Un ottimismo meraviglioso

Un ottimismo meraviglioso

 

 

 

(spoiler sul film, compreso il finale)

 

Mentre stavo pensando alla speranza, all’importanza del non arrendersi, alla tentazione del suicidio e al significato dell’eutanasia istituzionalizzata come ufficializzazione della disperazione mascherata da libertà nonchè crisma statale del mors tua vita mea, e a varie riflessioni “alte” sull’argomento e a come esprimere tutto quanto in un post, mi sono ricordato improvvisamente del finale di Dawn of the Dead.

Credo di aver già detto in passato da qualche parte che a me piacciono tanto i film horror, e specialmente quelli splatter e gore, cioè con uso abbondante di scene truculente e grandguignolesche. E tra i miei film preferiti di tutti i tempi c’è proprio quello che è il secondo film della tetralogia di George A. Romero sugli zombie (il titolo italiano, ma guarda un po’, è proprio Zombi), anche in virtù del suo meraviglioso finale.

 

L’idea di base dell’opera è semplicissima: mentre i morti di tutto il pianeta si risvegliano e cercano di mangiare i vivi, le istituzioni collassano e la società diventa un’anarchia selvaggia di tutti contro tutti. Quattro superstiti, tra cui un uomo e una donna sentimentalmente legati, si barricano in un centro commerciale e lo difendono dalle orde di morti viventi che lo assediano senza interruzione. A mano a mano si adattano ad una vita da reclusi in un parco giochi, facendo calcoli su quanti anni potranno vivere con le provviste del supermercato e cercando di ingannare il tedio di una vita ormai sempre più meaningless. A un certo punto l’uomo chiede alla donna di sposarlo offrendole un meraviglioso anello che ha preso dal reparto gioielleria, ma lei rifiuta non perché non voglia stare con lui ma perché “ormai non ha più senso”. Più avanti la donna scopre di essere incinta. Come si fa a mettere un figlio al mondo quando il mondo è ridotto in questo stato? Ma ecco che l’equilibrio esistenziale di questo manipolo di rifugiati è distrutto dall’irruzione nel centro commerciale di una banda di motociclisti che vogliono impadronirsi delle sue risorse e cercare riparo dagli zombi. Facendo ciò, questi disgraziati provocano l’ingresso in massa nell’edificio di una folla smisurata di morti viventi. Carneficina generale con splendida abbondanza di morsi, squartamenti e sbranamenti vari e assortiti.

Dei quattro restano soltanto la donna e un altro uomo (non il suo ex-compagno, oramai anch’egli zombificato), asserragliati sul tetto dell’edificio, dove c’è un elicottero. Lei vuole scappare. Lui le augura buona fortuna, ma ha deciso di non andare con lei: è stanco di lottare. Cercherà di farle guadagnare tempo. Saluti. La donna corre ad avviare l’elicottero. I morti viventi sfondano anche l’ultima porta e si dirigono verso l’uomo, che ha una pistola puntata alla propria tempia e un’espressione sul viso molto decisa. Ed ecco che, proprio all’ultimo secondo, l’uomo distoglie la pistola dalla propria testa e la usa per sparare al cervello dello zombi più vicino, e poi agli altri, e poi quando la pistola esaurisce i colpi continua a lottare e a divincolarsi e in qualche modo riesce a evitare di essere morso e raggiunge correndo la donna sull’elicottero e riesce a salire ed entrambi si allontanano, e lui chiedi quanto carburante è rimasto, e lei risponde non molto, e volano via nel buio della notte.

 

Che grandioso inno alla speranza. Che commovente dichiarazione di amore alla vita.

 

 

P.S. meno male che Romero non ha girato il finale originale che aveva pensato per primo, quello dove l’uomo si suicidava e la donna incinta non riusciva a far decollare l’elicottero e si suicidava pure lei facendosi deliberatamente decapitare dalle pale rotanti e dopo un po’ il rotore si fermava a indicare che comunque non sarebbero riusciti ad andare da nessuna parte, altrimenti non avrei potuto scrivere questo post.


