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Le parole sono importanti

LE PAROLE SONO IMPORTANTI

 
 
Immaginate di dover disputare un incontro sportivo, diciamo una partita di calcio. Arrivate al luogo designato e scoprite che le linee del campo da gioco, l’area di rigore la distanza tra i pali eccetera, sono state tracciate dal vostro avversario. A suo vantaggio, s’intende. E questo vi dà fastidio, perché il campo da gioco è importante.
Dovete partecipare a una competizione musicale e scoprite che siete obbligati a utilizzare degli strumenti forniti dai vostri concorrenti; voi provate e riprovate questi strumenti e c’è sempre qualcosa che non va, che non funziona come vorreste, che vi lascia insoddisfatti, e questo vi dà molto fastidio. Perché gli strumenti sono importanti.
Dovete discutere un argomento, volete sostenere una certa tesi, e scoprite che le parole comunemente usate nell’ambito di quell’argomento sono già “inclinate” verso la tesi opposta alla vostra, hanno un significato che implicitamente o esplicitamente comunica quello che voi non volete comunicare, o quantomeno lo suggerisce; e allora vi chiedete chi e come e quando e perché ha lasciato passare nell’uso corrente del linguaggio quel significato, e questo vi dà molto fastidio.
Perché le parole sono importanti.
 
Un esempio: il “creazionismo”.
Nel post precedente ho affermato che Darwin, almeno fino a quando scrisse e revisionò l’Origine  delle specie, era creazionista, perché negava il creazionismo fissista – tutte le specie create fisse ed immutabili singolarmente una ad una – e proponeva un diverso tipo di creazionismo basato su evoluzione e selezione – il Creatore crea la prima creatura e poi la fa evolvere per selezione naturale attraverso il piano temporale della creazione.
Tuttavia, mi è stato fatto notare che dire semplicemente che Darwin era “creazionista” genera legittime perplessità, in quanto oggigiorno per creazionismo s’intende usualmente l’idea che le specie siano state create una ad una, cioè appunto il creazionismo fissista preso di petto nell’Origine  delle specie. Dato questo significato, definire Darwin creazionista è allora una contraddizione in termini e io ho sbagliato a usare a cuor leggero una parola già carica di un preciso contenuto semantico.
Questo però mi spinge a notare che limitare il significato del termine creazionista soltanto ad una variante del “come ha fatto il Creatore a crearci”, ovvero quella più scientificamente impresentabile (tutte le specie una ad una), ha l’effetto collaterale (?) di lasciare “scoperta” l’altra variante, quella dell’evoluzione come strumento secondario di creazione, che poi è proprio il sostrato teologico dell’Origine delle specie. E ciò, unitamente alla diffusa ignoranza su cosa veramente abbia scritto Darwin a proposito del Creatore, fa sì che si sia portati a credere ad una sorta di dualismo manicheo “creazione VS evoluzione” che è del tutto fasullo ed ingannevole.
E a questo punto io mi trovo in una posizione assai scomoda, perché quando mi chiedono se sono creazionista, o rispondo “no”, per poi lanciarmi subito dopo in una dissertazione sulla creazione attraverso l’evoluzione che probabilmente molti interlocutori troveranno tediosa e/o incomprensibile, oppure rispondo “” e mi preparo ad essere guardato come si guarda un pazzo fondamentalista (tipicamente l’idea che si ha dei negatori dell’evoluzionismo).
La terza opzione sarebbe quella di ribellarsi a un’accezione così limitante del termine “creazionismo” e spingere per ampliarne il significato, insistere a considerarlo un insieme che può ben comprendere due sottoinsiemi diversi quali “creazionismo fissista” e “creazionismo evoluzionista”, come i leoni e le tigri che sono entrambi felini o i milanisti e gli interisti che sono entrambi tifosi di calcio. Ma può un uomo solo mettersi contro il vocabolario?
 
Naturalmente, si potrebbero portare altri esempi.
Pensate ad una parola come “rinascimento”: un vocabolo per indicare un periodo storico che sottintende immediatamente un giudizio di valore negativo sul periodo che l’ha preceduto. Se io volessi sostenere la tesi che il periodo pre-rinascimentale non fu affatto così orribile come generalmente si pensa, avrei la grossa difficoltà di essere costretto ad usare (costretto non con le armi, ma dalla necessità di farmi capire da chi condivide con me il linguaggio, a meno di non voler usare ogni volta lunghe e complicate perifrasi) una parola che mi contraddice subito.
“Medioevo” è un’altra parola del genere. “Età che sta di mezzo”? E che significa, posto che ogni epoca sta tautologicamente in mezzo tra quella che viene prima e quella che viene dopo?
“Laici” è al centro di una profonda contesa terminologica tra i cattolici e coloro che oggi sono comunemente definiti “laicisti” – un uso che si è affermato solo di recente, ricordo benissimo che fino a pochi anni fa era una parola nel linguaggio comune ancora quasi sconosciuta – che peraltro a me non piace neanche tanto particolarmente, perché lascia intendere che il laicismo sia la degenerazione della laicità, e invece io sostengo che è qualcosa di affatto diverso – e lo so, come sono incontentabile.
 
 
Insomma, le parole sono fondamentali, e non è necessario essere un Proust o un Tolkien per capire perché: sono contenitori di significati, veicoli di idee. Chiunque, pronunciando una parola, accetta implicitamente l’eredità di chi l’ha creata e usata prima di lui. Le parole sono bottiglie di vetro che galleggiano sul tempo e trasportano mappe di un tesoro chiamato pensiero. Le parole sono molto importanti.
Attenti alle parole che usate. Una parola usata sconsideratamente, senza pensare al suo significato, può avere conseguenze terribili.

 
 


Dio e Charles Robert Darwin

DIO E CHARLES ROBERT DARWIN

 
 
Era da tempo che mi ripromettevo di leggere direttamente Darwin: volevo controllare con i miei occhi se fosse davvero stato quel pioniere dell’ateismo scientifico e dell’evoluzione casuale che uno s’immagina leggendo certa vulgata darwinista o neodarwinista. Pensate dunque alla mia gioia quando ho comprato l’edizione mammut della Newton Compton, che è quasi ottima e in appena 1369 pagine per soli € 14,90 comprende le seguenti opere:
–   Viaggio di un naturalista intorno al mondo, pubblicato nel 1839 e poi nel 1845;
–   Abbozzo dell’origine della specie, scritto nel 1842 ma non pubblicato;
–   Saggio sull’origine della specie, sviluppato nel 1844 sulla base del precedente e parimenti non pubblicato;
–   Comunicazione alla società Linneana del 1858;
–   L’origine delle specie per selezione naturale (la prima edizione del 1859 integrata dalle modifiche della sesta edizione del 1872);
–   L’origine dell’uomo e la selezione sessuale, pubblicato nel 1871;
–   Autobiografia (questa è l’unica delusione del volume: deve evidentemente trattarsi di un estratto e non dell’opera completa, perché sono soltanto 44 pagine, inverosimilmente poche; mi dovrò procurare un’edizione singola dell’autobiografia).
 
