno, eh.

    Il fatto di Costanza Miriano l’avevo letto sul Foglio: pura follia.

    A Scalfari va riconosciuta, almeno in parte, l’onestà intellettuale, leggendo il pezzo in cui si riporta la sua ripetuta richiesta di autorizzazione. Per altro verso, invece, è allucinante che lui possa credere davvero che il Papa relativizzi il bene e il male. Cioè, che pensi praticamente come lui.

  • Manlio Pittori

    “Chi non è cattolico deve andare in prigione e brucerà all’inferno”, dice l’imputato all’inizio del racconto di Claudio ’81.

    Deve essersi ispirato a qualche cattolico vero, il nostro Claudio ’81: vi sottopongo il seguente brano.

    “I non credenti, in genere, scelgono CONSAPEVOLMENTE di non credere. Questo significa che scelgono di non credere a Gesù Cristo ed ai suoi testimoni. Questa scelta non merita rispetto. Quanto ai non credenti, è vero che meritano rispetto, ma solo perché sono ancora in tempo per convertirsi. Chi, fino all’ultimo, rifiuta la conversione si danna e merita tutto il nostro più profondo e definitivo disprezzo. Chi, consapevolmente, rifiuta la fede non è ancora un dannato, ma ce la sta mettendo tutta per diventarlo. Chi cresce come le capre, purtroppo, quasi sempre, vuole essere capra. I non credenti, in genere, non meritano rispetto.”

    Chi è l’autore di una sì mirabile prosa? Tale Giancarlo, il 6 dicembre 2013 alle 19:29. E chi ospita questo capolavoro di carità cristiana? Ma nientepopodimeno che il blog di – guarda la coincidenza – Costanza Miriano (http://costanzamiriano.com/2013/12/06/il-jolly/).

    T’è capì, Claudio ’81? Non ci vuole il babelfish, per capire cosa pensano: lo pensano da soli.

    E non c’è stato nessun moderatore che ha fatto presente a quel gentile signore che il suo è un giudizio all’ingrosso verso l’intera categoria dei non credenti e che egli è pieno di pregiudizi compiaciuti: nonnò, non si son permessi disturbarlo con fastidiosi richiami.

    E dire che conosco personalmente gente che è stata esclusa dal blog della Miriano per aver scritto delle critiche o per aver espresso posizioni eterodosse: ne consegue che il buon Giancarlo piace, ai gestori del blog.

    Ecco. Adesso attendo che Gesù Bambini porti in dono a Claudio ’81 i due volumi della Miriano, così da – eventualmente – riprendere la discussione sul perizoma che le stanchissime mogli cattoliche devono far balenare davanti agli occhi del marito, per indurlo ad abbandonare il sofà e ‘a Maggica!

  • Marcoz

    @Manlio Pittori

    Ma davvero a lei interessa il rispetto dei credenti? Per esempio, a me (non credente) frega un beato nulla del rispetto del credente (e anche di quello degli altri non credenti, a dire il vero): forse sbaglio qualcosa?

    Saluti

  • Manlio Pittori

    @ Marcoz

    Mi tocca darle due risposte.

    La prima dipende da una speciale contingenza, cioè dal racconto immaginato dal nostro padrone di casa, secondo il quale solo grazie al babelfish i malefici laicolaicisti sentono, dal prigioniero cattolico, quello che vogliono sentire da un cattolico o quello che immaginano dica un cattolico (sulla base dei loro ignoranti pregiudizi), ad esempio “Chi non è cattolico deve andare in prigione e brucerà all’inferno”.

    E, niente avviene a caso, proprio sul sito di Costanza Miriano c’è un bel cattolicone che, tutto tronfio e pettoruto, proclama che “i non credenti meritano il più profondo e definitivo disprezzo, in attesa della dannazione eterna”.

    Quindi la prima risposta è: ho tirato in ballo il rispetto solo per dimostrare al nostro Claudio ’81 che basta grattare un po’ la superficie del cattolico-tipo per trovarci il fondamentalista-tipo.

    La seconda risposta, sganciata dalle pastoie delle presenti circostanze, è: fondamentalmente non me ne frega un accidente. A cosa serve il rispetto di gente che è convinta che Dio, dopo aver messo insieme questo po’ po’ di universo infinito, si intristisce se io, ogni tanto, mi faccio una seghetta? Siamo seri, se questi signori mi disprezzano me ne farò una ragione e sopravvivrò senza danni particolari.

    Però c’è anche da ricordare che questa gente vive accanto a me e la loro politica può collidere con la mia libertà: per questo cerco di metterli di fronte a quelle che a me paiono contraddizioni insanabili.

    Sforzo inutile, dice? E’ probabile. Anzi, quasi certo. Perfino Bernanos – che era Bernanos – glielo ha detto chiaramente:

    “Giratela pure come volete, i deicidi appartengono alla categoria dei devoti. No, giratela come volete, non si potrebbe mettere il deicidio tra i delitti comuni. È un delitto raffinato, il delitto anzi più raffinato, un delitto raro compiuto da preti opulenti, con l’approvazione dell’alta borghesia e degli intellettuali di quel tempo, che si chiamavano scribi. Potrete ridere, cari fratelli, non sono i comunisti né i sacrileghi che hanno messo in croce il Signore” (I grandi cimiteri sotto la luna, Milano, Mondadori, 1980, pagina 238).

