Libri maggio 2012

Costruire sulla roccia, di AAVV (Il Timone).
Libro comprato a 1 € grazie a sissi2002 (grazie). Greatest hits di articoli apparsi sul Timone, scritti da autori come Introvigne, Cammilleri, Agnoli, Gnocchi & Palmaro, eccetera. Insomma apologetica hardcore.

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Racconti fantastici, di Iginio Ugo Tarchetti.
Scaricato gratuitamente da amazon essendo scaduto il copyright, il libro essendo del 1869 e l’autore morto in quello stesso anno.
Non conoscevo assolutamente il nome di Tarchetti, i miei ricordi liceali sulla Scapigliatura milanese sono pressoché inesistenti, ma i racconti sono gradevoli e si leggono con piacere. Il libro offre anche l’opportunità di constatare i cambiamenti della lingua italiana nel tempo, per esempio si nota spesso l’uso della forma verbale pronome alla 1a +verbo alla 3a, es. io avea, io correva, io disse. Chissà se era un peculiare modo di esprimersi dell’autore o una forma corrente a quel tempo.

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Diario del figliol prodigo. Vent’anni dopo, di Guy Luisier.
Altro libro comprato a 1 € grazie a sissi2002 (grazie). L’autore, un sacerdote francese, ha avuto un vero colpo di genio: il figliol prodigo (che adesso non si chiama più così, vedi sotto) scrive un diario, vent’anni dopo essere tornato, dove descrive le sue impressioni, il suo faticoso riadattarsi alla vita nella casa del padre, il rapporto con il suo glaciale fratello e i di lui figli gemelli.
È breve, si legge in poco tempo, ma è una lettura feconda. Se lo trovate in giro, non fatevelo scappare.

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De Bibliotheca, di Umberto Eco.
Il libretto è scaricabile gratuitamente da qui, e consiste in un intervento tenuto dall’autore nel 1981 alla celebrazione dei 25 anni di attività della Biblioteca Comunale di Milano.
Eco comincia con una citazione dalla Biblioteca di Babele di Borges, perché “in un luogo così venerando è opportuno cominciare, come in una cerimonia religiosa, con la lettura del Libro, non a scopo di informazione, perché quando si legge un libro sacro tutti sanno già quello che il libro dice, ma con funzioni litaniali e di buona disposizione dello spirito”. Concordo. Da qui si sviluppa tutta una serie di riflessioni sulla natura e la funzione, diciamo pure l’essenza, della biblioteca – la quale peraltro, come sanno tutti quelli che hanno letto Terry Pratchett, è fondamentalmente un buco nero ben istruito.
Alcune considerazioni contingenti sono un po’ datate (per forza: nel 1981 nasceva ClaudioLXXXI, è una vita fa, ma vi rendete conto?!?) e sono state inevitabilmente superate dalla diffusione di internet ebook eccetera; per esempio il discorso sulla xerociviltà, cioè la civiltà della fotocopia, destinato a diventare sempre più marginale man mano che i lettori diversamente onesti, invece di fotocopiare il libro pagina per pagina (che almeno pagavano, se non con soldi, con tempo e fatica), se lo fanno portare a dorso di mulo comodamente stravaccati davanti al pc.
Altri concetti e problematiche invece sono tuttora perduranti: per esempio la divertente descrizione in 21 punti della biblioteca incubatica, cioè la biblioteca come non dovrebbe essere ma come spesso è, del tipo

I) Quasi tutto il personale deve essere affetto da limitazioni fisiche […]

P) Gli orari devono assolutamente coincidere con quelli di lavoro, discussi preventivamente coi sindacati: chiusura assoluta di sabato, di domenica, la sera e alle ore dei pasti. Il maggior nemico della biblioteca è lo studente lavoratore; il migliore amico è Don Ferrante, qualcuno che ha una biblioteca in proprio, quindi che non ha bisogno di venire in biblioteca e quando muore la lascia in eredità.