Insomma, me lo sono letto tutto, e il risultato è stato una sorpresa.
Darwin infatti, quando ha inventato il darwinismo, era creazionista.
Dico sul serio. Nell’Origine delle specie (in misura maggiore nelle versioni preliminari, in misura minore ma persistente nella versione definitiva) l’autore esprime più volte concetti che oggi chiameremmo di disegno intelligente. Darwin parla di un Essere che opera sulla natura come fa l’allevatore umano con i suoi animali, ma ad un livello molto più alto e sulla scala di ere geologiche; seleziona, progetta, prepara le cause e le cause delle cause per ottenere il fine desiderato. Ricorre ripetutamente il paragone tra la selezione naturale e la gravitazione universale: come il Creatore non muove singolarmente ogni particolare corpo celeste, ma ha creato la legge di gravità ed è in base ad essa che tutti i pianeti orbitano, allo stesso modo questo Creatore non ha dato vita singolarmente ad ogni specie con un atto distinto di creazione, ma ha infuso la vita in un essere originario e poi l’ha fatto sviluppare attraverso la selezione naturale, la quale è uno “strumento secondario di creazione”. La classificazione delle specie viventi diventa allora una genealogia, e questa darà all’uomo la comprensione dell’ordine temporale in cui si è svolto “il piano della creazione”.
Insomma Darwin – che prima di imbarcarsi sul Beagle e fare lo scienziato naturalista, ironia della sorte, prevedeva di diventare un ecclesiastico – si muove ancora in una concezione ben inquadrata della scienza, che è quella cristiana: l’universo non è un’illusione dei sensi e neppure il prodotto incomprensibile di una divinità imperscrutabile, l’universo è una struttura creata da un Logos e perciò ordinata e intellegibile e l’uomo può e deve studiarla, capirla, ammirarla.
Nell’Origine dell’uomo Darwin non si pronuncia più sull’esistenza di un Creatore (salvo osservare che questa è stata affermata dai “più alti intelletti mai esistiti”), probabilmente perché era già diventato o stava diventando agnostico – o almeno così mi hanno detto, ma disgraziatamente l’autobiografia del volume è monca e non parla delle sue convinzioni religiose finali. Ciononostante esamina la religione da un altro punto di vista, quello del suo ruolo nello sviluppo dell’uomo. Altra sorpresa: altro che il meme di Dawkins, altro che il virus deleterio che rincretinisce la gente! Per Darwin la religione è un fattore altamente positivo, come aveva già espresso nel Viaggio di un naturalista in cui aveva esaltato l’introduzione del cristianesimo nell’emisfero meridionale ed elogiato il lavoro dei missionari come degno della più grande gratitudine (un sentimento che forse permaneva anche quando scrisse l’Origine dell’uomo, in cui criticava il celibato cattolico ma riconosceva altri grandi meriti alla Chiesa). L’uomo è diverso dagli animali “per grado ma non per genere”, ovvero le facoltà mentali sono qualitativamente le stesse ma ad un livello di sviluppo esponenzialmente superiore; le facoltà mentali non comprendono solo quelle intellettuali, ma anche le facoltà morali, che sono strettamente connesse agli istinti sociali e a ciò che lui chiama “simpatia”; la religione, in quanto fattore di garanzia e sviluppo della morale, ha contribuito a far sviluppare le facoltà mentali dell’uomo e farlo arrivare all’apice evolutivo. Insomma, il sorgere del sentimento religioso e il suo svilupparsi fino alla forma più alta, “un Dio che odia il peccato e ama la giustizia”, è progresso.
 
Insomma: non so voi, ma per me questo Darwin originale, un bel po’ diverso dal profeta del “nulla ha senso” che ci propinano di qua e di là, è stato un piccolo shock.
 
Ora però, cari lettori, dovete affrontare un piccolo problema gnoseologico. Io vi ho descritto quello che ho trovato in questo libro: ma a voi chi lo dice che vi ho detto la verità? E se avessi mentito? E se mi fossi inventato tutto perché sono un cialtrone e sono disposto a mentire e falsificare pur di convincervi? Che fate, spendete anche voi i quattordici euro e novanta e vi leggete le milletrecentosessantanove pagine per controllare che non ho sparato fesserie, oppure vi fidate? Io vi suggerirei sommessamente di fidarvi, ché prima o poi uno dovrà pur fidarsi di qualcuno e credere a qualcosa, è letteralmente impossibile passare la vita a controllare tutto-tutto quello che ci dicono. Ma fidarsi come? E poi, perché fidarvi proprio di me che vi descrivo Darwin in un certo modo, piuttosto che, tanto per dire, della descrizione dell’origine delle specie che trovate sul sito dell’UAAR e che è all’opposto della mia (“Darwin confuta le tesi creazioniste, Darwin respinge il piano della creazione”, etc.)? Quando non volete o potete controllare con i vostri occhi e sentite due campane opposte, come fate a scegliere di chi fidarvi? Tirate una monetina, optate per la versione che vi fa sentire meglio con voi stessi, vi basate sulle precedenti prove di affidabilità, o che cosa? È un bel problema, lo capisco; dopotutto io sono cattolico, dunque sono consapevole del mio credere e ci ragiono molto sopra, e so che fidarsi non è una sciocchezza ma una cosa seria e impegnativa che richiede un atto cosciente della persona nella sua totalità; non si può credere ciecamente, non si può essere creduloni.
Allora guardate, facciamo così. Se c’è qualcuno che vuole semplicemente credere a quello che ho scritto, faccia pure; ma voi che non volete fidarvi, e io non posso biasimarvi in alcun modo, anzi approvo, cliccate sul read more qui in basso e scoprirete che ho trascritto certosinamente tutti i brani rilevanti in cui Darwin affronta l’argomento Dio. Non mi chiedete quanto tempo ci ho messo (ché mica ho copiaincollato da internet, ho battuto un tasto alla volta): vi avverto che è un bel po’ di roba, e spero che non arrivi l’AGCOM a buttarmi giù il blog per violazione di copyright. E siccome voi dovete star sicuri che non mi sono inventato niente, ho indicato dopo ogni passo sia il numero di pagina del volume – così se lo comprate, cosa che vi consiglio, oppure lo trovate in libreria e vi mettete a sfogliarlo, potete andare subito a confrontare e verificare che non sparo frottole – sia, poiché il volume mette assieme opere diverse, la collocazione del passo all’interno della singola opera – così se vi capita sottomano un’edizione singola di un’opera, scartabellando un po’, potete controllare comunque.
Massima trasparenza, insomma, e buona lettura.