    Glielo ha detto chiaramente, come stanno le cose, il loro Bernanos. Ma non capiscono, non c’è niente da fare: addirittura ci sono cattolici che hanno iniziato a idolatrare gli atei devoti….

    La ringrazio per l’attenzione e la saluto cordialmente.

    Manlio Pittori

  • ClaudioLXXXI

    Manlio, sei un provocatore e un bugiardo. Per vari motivi.
    a) Citare il caso singolo di un tizio qualunque, asseritamente cattolico, e pretendere di trarne conclusioni universali sul cattolico-tipo, dimostra ancora una volta che tu fai di tutta l’erba un fascio e sei pieno di pregiudizi grotteschi.
    b) Attribuire a un intero blog le conclusioni di un singolo commento, scritto da non si sa chi, che potrebbe anche essere uno che si finge cattolico (succede pure questo, qui è successo), è ridicolo. Dire che il blog della Miriano “ospita” quel commento è sleale, perché lascia presupporre una consonanza tra quel commento e il blog, cosa semplicemente falsa. Quel blog, come questo, come tanti altri, non “ospita” certi commenti ma li “tollera”, come io finora ho tollerato le tue scempiaggini, per la libertà di parola.
    c) Subito dopo quel commento, ci sono altri commenti che lo rimproverano e gli fanno presente che non è cattolico disprezzare chicchessia. Ma questo tu non lo hai scritto. Perché sei un falso, o perché hai il babelfish visivo e non li hai proprio letti? Cambia poco. La tua deduzione che “il buon Giancarlo piace, ai gestori del blog” è la calunnia di un bugiardo.

    Se ti sei comportato lì come hai fatto qui, grazie tante che ti hanno dato il benservito.
    Libertà dove possibile, autorità quando necessario.
    Vai a disturbare altrove, troll.

  • ClaudioLXXXI

    Vincenzillo, come scrive Gomez Dàvila (vado a memoria), un’idea appartiene non a chi la inventa ma a chi la esprime più compiutamente. Ergo prendi pure il babelfish e fanne quel che vuoi. Del resto io l’ho preso da Douglas Adams…

    Scalfari è un egocentrico, anzi, un egolatra. Te credo che poi la sua memoria ricostruisce involontariamente (se proprio non vogliamo credere al taroccamento deliberato) le parole del Papa, facendole “casualmente” coincidere con il magistero di Scalfari. Tanto, per il sommo Eugenio, è pur sempre parola del Signore.

  • Marcoz

    Grazie a lei, Manlio, per la risposta – la seconda – che mi interessava. Alla prima non so che esatto valore darle, avendo letto la discussione saltellando qua è là, e quindi non potendo farmi un’idea ponderata del confine che segna la fine del suo zelo critico e l’inizio della suscettibilità del credente (o, meglio, del cattolico).

    Devo pure ringraziarla per avermi dato l’occasione di leggere gli scritti del sig. Giancarlo, uno di quei personaggi che trovo davvero affascinanti (s’intende, così come l’entomologo è affascinato dagli oggetti delle sue osservazioni).

    Buona giornata

  • Monica

    Signor Manlio lei dice:

    “Sforzo inutile, dice? E’ probabile. Anzi, quasi certo.”

    Non solo inútile, lei scopre l´acqua calda. Giá San Paolo diceva “noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani”

    Il cristianesimo o é vero o é una fesseria. Per capirlo bisogna rispondersi una domanda che non ha una risposta verificabile. Gesú é risorto? Se potrá qualche giorno rispondere si, capirá il cristianesimo seno resterá sempre una follia per lei.

  • MP

    Mio giovine Claudio ’81,

    grazie.

    Grazie per avermi sbattuto fuori, con la supponenza e l’inciviltà tipiche dei fanatici religiosi, dal tuo blog. A volte mi dimentico di quanta gentaglia ci sia al mondo e, in più, mi faccio prendere dalla vis polemica: il risultato è una gran perdita di tempo a cercare di discutere con persone strutturalmente incapaci di discutere – tu ne sei il prototipo. Per fortuna voi fondamentalisti odiate il dialogo (di solito si odia quel che non si conosce e che si disprezza) e quindi la tua reazione belluina alle mie argomentazioni strutturate e documentate ha ottenuto ciò che il mio orgoglio (usato male, lo ammetto) mi impediva di fare: andarmene. Ah, che liberazione, che leggerezza! E quanto tempo in più per le cose che contano davvero – i figli, la famiglia, gli amici, la lettura, il cazzeggio.

    Grazie per aver – è la millesima volta, ma non è mai abbastanza – confermato la mia granitica e oramai quasi inattaccabile convinzione che i cattolici (a parte quelli non certi di essere depositari della Verità, che non so quanto siano davvero cattolici) sono incompatibili con la civile convivenza, con il buon senso, con la libertà e con la democrazia. Grazie per aver dimostrato, nella maniera più palese e volgare, la vostra debolezza culturale e dialettica, la vostra falsità argomentativa: quando non si sa rispondere a una critica, si elimina colui che critica. Ieri avevate mezzi più efficaci; oggi non vi resta che l’estromissione da un blog. Ragionare con voi è inutile: l’unica forma possibile di relazione è ignorarvi, se possibile, e contrastarvi con ogni mezzo nella sfera pubblica. Grazie per aver rafforzato la mia determinazione a ostacolarvi dove, come, quanto e quando sia possibile.