T) Possibilmente, niente latrine.

oppure l’annoso problema relazionale: come deve porsi la biblioteca nei confronti degli utenti?

bisogna scegliere se si vuole proteggere i libri o farli leggere. Non dico che bisogna scegliere di farli leggere senza proteggerli, ma non bisogna neanche scegliere di proteggerli senza farli leggere. E non dico neanche che bisogna trovare una via di mezzo. Bisogna che uno dei due ideali prevalga, poi si cercherà di fare i conti con la realtà per difendere l’ideale secondario. […] correre maggiori rischi sulla preservazione dei libri, ma avere tutti i vantaggi sociali di una loro più ampia circolazione. Cioè se la biblioteca è, come vuole Borges, un modello dell’Universo, cerchiamo di trasformarla in un universo a misura d’uomo, e, ricordo, a misura d’uomo vuol dire anche gaio, anche con la possibilità del cappuccino, anche con la possibilità per i due studenti in un pomeriggio di sedersi sul divano e, non dico darsi a un indecente amplesso, ma consumare parte del loro flirt nella biblioteca […]

E(c)co, io conosco una bibliotecaria che, alla prospettiva di veder ragazzotti in calore pomiciare nella sua biblioteca, minaccia di amputare lingue col tagliacarte.
Lei sì che ha le idee chiare sul problema relazionale, altroché.

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Come cambia la Bibbia, di Roberto Beretta & Antonio Pitta.
Si tratta di un agile libretto scritto a quattro mani da un giornalista (RB) e un biblista (AP) al fine di divulgare, spiegare, commentare alcuni dei cambiamenti più notevoli subiti dalla Bibbia CEI nell’ultima revisione del 2008.
Peraltro, mi sono accorto che il libro è del 2004 ma non è aggiornato, e alcune revisioni di cui parla (es. il lettuccio del paralitico che diventa una barella) sono state abolite all’ultimo minuto (e così la barella, poveretta, è rimasta il solito lettuccio). Questo in parte ne riduce l’utilità, che resta comunque pregevole per il profano che volesse farsi un’idea della complessità delle questioni.
Ordunque.
Non è mia intenzione essere polemico, né trinciare giudizi in un ambito del quale sono consapevole di avere scarsissime cognizioni. L’Italia è già troppo affollata di sapientoni da facebook quotidiano a tiratura nazionale osteria che parlano parlano e sarebbero sempre tutti quanti bravissimi a) investigatori b) giudici c) presidenti del consiglio con l’interim di tutti i ministeri d) papi e) allenatori della nazionale di calcio; naturalmente senza sbagliare mai e senza mai farsi corrompere dal potere, loro. Non voglio aggiungermi alla legione maledetta, perciò non dirò “io avrei fatto così” e “non dovevano fare così”. Mi limito solo a esprimere le mie perplessità e a dire che, da semplice fedele e fruitore del testo, mentre per la maggior parte dei cambiamenti si capisce la logica della revisione per tenere dietro al cambiamento linguistico, alcune scelte mi restano (vuoi per difetto oggettivo, vuoi per limite mio) incomprensibili. Peraltro non le capiscono neanche RB & AP, che segnalano ma non spiegano, o meglio, spiegano la propria perplessità.
Del tipo: ma era proprio necessario sostituire in Matteo 26:24 il vecchio “vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio” con il nuovo e lievemente criptico “seduto alla destra della Potenza”?
Oppure: ma è stata davvero una buona idea superare l’espressione figliol prodigo? Da un punto di vista strettamente biblistico capisco: “figliol prodigo” non fa strettamente parte del testo del vangelo; ormai pochissimi ricordano l’originario significato di prodigo, cioè spendaccione e dissipatore; e poi questo titolo focalizza l’attenzione solo su uno dei tre personaggi, mettendo in secondo piano gli altri due. Insomma, c’erano sicuramente buoni motivi per cambiare.
Tuttavia, il problema ha angolazioni anche non strettamente bibliche. “Figliol prodigo” è un esempio calzante di inculturazione cattolica, cioè di come il cattolicesimo esce dall’ambito strettamente religioso per travasarsi nel tessuto civile di un popolo, una lingua, una cultura. Quante opere d’arte hanno l’espressione figliol prodigo nel titolo? Quante volte abbiamo sentito questa espressione in libri, film, articoli di giornale, in ufficio, per strada, del tutto fuori da qualsiasi riferimento clericale? (un esempio a caso) È ormai una frase topos. È una fantastica economia del linguaggio: la dici e con pochi fonemi hai comunicato all’interlocutore, se condivide il tuo stesso patrimonio culturale – un patrimonio che nonostante tutto resta ancora molto impregnato di cristianesimo – un intero universo concettuale che altrimenti per essere espresso richiederebbe tempo e fiato e perifrasi. È, per farla breve, una bandiera verbale piantata dal cristianesimo sulla cultura occidentale, a segnalare “IO SONO QUI”.
Insomma, io non so se valeva la pena rinunciare a ciò, specie in un momento storico in cui si deve fronteggiare la pretesa di espellere il cattolicesimo da ogni ambito pubblico (dunque anche culturale, anzi, soprattutto culturale). Spero di sì, come spero che chi ha avuto l’ultima parola per decidere la revisione linguistica lo abbia fatto sulla base di valide ragioni che io, non essendo un tuttologo, non conosco.