 

Viaggio di un naturalista intorno al mondo

 
“Il carattere delle classi più alte ed educate che dimorano nelle città partecipa, ma forse in un grado minore, delle buone qualità del gaucho, ma temo che sia macchiato di molti vizi di cui quest’ultimo è immune. La sensualità, lo scherno di ogni religione, la corruzione più palese non sono per niente insoliti.”
(pag. 131 – cap. 8)
 
“Una delle mie impressioni [sull’isola di Tahiti] era decisamente sbagliata: cioè che i tahitiani fossero diventati una razza malinconica e vivessero nel timore dei missionari. Non ho visto segno di quest’ultimo sentimento, a meno di non confondere il timore con il rispetto. Non solo lo scontento non è un sentimento generale, ma sarebbe difficile trovare in Europa, all’interno di una folla, almeno la metà di persone che abbiano sguardi così allegri e sorridenti. […] Nel complesso mi sembra che la moralità e la religione degli abitanti siano molto rispettabili. Vi sono molti che censurano, anche più aspramente di Kotzebue, tanti i missionari quanto il loro sistema e gli effetti da essi prodotti. Costoro non confrontano mai lo stato attuale dell’isola con quelli di soli venti anni fa, e neppure con quello dell’Europa di oggi; ma lo comparano con quello della più alta perfezione evangelica. Vorrebbero che i missionari compissero quello in cui non sono riusciti neppure gli apostoli. Laddove la situazione delle persone si discosta da quell’alto punto di perfezione, si getta il biasimo sul missionario invece di lodarlo per quello che ha fatto. Essi dimenticano, o non ricordano, che sono stati aboliti i sacrifici umani, l’autorità di una classe sacerdotale idolatra – un sistema di immoralità che non aveva riscontro in nessun’altra parte del mondo –, l’infanticidio, conseguenza di quel sistema, e le guerre sanguinose nelle quali i vincitori non risparmiavano né donne, né bambini, e che la disonestà, l’intemperanza e la dissolutezza sono molto diminuite dopo l’introduzione del cristianesimo. Per un viaggiatore dimenticare queste cose è una bassa ingratitudine; perché se egli per disgrazia naufragasse su qualche ignota spiaggia, alzerebbe al cielo una devota preghiera affinché gli insegnamenti dei missionari si fossero estesi fino a quella regione.”
(pag. 301 e 302 – cap. 18)
 
“Fra le scene che sono rimaste più fortemente impresse nella mia mente, nessuna supera in grandezza le foreste primordiali non ancora toccate dalla mano dell’uomo; tanto quelle del Brasile, dove predominano le forze vitali, come quelle della Terra del Fuoco, dove prevalgono la morte e la distruzione. Entrambe sono templi pieni degli svariati prodotti del Dio della natura: nessuno può restare impassibile in quelle solitudini, e non sentire che nell’uomo vi è qualcosa di più che non il mero respiro del suo corpo.”
(pag. 361 – cap. 21)
 
“L’Africa e l’America del Nord e del Sud sono nomi che suonano bene e che si pronunciano facilmente; ma solo quando si veleggia per settimane lungo piccoli tratti delle loro spiagge si è interamente convinti del grande spazio che questi nomi occupano nel nostro immenso mondo. Considerando la situazione attuale, è impossibile non guardare con grandi aspettative al futuro progresso di quasi un intero emisfero. La via del miglioramento, in conseguenza dell’introduzione del cristianesimo in tutti i Mari del Sud, avrà già da sola un posto nella storia.”
(pag. 362 – cap. 21)
 

 

I fondamenti dell’Origine delle specie: abbozzo del 1842

 
“Secondo gli antichi astronomi Dio avrebbe stabilito che ogni pianeta muovesse nella sua orbita particolare. Allo stesso modo Dio avrebbe creato ogni animale nella sua forma particolare nei diversi territori prestabiliti. Ma quanto più semplice e sublime potere – lasciare che l’attrazione agisca in accordo a regole precise, quali conseguenze inevitabili – far sì che gli animali siano creati tali che per le leggi rigorose della generazione ad essi siano simili i loro successori”.
(pag. 367 – brano estratto dal taccuino di appunti di Darwin, citato nell’introduzione del figlio Francis)
 
“ Secondo la natura delle nuove condizioni potremmo aspettarci che tutti o la maggioranza degli organismi nati sotto di esse, variassero in un qualche modo definito. Inoltre potremmo aspettarci che il modello secondo cui sono stati coniati, vari ugualmente in piccolo grado. Ma vi è un mezzo per selezionare quei discendenti che variano nello stesso modo: incrociandoli e tenendo la loro prole separata e producendo così razze selezionate […] Le precedenti variazioni (sono) diretti e necessari effetti di cause che possiamo vedere in azione su di essi […]; tali nuove varietà possono allora divenire adattate a quegli agenti esterni naturali che agiscono su di esse. Ma possono essere prodotte varietà adattate ad un fine che probabilmente  non può influire sulla loro struttura e che è assurdo considerare come effetto del caso. Possono le varietà, in generale, come alcune varietà di animali domestici e come quasi tutte le specie selvatiche, venire adattate con mezzi fini a predare un animale e sfuggire un altro – o piuttosto, poiché gli effetti dell’intelligenza e delle abitudini sono fuori questione, può una pianta venire adattata ad alcuni animali come (ad esempio) le piante che non possono essere fecondate senza l’intervento degli insetti o i semi provvisti di uncini che dipendono dall’esistenza degli animali? […]
Ma se ogni parte di una pianta o di un animale variasse… e se un essere infinitamente più perspicace dell’uomo (non un creatore onnisciente) avesse selezionato per migliaia e migliaia di anni tutte le variazioni che tendevano verso certi fini (o producevano cause che tendevano allo stesso fine), per esempio, se avesse previsto che un canide, in un paese che produceva più lepri si sarebbe trovato in vantaggio se avesse avuto zampe più lunghe e vista più acuta – avrebbe prodotto un levriere […]
Chi, vedendo come variano le piante da giardino e quello che l’uomo cieco e sciocco ha fatto in pochi anni, negherà ciò che un essere in migliaia di anni potrebbe realizzare (se il Creatore scegliesse di fare così) sia con la propria preveggenza diretta, che con mezzi intermedi – che rappresenteranno il creatore di questo universo?