  • MP

    Gentile Monica,

    il padrone di casa ha decretato il mio ostracismo: non le posso rispondere. Però, se per decidere se il cristianesimo sia una fesseria o sia vero “bisogna rispondersi una domanda che non ha una risposta verificabile (Gesú é risorto?)”, mi pare che la decisione sia agevole: è una fesseria. Ma anche no: del resto, se “bisogna rispondersi una domanda [sic] che non ha una risposta verificabile”, qualsiasi risposta sarà possibile: non esiste verifica, quindi va bene tutto.

    Coraggio Monica, c’è di peggio: poteva finire sotto un burqa. Ma non disperi: la radice dei talebani e dei claudii è la medesima.

  • Monica

    No Manlio non va bene tutto. O va bene una risposta o l´altra. Come diceva Pascal non puoi non scommettere, dal momento che hai una coscienza sei obbligato a dare una risposta.

  • ClaudioLXXXI

    Monica, gentilmente, non tenere impegnato il disturbatore. Fallo andar via come ha detto.

    Marcoz, quel tale Giancarlo sarà anche personaggio affascinante, ma chiediti se è rappresentativo. Vedi da te che lì è stato subito redarguito e ignorato. Potrebbe perfino essere un fake. E dunque?

  • marcoz

    ClaudioLXXXI,

    sulla base della mia esperienza diretta, direi che il sig. Giancarlo non è rappresentativo, nei termini del problema sollevato da Manlio Pittori. Dico questo perché persone che conosco, e che si dichiarano cattoliche, sono distanti dalle posizioni dell'”insetto”.
    Tuttavia, il mio giudizio va preso con beneficio di inventario, perché non ho indagato se le persone di cui sopra – nel bene o nel male – sono “veri” cristiani o “veri” cattolici.

    [Comunque, il sig. Giancarlo non mi affascina per la mancanza di rispetto rivolta ai non credenti (che ci sta; pure io non porto rispetto per molte idee dei credenti), ma per le motivazioni che porta.]

  • ClaudioLXXXI

    marcoz, ho visto ora il tuo commento, non ho capito perchè Akismeth l’aveva messo in spam. Ti rispondo entro stasera.

  • ClaudioLXXXI

    Marcoz, il sig. Giancarlo (a meno che non sia un fake, sul web tutto è possibile) è uno che non ha capito granchè di cosa è cattolico e cosa no. La qual cosa gli è stata fatta anche notare su quel sito.

    Supponiamo che arrivi qui un ateo, o meglio uno che si presenta come tale, a sparare frasi del tipo “i cattolici andrebbero mandati tutti nei gulag” o “i cattolici sono tutti ladri, assassini, bugiardi, malati mentali: tutti quanti, dal primo all’ultimo”.
    Cosa gli diresti?

  • marcoz

    Gli direi che non sono d’accordo (a mio avviso, solo alcuni sarebbero da camicia di forza, ma non intendo fare nomi…). PComunque escludo che io possa porre questioni sulla sua rappresentatività, perché ogni ateo è tale a modo suo, ed è impossibile dire se il suo essere ateo sia più “corretto” del mio, per mancanza di modello di riferimento a norma. Al massimo, posso solo affermare che non credere in Dio non porta necessariamente a certe pulsioni nei confronti dei credenti, se l’ateismo non viene istituzionalizzato da una struttura di governo autoritario già di suo.

  • shostakovich

    Gli è però che una dottrina con pretese di salvazione e che inquadra tutta la diversificata dimensione umana in maniera totalizzante ed esclusiva (extra ecclesiam nulla salus) – ed è il caso del cristianesimo e del cattolicesimo in particolare – porta con molta naturalezza agli atteggiamenti del commentatore Giancarlo, che sono perfettamente cattolici nella sostanza. È stato redarguito per i toni smaccati da zelante atleta della conversione dei miscredenti, ma questo suo fervore aggressivo non è ignoto al cattolicesimo, anzi. I commentatori gli rimproverano i modi fieramente intolleranti ma sono d’accordo col princìpio che li ispira, sono della stessa presunzione. Una commentatrice, la stessa che sostiene ipocritamente l’argomento “non è cattolico disprezzare”, ha anche scritto “Anch’io conosco ragazzi che non battezzano i figli ma non è nemmeno colpa loro, sono cresciuti come le capre. Possiamo pregare per loro.” ed è tutto dire.
    Piuttosto, se Giancarlo viene ripreso dagli altri è per la diffusione – nel nostro occidente secolarizzato – dell’idea laica di tolleranza anche entro la categoria dell’appartenenza al gruppo religioso, princìpio che è diventato costume (spesso solo di facciata) nei paesi europei per lo più dopo le tragedie della SGM. Insomma, si tratta di un principio civile e costituzionale di base in una nazione moderna, per ragioni che sono più politiche che religiose: evitare l’inasprimento dei rapporti tra cittadini liberi in uno stato che garantisce tali libertà. L’opportunità è evidente e pragmatica, non meraviglia che tale principio – specie dopo il CVII – sia stato propagandato anche dalla dottrina cattolica come un elemento proprio della cattolicità: in qualche anfratto della Storia o della Scrittura si può sempre trovare un padre nobile (e cattolico) che esprima quell’idea o qualcosa di simile, et voila pronta la patente di autenticità che ne giustifica l’ingresso nella Tradizione, come se ne avesse sempre fatto parte e questo trucco appare anche credibile: un tipico errore di prospettiva quando si osserva il passato con lenti moderne.
    Insomma, Giancarlo è cattolico in tutto quello che dice – ha una prosa da vecchia e accorata esortazione* – ma come cittadino non si allinea al costume laico della tolleranza (onesta o solo apparente) mentre gli altri più o meno lo fanno, sono consapevoli che il costume civile lo richiede e in ogni caso possono argomentare che non è cattolico disprezzare (però sono delle capre).