12 responses to “Un ottimismo meraviglioso

  • reginadistracci

    Mi fa piacere che tu parli proprio di questo film, di cui sono una grandissima cultrice. In Zombi, l’horror diventa anti-utopia sci-fi. Dal punto di vista formale, è perfetto. Secondo me, la prima sequenza di Zombi è la migliore prima sequenza di un film che conosco: la donna si risveglia dal torpore e si ritrova in uno studio televisivo affollato, dove tutti parlano concitatamente e fanno avanti e indietro istericamente, mentre riusuona la musica inquietantissima dei Globin, gruppo cult degli anni Settanta. Il film inizia “in medias res”: l’incubo si è già avverato, i pochi umani superstiti discutono e litigano fra di loro senza risolvere nulla. Un po’ quello che succede oggi: l’Occidente è assediato dagli zombi fondamentalisti, e gli occidentali perdono tempo a polemizzare nel talk show di Gad Lerner sulla tolleranza nella società multietnica. Nel talk show del film, alcuni difendono gli zombi, sostenendo che sono le stesse persone che erano da vive. Come oggi: molti difendono i fondamentalisti, sostenendo che tutte le religioni sono uguali eccetera.
    Poi il centro commerciale è una metafora spietata del consumismo e del materialismo. In una società senza più Dio né prospettiva ultraterrena, i morti non possono fare altro che vagolare nello shopping mall, ma tutte quelle merci ormai non servono più a niente.
    Mi ha sempre colpito il finale. Dopo avere suggerito allo spettatore la disperazone più nera, sorge un sottilissimo raggio di speranza, proprio all’alba. Se Romero avese girato il finale che aveva in mente, il film sarebbe stato più scontato.

  • ClaudioLXXXI

    Beh, le interpretazioni politiche dei film di Romero si sprecano, i critici (specialmente quelli allineati all’egemonia culturale del dopoguerra) ci hanno voluto vedere una metafora del capitalismo, a me semmai sembra che gli zombi potrebbero essere una buona metafora del comunismo (tutti uguali nei loro bisogni, nessuna distinzione, nessun pensiero autonomo e difforme della massa).

  • reginadistracci

    Infatti io non ho detto che il centro commerciale simboleggia il “capitalismo”, bensì il “materialismo”, ossia l’uomo ridotto ai suoi bisogni fisici. Per me il capitalismo ha sempre un valore positivo, ha anzi un fondamento spirituale (la parabola dei talenti). Ma quando si corrompe a contatto col materialismo, il capitalismo apre la strada al marxismo (vedi i miei omonimi post). Quindi è vero, i morti materialisti che vagano per il centro commerciale simboleggiano l’omologazione totalitaria, la riduzione comunista dell’uomo a cosa uguale alle altre cose-uomini.
    P. S. ho visto che stasera c’è un’altro film di Romero sugli zombi, ma questo è del 2005, con Asia Argento. Sarà all’altezza del mitico secondo?

  • ClaudioLXXXI

    sono d’accordo, infatti l’interpretazione tout court anticapitalista degli zombiemovie era bacata, frutto del tipico pensiero allora imperante.

    P.S. allora è The Land of the Dead, il quarto della serie. Me ne hanno parlato molto bene ma non l’ho ancora visto. Potrebbe essere la volta che accendo una televisione dopo… non mi ricordo quanto…

  • reginadistracci

    Poi ho visto The land of the Dead, niente male, discreto. Un misto fra zombi e Mad Max.

  • Cuoredipizza

    Mammamia che gusti cinematografici!
    :-))

  • vincenzillo

    Sembra che la speranza, per rifulgere, abbia bisogno di tempi molto bui. Vedi anche finale di Blade runner.

    La decisione al suicidio come culmine della disperazione è un altro simbolo forte. Vedi la prima scena del Faust di Goethe, quando il sapiente si rende conto dell’assoluta vacuità del suo sapere ed è sul punto di bere il calice avvelenato, o, per restare in tema di utopia, l’inizio del bel racconto di Dostoevskij “L’uomo ridicolo”, anch’egli sul punto di spararsi un colpo in testa.

  • piccic

    In genere ogni virtù, per svilupparsi, viene provata da tentazioni opposte.
    L’idea fuorviante è che ci si debba lasciare scoraggiare da esse, o pensare che il sentirle presentarsi significhi averle fatte proprie… 🙂

  • ClaudioLXXXI

    #5
    Devo ancora vedere The Land of the Dead…

    #6
    Cuoredipizza, se i tuoi bambini dovessero un giorno apprezzare i film splatter, non preoccuparti a priori! Possiamo anche noi essere brave persone come tutti! 😉

    #7
    Il suicidio in Dostoevskij è un tema dominante, non solo come disperazione, ma come approdo finale dell’ateismo (“i demoni”)

    #8
    “Ciò che non ci uccide, ci rende più forti”. Perfino Nietzsche ne ha detta qualcuna giusta…

  • utente anonimo

    Film visto più volte la prima verso i 20 anni con colei che sarà poi mia moglie…… Apprezzo moltissimo la capacità e il coraggio di andare a fondo di tutto ciò che fa cultura e costume….. abbandonando l’arroganza “dell’intellettuale per forza”.

  • L’uomo che uccise il mondo | de libero arbitrio

    […] hanno vissuto e le cose che hanno fatto. La differenza rispetto alla classica zombie story, alla George A. Romero oppure The Walking Dead per intenderci, è palese: lì il punto di vista è del singolo, qui è […]

  • Libri febbraio 2013 | de libero arbitrio

    […] e le cose che hanno fatto. È dunque palese la differenza rispetto alla classica zombie story, alla George A. Romero oppure The Walking Dead: lì il punto di vista è del singolo, qui invece è letteralmente globale. […]

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