(pag. 379 e 380 – Parte prima, paragrafo 2)
 
“Ricapitoliamo ora l’insieme di questi ultimi paragrafi prendendo in esame il caso delle tre specie di Rhinoceros […] Ora, il creazionista crede che questi tre rinoceronti siano stati creati con la loro apparenza illusoria di parentela; allo stesso modo posso credere che i pianeti ruotano nelle loro orbite attuali non in base alla legge di gravità ma per un distinto atto di volere del Creatore. […]
Queste sono le ragioni per cui io credo che forme specifiche non siano immutabili. […] Ciò si accorda con quanto conosciamo delle leggi imposte dal Creatore alla materia, cioè che la creazione e l’estinzione di forme, come la nascita e la morte degli individui, siano l’effetto di mezzi (leggi) secondari. […] Si accorda meglio con la debolezza delle nostre facoltà, il supporre che ciascuno abbia bisogno del “fiat” di un creatore, ma nella stessa proporzione l’esistenza di tali leggi esalterebbe il nostro concetto della potenza del Creatore onnisciente. L’ipotetico spirito creativo non crea il numero o il tipo che è per analogia adatto al luogo: lavora su zone o aree di creazione – non persiste per grandi periodi – crea forme dello stesso gruppo nelle stesse regioni […]
Vi è una semplice grandezza nel considerare la vita, con le sue capacità di sviluppo, assimilazione e riproduzione, come se fosse originariamente insufflata nella materia sotto una o poche forme e nel fatto che, mentre questo pianeta ha ruotato in orbite rispondenti a leggi fisse e terra e acqua, in un ciclo di trasformazione, si sono sostituite l’una all’altra, da così semplice origine, attraverso il processo di selezione graduale di cambiamenti infinitesimi, si è evoluta una quantità infinita di forme bellissime e mirabili.

(pag, 405,406,407 – Parte seconda, paragrafo 10 di ricapitolazione e conclusione)
 
 

I fondamenti dell’Origine delle specie: saggio del 1844

 
“Supponiamo ora un Essere dotato di acume sufficiente a percepire differenze nell’organizzazione più esterna e più interna del tutto impercettibili per l’uomo, e che abbia una capacità di provvedere nei secoli a venire tale da attendere con cura infallibile e da selezionare per qualsiasi scopo la prole di un organismo prodotto nelle circostanze di cui abbiamo parlato prima. Io non riesco ad immaginare una sola ragione per cui non potrebbe formare una nuova razza adatta a tali fini. Se ammettiamo che il suo acume e la sua capacità di prevedere, nonché la sua perseveranza verso lo scopo, siano qualità infinitamente più grandi di quelle che l’uomo possiede, dobbiamo supporre che la bellezza, le complicazioni nell’adattamento delle nuove razze e le loro differenze dal ceppo originale sarebbero maggiori di quelle che si ritrovano in razze allo stato domestico prodotte per intervento dell’uomo. […]
Vedendo ciò che l’uomo, cieco e capriccioso, ha fatto per mezzo della selezione in questi ultimi pochi anni, e che cosa ha più grossolanamente portato a termine, senza alcun piano sistematico, nelle ultime migliaia di anni, credo che proprio l’uomo sarebbe sufficientemente temerario da porre nella pratica dei limiti a ciò che il supposto Essere potrebbe aver compiuto durante interi periodi geologici. In accordo con il piano per cui l’universo sembra governato dal Creatore, consideriamo se esista qualche strumento secondario nell’economia della natura, per mezzo del quale il processo di selezione possa esattamente e meravigliosamente adattare gli organismi, se mai sono plasmabili anche in piccolo grado, a scopi diversi. Io credo che questo strumento secondario esista.”

(pag. 423 e 424 – Parte prima, paragrafo 2)
 
“Debbo a questo punto premettere che, secondo l’ipotesi normalmente accettata, le miriadi di organismi che nel passato e nel presente hanno popolato il mondo, sono state create da altrettanti atti distinti di creazione. È impossibile ragionare sulla volontà del Creatore e quindi secondo questa teoria non esiste una ragione per cui i singoli organismi siano, o meno, stati creati secondo uno schema predeterminato. Che tutti gli organismi di questo mondo siano stati prodotti secondo uno schema, appare chiaro dalle loro affinità generali. Se si potesse dimostrare che questo schema è lo stesso di quello che si avrebbe da esseri organici affini originati da ceppi comuni, sarebbe allora altamente improbabile che essi fossero stati creati separatamente per mezzo di singoli atti voluti dal Creatore. Per quanto si possa dire, benché i pianeti si muovano nelle loro orbite secondo la legge di gravità, pure dobbiamo attribuire l’orbita di ciascun pianeta ad un atto individuale della volontà del Creatore. In ogni caso è più compatibile con ciò che sappiamo del governo della terra, che il Creatore abbia imposto soltanto leggi generali.”
(pag. 448 – inizio della Parte seconda)
 
“Molti naturalisti hanno affermato che il sistema naturale rivela l’idea del Creatore, ma a me sembra che questa espressione, se non viene specificato quale sia l’ordine nel tempo o nello spazio o qualsiasi altra cosa rientri nel piano del Creatore, lasci il problema esattamente allo stesso punto.”
(pag. 481 – Parte seconda, paragrafo 7, sottoparagrafo “che cos’è il sistema naturale?”)
 
“Dobbiamo allora riconoscere che le tre specie distinte di Rhinoceros che vivono separatamente a Giava, Sumatra e sulla vicina penisola della Malacca, siano state create, maschi e femmine, dai materiali inorganici di questi paesi? […] O le tre specie sono state originate, come le nostre razze domestiche, dallo stesso ceppo parentale? Per conto mio non potrei sostenere la prima asserzione più di quanto non potrei ammettere che i pianeti si muovono nelle loro orbite e che una pietra cade in terra non per l’intervento della legge di gravità, ma per diretto volere del Creatore.”
(pag. 505 e 506 – Parte seconda, paragrafo 10, sottoparagrafo “perché dovremmo rifiutare la teoria dell’origine comune?”)
 