    * […] Essi [i regnanti] potrebbero farlo [rendere propizio alla Religione il cuore di tutti i lor sudditi] col proteggere scopertamente la virtù, col disprezzare i miscredenti, tenendoli anche lontani da qualunque impiego […].
    (Discorso del Padre Gesuita Millot sul problema se sia più utile lo studio degli uomini che quello de’ libri, tradotto dal francese dal veneto avvocato Giovanni Battista Vidali, nobile, AD 1827)

    Qualche tempo fa, sul blog di Berlicche alcuni commentatori discutevano sull’ammissibilità del turpiloquio in certi contesti. Una blogger dichiarava di non poterlo tollerare e che su questo punto lei è tremendamente sensibile. Ora, cosa ella pensasse delle parolacce è un argomento che qui non ci interessa. Piuttosto, ne emergeva (così mi è parso) il ritratto di una personalità di civile gentilezza, magari un po’ legnosa, comunque l’opposto del commentatore Giancarlo. Sul blog della commentatrice, però, si torva questo interessante box:

    Linea editoriale
    “Tu mi domandi se sono allegro: e come potrei non esserlo? Finché la fede mi darà forza, sarò sempre allegro! Un cattolico non può non essere allegro: la tristezza deve essere bandita dagli animi cattolici. […] [La tristezza] è una malattia peggiore di ogni altra, e questa malattia è quasi sempre prodotta dall’ateismo”
    (Beato Piergiorgio Frassati)

    Ora, sta bene che si viva la fede come allegria e si discacci la tristezza come sua nemica. Però è interessante che, dopo l’omissis, venga riportato l’assunto pregiudizioso che l’ateismo produca quasi sempre tristezza. Va bene, la frase è una citazione, ma perché rimarcare questa contrapposizione infondata e presuntuosa? Non basta dire che la fede va vissuta con allegria? Ecco, malgrado la profonda diversità di modi fra il commentatore Giancarlo e la blogger, io ci vedo lo stesso seme, squisitamene (ma non esclusivamente) cattolico.

  • ClaudioLXXXI

    ogni ateo è tale a modo suo, ed è impossibile dire se il suo essere ateo sia più “corretto” del mio, per mancanza di modello di riferimento a norma

    Bravo Marcoz, mi piace molto questa frase, tanto più in quanto ex-ateo io stesso e dunque conosco l’argomento per esperienza personale. In effetti l’ateismo come concetto è alquanto misero, visto che si definisce solo in negativo. Hai proprio ragione: il “tipo” ateo, semplicemente, non esiste.
    Però non si può dire neppure che esista “il” tipo cattolico. Al contrario, ne esistono molti, ovviamente con precisi parametri base costanti (altrimenti non parleremo neppure di “tipologie”), ma con altri parametri invece variabili, diversi, diversissimi. E questo non perché non esista ciò che tu efficacemente chiami il modello di riferimento a norma; al contrario, proprio perché esiste ed è Cristo: cioè una persona divino-umana, una… come dire… persona infinita, con una personalità nella quale ogni attributo umano positivo è presente al massimo grado.
    Il fatto che Cristo sia “infinito”, mentre invece i cattolici sono ovviamente e umanamente finiti, di fatto fa sì che ogni cattolico riuscirà a prendere a modello Cristo in alcuni ambiti particolari più che in altri, insomma mai a 360° (quelli che più ci si avvicinano sono i santi, ma neanche loro del tutto). E allora avremo il cattolico più misericordioso che giusto, quello più giusto che simpatico, quello più simpatico che laborioso, quello etc. etc.
    Non può esserci invece il buon cattolico (sarà pure cattolico, ma non un buon cattolico) che è misericordioso ma non è giusto, quello che è simpatico ma non è laborioso, eccetera.
    Ogni cattolico è chiamato ad essere un altro Cristo, ma al tempo stesso ciascuno è chiamato ad esserlo a modo suo. La Chiesa è il luogo in cui tutti i diversi “tipi” di Cristo si incontrano. Una Chiesa fatta di cattolici tutti identici non può esistere, proprio come non può esistere un corpo umano fatto solo di piedi sinistri.