“È in accordo con quello che sappiamo delle leggi date dal Creatore sulla materia che la produzione e l’estinzione delle forme sia come la nascita e la morte degli individui, il risultato degli strumenti secondari. Sarebbe indegno del Creatore di infiniti Universi aver fatto con singoli atti del Suo volere le miriadi di striscianti parassiti e vermi che dai primi albori della vita hanno dilagato sulla terra nelle profondità del mare. Noi non ci meravigliamo più che un gruppo di animali sia stato creato per deporre le uova nelle viscere e nelle carni di altri esseri, che alcuni animali vivano godendo della crudeltà, che altri vengano fuorviati da falsi istinti, che ogni anno si verifichi una perdita incalcolabile di polline, di uova e di esseri immaturi perché in tutto ciò vediamo l’inevitabile conseguenza di una grande legge, quella della moltiplicazione degli esseri organici che non sono stati creati immutabili. Dalla morte, dalla carestia e dalla lotta per l’esistenza, vediamo che è scaturito direttamente il fine più alto che siamo in grado di concepire e cioè la creazione degli animali superiori. Senza dubbio in un primo momento si accorda meglio con le nostre facoltà supporre che ciascuno abbia avuto necessità del fiat di un Creatore. Vi è qualcosa di grandioso in questa visione della vita con le sue numerose forze di crescita, di riproduzione e di senso, originariamente impresse nella materia in poche forme, forse soltanto in una, e nel fatto che, mentre questo pianeta continuava a girare secondo le leggi immutabili della gravità e mentre la terra e l’acqua si sostituivano l’una all’altra, da un’origine così semplice, attraverso la selezione di infinitesime varietà, si evolvevano innumerevoli forme le più belle e meravigliose.”
(pag. 507 – Parte seconda, paragrafo 10, sottoparagrafo “conclusione”)
 
 

 

Sulla tendenza delle specie a formare varietà e sulla perpetuazione delle varietà e delle specie per mezzo della selezione naturale – comunicazione di Charles Darwin e Alfred H. Wallace letta il primo luglio 1858 alla Società Linneana

 
“È sorprendente cosa possa fare il principio di selezione ad opera dell’uomo, cioè scegliere individui con una qualsiasi qualità desiderata, farli riprodurre e poi di nuovo operare una scelta. Gli stessi allevatori si sono meravigliati dei loro risultati. Essi possono operare su differenze impercettibili per un occhio non educato. […] Supponiamo ora che esista un essere che non giudichi semplicemente dalle apparenze esterne, ma che possa studiare l’intera organizzazione interna, che non sia mai capriccioso e che possa operare la selezione perseguendo un obiettivo per milioni di generazioni; chi dirà che egli potrebbe non raggiungere il suo scopo? […] Credo si possa dimostrare che nella Selezione naturale (è il titolo del mio libro) operi un potere talmente infallibile da selezionare esclusivamente in vista del bene di ogni organismo.
(pag. 512 – allegato 2, estratto di una lettera di Darwin al professor Asa Gray)
 
 

 

L’origine delle specie per selezione naturale
o
La preservazione delle razze privilegiate nella lotta per la vita

 
 
“Dato che l’uomo può ottenere, e sicuramente ha ottenuto, un notevole risultato con i suoi mezzi di selezione, metodici ed inconsci, che cosa non potrà fare la natura? L’uomo può operare soltanto sulle caratteristiche esteriori e visibili, la natura non guarda alle apparenze se non in quanto possano risultare utili a un dato essere vivente. […] L’uomo seleziona solo a proprio beneficio, la natura solo a beneficio dell’essere che accudisce. […] Come sono fugaci i desideri e gli sforzi dell’uomo! Quanto è breve il suo tempo! E, quindi, quanto saranno meschini i suoi prodotti a confronto di quelli accumulati dalla natura nel corso di interi periodi geologici! E allora possiamo pensare che i prodotti della natura siano molto più autentici, nelle loro caratteristiche che non i prodotti dell’uomo e che debbano essere infinitamente meglio adattati alle più complicate condizioni di vita e debbano recare ben chiara l’impronta di un’arte di gran lunga superiore.”
(pag. 592 e 593 – Capitolo 4, sottocapitolo 1)
 
“È stato detto che io parlo della selezione naturale come di un potere attivo della Divinità; ma chi solleva obiezioni contro uno scrittore che dica che l’attrazione di gravità governa il movimento dei pianeti? Chiunque sa che cosa si intende e che cosa è implicito in queste espressioni metaforiche; ed esse sono quasi necessarie per ragioni di brevità. Analogamente è difficile evitare di personificare la Natura; ma, con natura, io intendo soltanto il complesso dell’azione e del risultato di molte leggi naturali e, per leggi, intendo la sequenza degli eventi che noi possiamo osservare. Con un po’ di abitudine certe obiezioni superficiali saranno dimenticate.”
(pag. 618 – Variante della VI edizione all’inizio del Capitolo 4)
 
“Confesso che sembra incredibilmente assurdo che la selezione naturale possa aver formato l’occhio, con tutti i suoi inimitabili congegni per regolare il fuoco a distanze differenti […]È impossibile non fare un paragone tra l'occhio e il cannocchiale. È noto che questo strumento è stato portato a perfezione dai continui sforzi dei più eccelsi intelletti umani e, naturalmente, ne deduciamo che l'occhio si è formato grazie ad un procedimento sotto certi aspetti analogo […] Nei viventi la variazione produrrà leggere alterazioni e la riproduzione la moltiplicherà quasi all'infinito, mentre la selezione naturale coglierà ogni perfezionamento con una perizia che non erra. Poniamo che il processo continui per milioni e milioni di anni, interessando ogni anno milioni di individui di molti tipi diversi. E allora perché non dovremmo credere che in questo modo si formi uno strumento ottico vivente tanto superiore a quelli di vetro, quanto le opere del Creatore sono superiori a quelle dell’uomo?
(pag. 655 e 656 – Capitolo 6, sottocapitolo 4 “organi estremamente perfetti e complicati”)
 
“I naturalisti cercano di ordinare le specie, i generi e le famiglie di ciascuna classe, formando quello che viene definito sistema naturale. […] Però molti naturalisti pensano che il sistema naturale voglia significare qualcosa di più: credono che riveli il piano del Creatore, ma a me sembra che questo non aggiunga nulla alle nostre conoscenze, se non si specifica cosa si vuole intendere con ‘piano del Creatore’ (un ordine spaziale o temporale o qualunque altra cosa)”.
(pag. 812 – Capitolo 13, sottocapitolo 1)
 “Quando le opinioni sostenute in questo libro, od altre opinioni analoghe, saranno ammesse dalla generalità degli studio, si può prevedere oscuramente che vi sarà una grande rivoluzione nella storia naturale. […] Davanti a noi si aprirà un grande campo di ricerche quasi inesplorato, riguardante le cause e le leggi della variabilità, i rapporti di sviluppo, gli effetti dell’uso e del non uso, l’azione diretta delle condizioni esterne e così via. Lo studio delle produzioni domestiche aumenterà enormemente di valore. Una nuova varietà allevata dall’uomo diventerà un argomento di studio importante ed interessante relativo ad una nuova specie aggiunta alla moltitudine di specie già classificate. Le nostre classificazioni diventeranno, nei limiti del possibile, delle genealogie e ci daranno veramente quello che potrebbe essere definito piano della creazione.
(pag. 855 e 856 – Capitolo 14)
 
“Si può chiedere fino a che punto io voglia portate la dottrina della modificazione della specie. È una domanda cui è difficile rispondere, perché quanto più sono distinte le forme che prendiamo in esame, tanto minore diventa la forza delle argomentazioni. Però talune argomentazioni più importanti arrivano molto lontano. […] L’analogia mi porterebbe ancora un passo avanti, cioè mi indurrebbe a credere che tutti gli animali e le piante discendono da un unico prototipo. Però l’analogia può essere una guida fallace. Ciononostante tutti i viventi hanno molto in comune, nella composizione chimica […]
*Per questo ne dedurrei per analogia che probabilmente tutti i viventi che siano mai vissuti sulla terra discendono da una sola forma primitiva nella quale la vita è stata primieramente infusa.* […]

(pag. 854 e 855 – Capitolo 14, verso la fine; il testo che ho messo tra gli asterischi è stato aggiunto nella VI edizione)
 
“*L’intera storia del mondo, qual è conosciuta attualmente, pur avendo una durata per noi del tutto incomprensibile, in futuro sarà riconosciuta per un semplice frammento di tempo, se messa a confronto con le età che sono passate da quando fu creata la prima creatura, progenitrice di innumerevoli discendenti estinti e viventi*. […]
Autori di altissima levatura sembrano perfettamente soddisfatti dell’opinione che ciascuna specie sia stata creata indipendentemente. Per la mia mentalità meglio si accorda con quanto conosciamo delle leggi impresse sulla materia dal Creatore il concetto che la produzione e l’estinzione degli abitanti passati ed attuali del mondo siano derivati da cause seconde, simili a quelle che determinano la morte e la nascita dell’individuo. Quando concepisco tutti gli esseri non come creazioni speciali, bensì come discendenti diretti di alcuni, poco numerosi, esseri vissuti molto prima che si depositassero i primi strati del sistema siluriano, mi sembra che ne escano nobilitati. […] Dunque dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte, nasce la cosa più alta che si possa immaginare: la produzione degli animali più elevati. Vi è qualcosa di grandioso in questa concezione della vita, con le sue molte capacità, che inizialmente fu data a poche forme o ad una sola e che, mentre il pianeta seguita a girare secondo la legge immutabile della gravità, si è evoluta e si evolve, partendo da inizi così semplici, fino a creare infinite forme estremamente belle e meravigliose.”

(pag. 856 – Capitolo 14, conclusione; il testo che ho messo tra gli asterischi è stato aggiunto nella VI edizione)
 
“Non vedo alcuna buona ragione perché le opinioni espresse in questo volume debbano urtare i sentimenti religiosi di chicchessia. Allo scopo di dimostrare come certe impressioni siano passeggere, giova qui ricordare che la più grande scoperta mai fatta dall’uomo, ossia la legge di attrazione universale, fu anch’essa attaccata da Leibniz ‘come sovversiva della religione naturale e, quindi, di quella rivelata’. Un celebre autore e teologo mi ha scritto di “aver compreso a poco a poco che si può avere un concetto di Dio altrettanto nobile sia credendo che Egli abbia creato alcune forme originarie capaci di auto svilupparsi in altre forme necessarie, sia credendo che Egli sia ricorso a un nuovo atto di creazione per colmare i vuoti provocati dall’azione delle Sue leggi’.”
(pag. 860 – Aggiunta della VI edizione al Capitolo 14)
 
 

L’origine dell’uomo e la selezione sessuale

 
 
“Sebbene i selvaggi sembrino meno prolifici dei popoli civili, senza dubbio essi aumenterebbero rapidamente se il loro numero non fosse violentemente ridotto da alcuni fattori. […] Malthus ha discusso questi numerosi ostacoli, ma non ha posto l’accento su quello che probabilmente è il più importante di tutti, vale a dire l’infanticidio, specialmente delle bambine, e l’abitudine di procurare aborti. Queste pratiche prevalgono attualmente in molte parti del mondo, e l’infanticidio sembra che sia prevalso una volta come ha dimostrato M’Lennan, su scala sempre più ampia. Sembra che questa pratica sia sorta presso i selvaggi che vedevano la difficoltà, o piuttosto l’impossibilità di mantenere tutti i bambini nati. […]
Se prendiamo in considerazione un’epoca assai lontana, prima che l’uomo avesse raggiunto la dignità di essere umano, vediamo come egli fosse guidato più dall’istinto e meno dalla ragione, di quanto lo siano attualmente i più infimi selvaggi. I nostri primi progenitori semi-umani non avrebbero praticato l’infanticidio o la poliandria, in quanto l’istinto degli esseri inferiori non è mai così pervertito* da indurli a distruggere regolarmente la loro prole o da essere completamente privi di gelosia.”

(pag. 912, 913 – Parte prima, capitolo 2, sottocapitolo “velocità di accrescimento)
* L’edizione Newton Compton riporta in nota a piè pagina che uno scrittore dello Spectator del 12 marzo 1871, p. 320, commenta come segue questo passo:
“Darwin si trova costretto a reintrodurre una nuova dottrina della caduta dell’uomo. Egli dimostra che gli istinti degli animali superiori sono più nobili degli usi delle razze selvagge dell’uomo e si trova perciò costretto a reintrodurre – in una forma di sostanziale ortodossia, di cui sembra del tutto inconsapevole – e a introdurre come ipotesi scientifica, la teoria che l’acquisizione della conoscenza fu per l’uomo causa di un temporaneo, ma persistente deterioramento morale, come indicato da molti costumi immorali, specialmente matrimoniali, delle tribù selvagge. Che cosa asserisce, se non questo, la tradizione ebraica che considera una degenerazione morale dell’uomo la sua curiosità di conoscere inibitagli dagli istinti superiori?”
 