    Ecco perché, contrariamente a quanto crede il giudice del mio racconto, che boriosamente pensa di sapere già cos’hanno da dirgli i cattolici che interroga, e contrariamente a quanto credono certi troll in cerca di litigio, sui cattolici non si possono avere pregiudizi.
    Non è materialmente possibile: o si hanno giudizi, fondati sull’esperienza, o semplicemente non li si conosce proprio.

  • ClaudioLXXXI

    Shostakovich, forse c’è uno svarione logico nel tuo commento, perché dire le persone tristi sono quasi sempre atee non è la stessa cosa di dire le persone atee sono quasi sempre tristi. A è sottoinsieme di B ma non viceversa. Ma non so bene quale delle due intendesse Frassati, e onestamente la cosa manco m’interessa granchè, perché non ho nè tempo nè voglia d’impelegarmi nell’ennesima discussione sfiancante.
    Inoltrem pare sia maleducazione andare in casa di Tizio e mormorare su Caio: perciò, se vuoi criticare Lucia o i commentatori di Costanza Miriano, fai pure, ma ti incoraggio ad avere la decenza morale di andare sui loro siti e dir loro le cose in faccia, invece che sparlarne altrove.
    Buona fortuna ed evita pure di sprecare il tuo prezioso tempo a rispondermi ancora, io farò altrettanto.

  • shostakovich

    Claudio, ne ho parlato qua perché qua ho trovato una discussione su un tema specifico che prende spunto da commenti esistenti altrove, non è certo sparlare dato che queste persone non le conosco e mi limito a ciò che scrivono in funzione dell’argomento in discussione, difatti parlo di quello.
    Quanto alla frase di Frassati, prima di parlare a vanvera di svarioni, ti suggerisco di accendere il modulo di logica elementare e andare più a fondo nell’implicazione: vuol dire che la tristezza è prodotto praticamente (“quasi sempre”) esclusivo dell’ateismo, ovvero extra apostasiam nulla tristitia. Come se uno dicesse che non c’è pedofilia fuori dal clero cattolico: “i pedofili sono quasi sempre preti” e questo non vuol dire che tutti i preti sono pedofili, ma tu non lo accetteresti per ovvie ragioni. Per ragioni altrettanto ovvie la frase di Frassati è di quella presunzione che dicevo.

  • Berlicche

    Una piccola nota OT: il signor “Manlio Pittori” di cui sopra non è nient’altro che il famoso “Massimo” (Norberto, ecc ecc e parecchi altri nomi diversi ) che è intervenuto in diverse occasioni sul mio blog fingendosi cattolico e sparando giudizi terrificanti salvo poi rivelarsi per quello che è (memorabile quella volta che scrisse del povero zingarello che aveva appena visto a Milano…scrivendo dalla Puglia). Non so se “Giancarlo” esista veramente o no, ma…

  • Lucia

    Ehm… sperando di non ingenerare una lunga discussione off topic che magari spiace al padrone di casa, mi intrometto per spiegare il perché della “famigerata” citazione 😉

    Non so cosa volesse dire Frassati mentre scriveva questo passo, ma l’interpretazione che gli ho dato io partiva dalla considerazione esattamente opposta. Cioè: non “l’ateismo produce quasi sempre tristezza”, ma piuttosto: “un bravo cattolico sarà quasi sempre felice”. (La frase la mette al negativo, “se vedi qualcuno di profondamente infelice, allora non è un cattolico oppure è un cattolico a cui sfugge qualcosa”… ma a me non interessa tanto l’infelicità altrui, quanto più l’allegria dei credenti).

    A monte (della mia interpretazione, eh, non di quella di Frassati) c’è una concezione “religiosa” della tristezza che a me piace tantissimo, e che si trova in tanti medievali. All’epoca, la tristezza era intesa come un vero e proprio peccato, anzi un peccato gravissimo accomunato a quelli capitali (!); si diceva: ma se tu credi nell’esistenza di un Dio buono, che ti ama, che ha un progetto per te, che ti ha dato tutte le piccole e grandi cose che hai, che è arrivato al punto di farsi uccidere per la tua salvezza e che non ti abbandonerà mai… con che coraggio ti arroghi il diritto di essere davvero infelice? E’ ingratitudine bella buona, eh.
    Da cui, la convinzione che un bravo cristiano non può essere davvero triste nel profondo; e anzi, deve essere, non dico “allegro e spensierato”, ma almeno “gioioso e sereno”.
    (Da cui… se vedi uno che è profondamente e disperatamente triste, delle due l’una: o è un credente che, abbagliato dalla disperazione, non riesce a percepire appieno gli straordinari doni che gli sono stati dati (cosa che capita, eh); oppure è un non-credente, che forse forse è l’unico che può “permettersi il lusso” di essere veramente triste. Non perché l’ateismo conduca automaticamente alla tristezza, ma perché posso capire che, se sei un ateo, se tutto ti va male, se credi che non ci sia un disegno superiore sulla tua vita, se ti convinci che a nessuno al mondo importi di te e che tutto ormai sia perduto per sempre… beh: hai sicuramente molti mezzi per uscire dalla tua depressione, però riesco anche a capire le circostanze per cui ci sei entrato. Un credente, a rigor di logica, non dovrebbe mai sentirsi così disperatamente smarrito).

    Ma a me, appunto, non interessava puntare il dito sugli atei tristi, nè tantomeno volevo dire che tutti gli atei sono intrinsecamente depressi (LOL, sarebbe ben idiota come affermazione 😀 ). Semmai volevo sottolineare la cosa opposta: se sei cattolico e credi in un Dio infinitamente buono che ti ama, dovresti provare a domandarti se davvero c’è ragione per sentirsi così profondamente solo e senza speranza.
    (A dirla tutta, della frase in realtà mi interessava ancor di più la parte prima: “la tristezza è una malattia peggiore di ogni altra”).

    A esser proprio sinceri, avrei preferito anch’io una frase tipo “la tristezza è una malattia peggiore di ogni altra, e un cattolico non dovrebbe nemmeno conoscere questo sentimento”. Ma purtroppo Frassati non ha scritto così, e gli altri brani della sua lettera non mi sembravano incisivi come questo 😛

    ****

    EDIT subito prima di postare, ché poi mi dicono che son poco misericordiosa coi cattolici tristi 😛
    Qui ovviamente l’ho messa giù in toni un po’ “estremi”, quelli che userei con una mia amica che passa un brutto momento e che ha bisogno della classica secchiata d’acqua fredda in piena faccia per scuotersi dalla sua disperazione e guardare la sua vita con un po’ di obiettività.
    Ovviamente ci sono tanti cattolici infelici, e questo non li rende dei cattivi cattolici: però, se io avessi una amica in queste condizioni, cercherei di darle una scossa e aprirle gli occhi anche usando le argomentazioni di cui sopra. Diciamo che per un cattolico è più facile, perché se ci pensi un attimo vedi che, davvero, non c’è ragione per perdere la speranza; per un ateo, temo che (in alcuni casi: ovviamente varia da persona a persona) possa essere meno immediato arrivare alla stessa consapevolezza.
    Come a dire: un ateo triste posso “giustificarlo”, un cattolico triste no. Detto con infinito affetto (al cattolico depresso, dico, non a Shostakovich): eddai, pensa alle fortune immense che tu sai di avere, e chiediti se, al confronto, i tuoi guai sono davvero così tremendi!

  • Denise Cecilia S.

    Io invece devo dire che la citazione di Frassati l’ho sempre apprezzata per entrambi i fattori, ed anzi, la troverei incompleta se oltre che dei cattolici felici non parlasse degli atei tristi. O meglio: dei tristi atei, seguendo il ragionamento su insieme e sottoinsieme di Claudio; che condivido.

    Per la verità, non mi sono mai posta questo problema: dando per scontato che bisognerebbe chiarirci di quale felicità e tristezza parliamo (in questo senso il tuo ultimo commento, Lucyette, è fondamentale: Frassati si sarà pure espresso con “gaia leggerezza”, un po’ come Filippo Neri no?, ma non credo si riferisca all’allegria superficiale o alla gioia qualunque, quanto piuttosto alla felicità piena che solo Cristo può dare, ed alla dis-perazione reale che nessuno, che resti vicino a Dio sostanzialmente e non nominalmente, prova davvero); dando per scontato questo a mio avviso – e nella mia esperienza – non tutti gli atei sono “tristi” (leggi: incompiuti), ma tutti i veri tristi sono atei, nel concreto se non professi.
    Di fatto quel “quasi” della citazione, per me, non avrebbe ragion d’essere se non per coprire una casistica ben precisa: quella di chi vive già “come se” fosse di Cristo, pur collocandosi idealmente altrove. Anche nell’altrove spinto che è l’ateismo. Cristiani ignari di esserlo, in pratica; più o meno sovrapponibili al sottoinsieme “persone di buona volontà (non tecnicamente cristiane)” 😉

    Detta più semplicemente e rozzamente, senza puntini sulle i, sul piano ontologico (la sparo grossa, ma mi pare corretto) in-felice è proprio ciò che, peccando, progressivamente si allontana da Dio. Punto.
    E cosa dovrebbe dare più infelicità dell’ateismo vero e proprio, che non sia un semplice gioco identitario? Nulla, direi.
    Se affermassi che in Dio c’è pienezza di felicità, ma non ricordassi anche l’opposto, racconterei una mezza verità. (Non serve ricordarlo qui, dove Claudio spesso e volentieri insiste sulla correzione fraterna e sui danni derivanti dall’omissione della verità. ecc.) Dunque no, per me non è proprio la stessa cosa prendere quella frase nella sua prima metà, o prenderla per intero.

  • Federico Fasullo

    Solo una nota logica

    perché dire le persone tristi sono quasi sempre atee non è la stessa cosa di dire le persone atee sono quasi sempre tristi. A è sottoinsieme di B ma non viceversa.

    No, è esattamente dire la stessa cosa. Non si tratta di sottoinsiemi perché la frase ammette “atei felici” e anche “cattolici infelici”. Si tratta di intersezioni di insiemi. Quindi prendiamo un elemento “X” questo può appartenere all’insieme F (persone felici) e all’insieme A (persone atee). Se dici in generale una persona che appartiene ad A non appartiene anche ad F è vero anche il contrario ovvero che in genere una persona che appartiene ad F tendenzialmente non appartiene ad A lasciando intendere che una persona che appartiene ad A e ad F è una mosca bianca esattamente come una persona che non appartiene né ad A né a F.