“Non vi è prova che l’uomo fosse fornito originariamente della nobile fede nell’esistenza di un Dio onnipotente. Al contrario vi è ampia prova che sono esistite numerose razze, e ancora esistono, le quali non hanno idea di uno o più dèi, e che non hanno parole nella loro lingua per esprimere questa idea. Il problema è naturalmente del tutto diverso da quello più elevato, se esista cioè un creatore e governatore dell’universo; a ciò è stato risposto in senso affermativo dai più alti intelletti mai esistiti. Se tuttavia includiamo sotto il termine ‘religione’ la credenza in agenti invisibili o spirituali, il caso è completamente diverso; poiché tale credenza sembra universale per le razze meno civilizzate. […]
Il sentimento della devozione religiosa è molto complesso, consistendo di amore, di una completa sottomissione ad un essere superiore elevato e misterioso, di un forte sentimento di dipendenza, di paura, di riverenza, gratitudine, speranza per il futuro, e forse di altri elementi. Nessun essere potrebbe provare un’emozione così complessa senza avanzare nelle sue facoltà intellettuali e morali fino a un livello moderatamente elevato. Nondimeno, vediamo un pallido segno di avvicinamento a questo stato della mente nel profondo amore di un cane per il suo padrone.”

(pag. 947 – Parte prima, capitolo 3 verso la fine)
 
“Chi può positivamente dire perché la nazione spagnola, dominatrice in un certo periodo, sia rimasta così indietro nella lotta? Il risvesglio delle nazioni europee dall’età oscura è tuttora un problema incerto. Come ha osservato Galton, in un antico periodo, quasi tutti gli uomini nobili, che si dedicavano alla meditazione o alla cultura, non avevano alcun rifugio salvo che nel seno della chiesa, che richiedeva il celibato; ciò difficilmente potrebbe aver mancato di portare un influsso deteriore nelle successive generazioni. Durante lo stesso periodo la Santa Inquisizione scelse con estrema cura gli uomini più liberi e più coraggiosi per bruciarli o imprigionarli. In Spagna soltanto, alcuni dei migliori uomini – quelli che dubitavano e ponevano problemi, e senza il dubbio non vi può essere progresso – furono eliminati durante tre secoli ad un ritmo di mille l’anno. Incalcolabile è il danno che la Chiesa Cattolica ha inferto in questo modo, sebbene, senza dubbio, controbilanciato fino a un certo punto, forse molto, da altri aspetti; ciò nonostante l’Europa ha progredito ad un grado incomparabile.”
(pag. 979 – Parte prima, capitolo 5, sottocapitolo “influenza della selezione naturale nelle nazioni civili”)
 
“La prova che tutte le nazioni civilizzate discendano da quelle barbariche, consiste, da una parte, in chiare tracce della loro primitiva bassa condizione, nei costumi, idee, lingua ancora esistenti, dall’altra nella prova che i selvaggi sono indipendentemente capaci di sollevarsi di qualche grado nella scala della civiltà, ed attualmente si sono effettivamente innalzati. […] Molte superstizioni esistenti sono il resto di precedenti e false idee religiose. La più alta forma di religione – la grande idea di un Dio che odia il peccato e ama la giustizia – era sconosciuta durante i periodi primitivi.”
(pag. 981– Parte prima, capitolo 5, sottocapitolo “dimostrazione dell’antica barbarie di tutte le nazioni civili”)
 
“La conclusione principale cui siamo giunti, ora sostenuta da molti naturalisti capaci di formulare un giudizio valido, è che l’uomo sia disceso da qualche forma meno organizzata. Le fondamenta su cui poggia questa conclusione non saranno mai rimosse, in quanto la stretta somiglianza tra l’uomo e gli animali inferiori, sia durante lo sviluppo embrionale, che in numerose parti della struttura e della costituzione di enorme o di irrilevante importanza, i rudimenti che egli mantiene, e le regressioni anormali cui è occasionalmente suscettibile, sono fatti che non possono essere messi in discussione. […] È incredibile che tutti questi fatti dicano il falso. Chi non si contenta di guardare, come fanno i selvaggi, i fenomeni della natura in modo slegato, non può più pensare che l’uomo sia un atto separato di creazione.”
(pag. 1312 – Parte terza, all’inizio del capitolo 21)
(N.B. Darwin non nega la creazione tout court, nega che l’uomo sia un atto separato di creazione)
 
“L’uomo si è elevato al suo stato attuale con i mezzi appena descritti, e forse con l’aiuto di altri non  ancora scoperti. Ma fin da quando ha raggiunto il livello dell’umanità, si è distinto in razze diverse, o, usando un termine più appropriato, in sottospecie. Alcune di queste, come la negra e l’europea, sono così diverse che se si portassero alcuni esemplari a un naturalista, senza alcuna previa informazione, egli li considererebbe come due vere e proprie specie. Nondimeno tutte le razze concordano in tanti particolari di struttura e in tante peculiarità mentali, che queste potrebbero spiegarsi solo con l’ereditarietà da un progenitore comune; e un progenitore con queste caratteristiche probabilmente meriterebbe di essere classificato come uomo.”
(pag. 1313 – Parte terza, all’inizio del capitolo 21)
(N.B. Qui Darwin prende posizione in favore del monogenismo)
 