    Detto questo, a me quella frase non mi fa né caldo né freddo, mi sa di pregiudizio e non mi interessa discuterne. Mi accontento anche della spiegazione di Lucia che a livello teorico funziona. Ma di nuovo “a naso” mi sembra un po’ lontana dalla realtà.

    Un saluto.

    FF

  • shostakovich

    Federico, il ragionamento insiemistico, in questo caso, è insufficiente (vale per te e per Claudio). Mi spiego: se si fosse trattato di affermazioni universali del tipo “tutti gli infelici sono atei” e “tutti i cattolici sono felici”, basterebbe un solo elemento fuori categoria per negare l’universalità di quelle affermazioni. Claudio puntava su questo, ma non è dell’universale che stavo parlando io.

    Poiché c’è un “quasi”, siamo fuori dalle asserzioni generali propriamente dette. Parlando d’insiemi, si dovrebbe dire che l’insieme delle persone tristi è sottoinsieme quasi tutto contenuto nell’insieme degli atei. L’approccio corretto per interpretare la frase, secondo me, è quello probabilistico. Secondo Frassati (ed altri), la tristezza è quasi sempre generata da ateismo, vale a dire che se incontri una persona triste a caso c’è una probabilià pochissimo inferiore a 1 (quasi sempre, quasi il 100%) che sia un ateo. È credibile? È realistico? Secondo me né l’uno né l’altro, è un pregiudizio, per quanto lo si possa mascherare con discorsi apologetici sul nesso (asseritamente necessario e doveroso) tra fede cattolica e felicità. Anche questo non è molto realistico, dovremmo prenderlo più come un’esortazione che come una verità fattuale.

    Federico, considera questo. Cecilia dice:

    Se affermassi che in Dio c’è pienezza di felicità, ma non ricordassi anche l’opposto, racconterei una mezza verità.

    Ma l’opposto non è “lontano dal dio cattolico c’è tristezza”, non lo è finché logica e verità non saranno parole da usare a piacere a maggior gloria della propria setta e a disdoro di chi ne sta fuori. Servirebbe un’assunzione in più: “solo nel dio cattolico c’è felicità”. Per poter affermare una cosa del genere ci vuole, insomma, la presunzione che la felicità – comunque intesa – conosca una sola fonte, guarda caso la propria. Si può arrivare a generalizzare, passando dalla fonte della felicità a quella della verità, della dignità, della bontà… Se il dio cattolico è dichiarato come la fonte esclusiva, è naturale che il cattolico ragioni giancarlescamente (o cecilianamente): meno sei cattolico, meno sei felice, veritiero, degno, buono…

    Orbene, io vedo una certa differenza tra l’onesto sentire con soddisfazione la pienezza della propria fede (Lucyette argomenta soprattutto su questo punto e non ho da obiettarle granché; dalla sua ha anche il fatto che la tristitia o melancholia – pure in forme che oggi considereremmo più affini alla depressione clinica – è stata considerata un vizio capitale, una tentazione demoniaca, teste il monaco Evagrio Pontico) e la pretesa che fuori di essa non possa esserci, salvo marginali eccezioni, quasi niente di buono. Non è forse naturale, per chi non sposa quella fede, reagire a tanta protervia? In fondo, non si tratta di controbattere che la fede non porti felicità (o verità, dignità, bontà), bensì che è falso affermare quello che Cecilia chiama “l’opposto”. Uno può anche convincersi che sia così, che solo la fede porti cose buone, ma come risponderebbe costui innanzi ai controfattuali? Il cattolico infelice viene rubricato tra i fedeli tiepidi (quelli da vomitare)? Il non cattolico felice (o buono, degno ecc.) diviene irrilevante (il “quasi sempre” di Frassati lo implica), oppure si può disprezzarlo, togliergli valore, dicendo che non è autenticamente felice, buono o degno? Comunque la si giri, per me ciò nasconde un pregiudizio irritante, non può che alimentare risposte da parte di chi ne è oggetto e intende difendersene. Diverse cose che scrivi a Berlicche, a mio parere, sono una lecita reazione di questo tipo.

  • Federico Fasullo

    Sho, secondo me abbiamo detto la stessa, approccio insiemistico o probabilistico. E soprattutto concordo con

    “È credibile? È realistico? Secondo me né l’uno né l’altro, è un pregiudizio”

    E’ che non volevo entrare in questo discorso proprio perché mi sembra una sciocchezza. Sono intervenuto solo dove avevo visto un passaggio logico errato.

  • Tristezza e gioia | Il pubblicano

    […] riallaccio a quanto riportato in questo commento, a firma di Lucia, per sviluppare ciò che viene […]

  • Berlicche

    Per verificare se un’affermazione è credibile e realistica c’è solo un modo. Sperimentare.

    Propongo agli estensori del giudizio di fare un giro presso conventi, opere caritative, magari un giretto a S.Pietro, laddove ci siano cristiani veri e non di facciata e verificare se e quanto siano lieti. Quindi fare lo stesso presso i rave o feste trasgressive o raduni di atei per lo sbattezzo.

    Davvero, eh? E così verificare chi la sciocchezza l’ha detta, chi il pregiudizio ce l’ha.