Dopo essere giunti a questa conclusione sull’origine dell’uomo, l’alto livello delle nostre nostre facoltà intellettuali e la disposizione morale, è la maggiore difficoltà che si presenta. Ma chiunque ammetta il principio di evoluzione, deve rendersi conto che le facoltà mentali degli animali superiori, che sono dello stesso genere di quelle dell’uomo, anche se di grado inferiore, sono suscettibili di miglioramento.[…]
Nello sviluppo dell’intelletto si deve essere compiuto un gran passo, non appena venne in uso la semi arte e il semi istinto del linguaggio, in quanto l’uso continuato del linguaggio deve aver agito sul cervello e provocato un effetto ereditario, che a sua volta deve aver agito sul miglioramento del linguaggio. […] Le superiori facoltà intellettuali dell’uomo, quali quelle di raziocinio, astrazione, autocoscienza, ecc. probabilmente derivano dal continuo miglioramento ed esercizio delle altre facoltà mentali.
Lo sviluppo delle facoltà morali è un problema più interessante. […] Un essere morale è colui che è in grado di riflettere sulle sue azioni passate e sui loro moventi, di approvarne alcune e disapprovarne altre; e il fatto che l’uomo sia un essere che certamente merita questo appellativo, costituisce la distinzione principale tra lui e gli animali inferiori. […] Presso le razze più civili, la convinzione dell’esistenza di una Divinità onnisciente ha avuto una forte influenza sul progresso della moralità. Da ultimo, l’uomo non accetta la lode o il biasimo dei suoi simili come unica guida, sebbene pochi evitino questa influenza, ma le sue convinzioni abituali, controllate dalla ragione, gli danno la legge più salda. Allora la sua coscienza diviene giudice e guida suprema. Nondimeno il primo fondamento o origine del senso morale si trova negli istinti sociali, compresi la ‘simpatia’, e questi istinti, come nel caso degli animali inferiori, si acquistarono inizialmente con la selezione naturale.
La fede in Dio è stata spesso considerata non solo come la maggiore, ma anche come la più completa distinzione tra uomo e animali inferiori. È tuttavia impossibile, come abbiamo visto, sostenere che questa credenza sia innata o istintiva nell’uomo. D’altra parte la fede in un agente spirituale onnipresente sembra universale, e apparentemente deriva da un considerevole avanzamento della ragione umana, e da un ancora maggiore progresso delle sue facoltà di immaginazione, curiosità e meraviglia. Io so che la fede istintiva in Dio è stata usata da molte persone come argomento della sua esistenza. Ma questo argomento è sconsigliato, in quanto così saremmo portati a credere nell’esistenza di molti spiriti crudeli e maligni, solo poco più potenti dell’uomo; infatti la credenza in questi ultimi è assai più diffusa di quella in una divinità benefica. L’idea di un Creatore universale e benigno non sembra sorta nella mente umana, fino a che l’uomo non si è elevato con una lunga cultura.
Chi crede nel progresso dell’uomo da qualche forma inferiore organizzata, naturalmente chiederà come ciò abbia riferimento con la credenza sull’immortalità dell’anima. Le razze umane barbare, come ha dimostrato Sir J. Lubbock, non hanno una chiara idea di questo genere, ma abbiamo già visto che gli argomenti dedotti dalle credenze primitive dei selvaggi sono di poca o nessuna utilità. Pochi individui provano turbamento per l’impossibilità di determinare in quale preciso momento dello sviluppo dell’invididuo, dalla prima traccia di una minuscola vescica germinale, l’uomo sia divenuto un essere immortale; e non vi deve essere nessuna causa di maggiore ansietà per il fatto che non è possibile determinare questo momento nella graduale ascesa della scala organica.
Sono consapevole del fatto che le conclusioni cui si è pervenuti in quest’opera saranno denunciate da qualcuno come assai irreligiose; ma costui dovrà dimostrare perché sia più irreligioso spiegare l’origine dell’uomo come specie distinta mediante la derivazione da qualche forma inferiore, attraverso le leggi della variazione e della selezione naturale, che spiegare la nascita dell’individuo attraverso le leggi della riproduzione normale. La nascita, sia della specie che dell’individuo, è ugualmente parte di quella grande sequenza di eventi, che la nostra mente rifiuta di considerare come conseguenze della cecità del caso. L’intelletto si ribella a tale conclusione, che si sia o meno capaci di credere che ogni leggera variazione di struttura – l’unione di ogni coppia, la disseminazione di ogni seme – e altri eventi simili, siano stati tutti disposti per qualche scopo particolare.”

(pag. 1314, 1315, 1316, 1317 – Parte terza, verso la fine)
 
 
L’uomo analizza scrupolosamente il carattere e l’ascendenza dei suoi cavalli, del suo bestiame e dei suoi cani prima di accoppiarli; ma allorché giunge alle sue nozze, raramente o mai si prende una cura simile. Egli è spinto da motivi pressoché analoghi a quelli degli animali inferiori, allorchè sono lasciati alla loro libera scelta, sebbene sia tanto superiore a loro da valutare altamente le qualità mentali e le virtù. D’altra parte è fortemente attirato dalla semplice ricchezza o dal rango. Tuttavia mediante la selezione egli potrebbe agire in qualche modo non solo sulla struttura fisica e l’ossatura della sua prole, ma sulle loro qualità intellettuali e morali. Entrambi i sessi dovrebbero astenersi dal matrimonio se sono deboli nel corpo e nella mente in modo accentuato; ma queste speranze sono utopiche e non saranno mai realizzate nemmeno parzialmente, fino a che le leggi dell’ereditarietà non saranno conosciute per esteso. Chiunque dia un aiuto per questo fine, fa un buon servizio. Quando i princìpi della procreazione e dell’ereditarietà saranno meglio conosciuti, non udiremo alcuni membri ignoranti della nostra legislatura respingere con disprezzo un piano che tende ad accertare se il matrimonio tra consanguinei sia, o meno, dannoso all’uomo.
L’avanzamento del benessere del genere umano è il problema più complesso: tutti coloro che non possono evitare la povertà per i propri figli dovrebbero evitare il matrimonio; infatti la povertà non solo è un gran male, ma tende al proprio incremento portando alla sconsideratezza nel matrimonio. D’altra parte, Galton ha osservato che, se il prudente evita il matrimonio, mentre l’incauto si sposa, i membri inferiori tendono a soppiantare i membri migliori della società. L’uomo, come ogni altro animale, senza dubbio è avanzato alla sua attuale condizione elevata attraverso una lotta per l’esistenza dovuta al suo rapido incremento; se deve progredire ancora di più, è da temere che debba essere soggetto a una dura battaglia. Diversamente, affonderebbe nell’indolenza, e i più dotati non avrebbero più successo nella lotta per la vita dei meno dotati. Per cui il nostro naturale tasso di incremento, sebbene conduca a molti danni ovvi, non deve essere troppo diminuito in alcun modo. Dovrebbe essere aperta la competizione per tutti gli uomini; e con leggi e costumi non si dovrebbe impedire ai più capaci di riuscire meglio, e di allevare il maggior numero di figli.
Per quanto importante la lotta per l’esistenza sia stata e tuttora sia, tuttavia per quanto riguarda lo sviluppo delle qualità più elevate della natura umana vi sono stati altri fattori più importanti. Infatti le qualità morali sono progredite, sia direttamente che indirettamente, molto di più per effetto dell’abitudine, delle facoltà raziocinanti, dell’istruzione, della religione, ecc. che per la selezione naturale; sebbene a quest’ultima si possano sicuramente attribuire gli istinti sociali, che hanno costituito la base per lo sviluppo del senso morale.”

(pag. 1320 – Parte terza, conclusione del libro)
(N.B. questa citazione è molto significativa, sia perché fa il punto sulla considerazione positiva di Darwin verso la religione, sia perché evidenzia un altro aspetto spesso “censurato” di Darwin, cioè il suo lato eugenetico – del quale pure ho raccolto varie testimonianze nel libro, che meriterebbero un post a parte.)