  • shostakovich

    Berlicche, che c’entrano i rave party e le feste trasgressive con i raduni per lo sbattezzo? E i conventi di quale mondo sarebbero rappresentativi, quello vasto e multiforme dei credenti? Il convento ha in sé l’idea di una comunità che si isola dal resto del mondo, con regole sue proprie… E che lì vi sia sola letizia è molto dubbio. Le opere caritative (esistono solo cattoliche?): sono felice perché aiuto altri più sfortunati (e infelici) perché mi fa sentire meglio. La filantropia, certo.

    Ma poi, perché quelli che si sbattezzano dovrebbero essere degli infelici? Che giri hai fatto tu? Anche le feste trasgressive (in quanto tali sarebbero feste atee?) devono essere per soli infelici? In base a quale pregiudizio? Ma i rave party, poi, che c’azzeccano?

    Certo che il mondo del tuo immaginario è molto strano.

  • manuela

    buongiorno. ho seguito ho pò il vostro blog e la prima e unica cosa che mi viene da dirvi è che mi è sembrata ingiusta l’espulsione di manlio pittori. non mi pareva avesse fatto nulla di così grave da meritare di essere espulso, tanto più che così facendo non avete risposto alle sue obiezioni su costanza miriano. le sue obiezioni mi pareva fondate e documentate e non contenevano insulti. l’espulsione squalifica il blog e io lo abbandonerò subito, perché mi sembra un posto per intolleranti.e siccome al mondo di intolleranti ce ne sono fin troppi spero di trovare persone capaci di discutere e non di comportarsi da gente che non sa neanche cosa sia il dialogo. grazie e addio. manuela.

  • manuela

    e perchè non mi pubblicate?

  • ClaudioLXXXI

    I commenti sono stati puliti da Akismet perchè, chissà come mai, hanno lo stesso IP usato da Manlio Pittori, perciò esiste la fondata possibilità che tu sia lui. Ove non fosse così, ti rispondo: io dialogo con tutti e il contraddittorio è sempre benvenuto. Ma MP ha insultato a più riprese i cattolici (tutti malati mentali), i giornalisti RAI (tutti fannulloni), ha calunniato un altro blog, e si è meritato uno dei rarissimi ban mai inflitti su questo sito.
    Se poi questo posto continua a non piacerti, “manuela” o chiunque tu sia, vattene pure e ce ne faremo una ragione.

  • sweety

    Bellissimo racconto! Davvero. E pure vero. Io questo babel fish ce l’ho costantemente nelle orecchie, temo…
    L’avevo letto tempo fa sul blog di Costanza Miriano, e per vie traverse di Internet sono arrivata qui solo ora.
    Io leggo da tempo il blog di Costanza Miriano, e ho a riguardo sentimenti contrastanti (non ho letto i libri, perciò non ne parlo). Sono cattolica, del tipo da messa quotidiana e confessione settimanale, però spesso non mi convicono i toni di quel blog – per quanto io sia d’accordo con le tesi di fondo. Un po’ mi spaventa l'”idolatria” (del tutto non cercata, di questo ne sono convinta) nei confronti di Costanza, un po’ mi spaventa l’intolleranza e l’aggressività che leggo in tanti commenti. Questo succede anche su altri blog cattolici. Io capisco che stiamo tutti sotto pressione, che il momento storico è difficile, e che davanti a certe provocazioni la voglia di mandare la gente a quel paese è tanta (io stessa mi copro il capo di cenere, ahimé)…ma proprio per questo ho paura di un chiudersi sulle proprie posizioni che alla fine si rivela anti-caritatevole. Mi pare che sul blog di Costanza, nei commenti, a volte ci siano troppo un “trattare male” i (veri o presunti) troll, o semplicemente i diversamente pensanti (ma magari sono io che esagero). E temo che ogni tanto anche noi cattolici ce lo mettiamo, questo babel fish.
    Personalmente, ho sperimentato che l’unico modo per togliere il bf dall’orecchio di qualcuno è di amarlo molto: i miei amici anticlericali possono pure disprezzare la Chiesa, però amano e apprezzano me (immeritatamente, probabilmente 😉 ) e così hanno un po’ di stima in più verso Dio e la Chiesa. Un po’ quello che fa Papa Francesco. Le polemiche mi pare lascino il tempo che trovano…e la cultura che io definisco pseudo-cattolica alla Langone mi sembra una delle cose più deleterie per il cattolicesimo italiano che abbiamo prodotto negli ultimi vent’anni.
    (Anche se forse sono io che esagero, ancora una volta).
    Vabbè, scusa i deliri notturni! Non è un commento molto costruttivo, ma a me ogni tanto la blogosfera cattolica da una parte risolleva dall’altra mi inquieta un po’, e rileggere la serie di commenti di Manlio mi ci ha fatto ripensare.
    Grazie del bel raccontino, e arrivederci!
    (A proposito di blog cattolici, il blog di Lucyette è una delle cose migliori che Nostro Signore ha regalato alla blogosfera italiana, e alla sottoscritta quando giace in un letto di dolori influenzali come ora, vorrei far notare en passant 😉 ).
    Un caro saluto!

  • Ciccio

    Vogliamo il blog!!

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