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Noi marziani, di Philiph K. Dick.
Un altro libro di PKD, di qualità discreta, con molte delle topiche ricorrenti dell’autore: la confusione tra vero e apparente (declinata nella variante schizofrenica, come in Follia per sette clan), i paradossi temporali, la lotta del protagonista debole e “perdente” per non soccombere in un mondo aggressivo e vorace. Però, in effetti, chi è il vero protagonista del libro? Jack Bohlen, il meccanico timido e complessato e incline alla schizofrenia? Oppure Arnie Kott, l’egoista e lubrico capo del sindacato idraulici che agisce con metodi mafiosi e vuole sfruttare tutto e tutti per i suoi fini? L’interrogativo è lecito perché alla fine, con quello che mi sembra uno dei rari happy end della produzione di PKD, il primo, ricompensato per il suo atto iniziale di generosità verso i poveri Bleekman, gli autoctoni di Marte, vince; e il secondo soccombe, a causa di un’inaspettata e fortuita ritorsione alla sua prepotenza.
E allora chi era davvero il perdente?

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Catechismo della Chiesa cattolica, di AAVV (finito).
Ebbene, criticate finché volete il libro elettronico.
Sì, avere la carta tra le mani è tutta un’altra sensazione. No, non si può fare l’orecchio alla pagina. C’è il rischio che il formato in cui oggi abbiamo comprato i nostri libri tra una decade sia illeggibile, e dovremo ricomprarceli tutti quanti. Se capita una guerra nucleare / epidemia di zombie / invasione aliena / naufragio su isola nel Pacifico abitata da orsi polari, puoi leggere solo finché ti durano le batterie, poi ciccia. Si scarica proprio quando arrivi all’ultimo capitolo. Se si rompe senza preavviso o te lo rubano, hai perso mezza biblioteca ed è una catastrofe. Non puoi prestare un libro. Non puoi far vedere ai tuoi vicini di autobus la copertina del libro stai leggendo, e diciamocelo, pure questa era una piccola soddisfazioncina (e un modo per rimorchiare – a me non è mai riuscito, ma a qualcun altro sì). Il libro di carta lo puoi conservare per i tuoi figli, e puoi sognare che magari lo leggeranno anche i tuoi nipotini. Ci puoi scrivere una dedica, annotare tutte le glosse che vuoi, disegnare le faccine a lato dei paragrafi più belli.
Tutte queste cose, e altre ancora. Sì. Certo.
Però io, se non avevo il lettore ebook, col cavolo che riuscivo a leggermi il catechismo della Chiesa Cattolica in versione integrale, quello pesante, scaricato in pdf dal sito del Vaticano, 955 pagine e 122 megabytes.
Me lo sono letto poco per volta, un paio di pagine al giorno, dal 24/09/2011 al 16/05/2012. Senza fretta (certo, ha aiutato il fatto che sapessi già come va a finire: i buoni vincono). Molto agevolmente. Anche quando avevo la borsa strapiena di roba di lavoro e dovevo cambiare tre autobus e due metropolitane, potevo dotarmi di un mattone che cartaceamente non mi sarei proprio potuto permettere di trasportare, con un sentito grazie dalla mia colonna vertebrale. Potevo leggerlo sempre, ovunque, in qualsiasi situazione. Per dire, se la natura chiamava e io volevo passare quei cinque-dieci minuti (ma anche 15 volendo prendermela comoda) a soddisfare le esigenze della mia anima tanto quanto quelle del mio corpo, potevo infilare l’aggeggio nella tasca e portarmelo appresso senza tema di suscitare inarcate di sopracciglio in coloro che putacaso mi avessero visto col Catechismo Cattolico sottobraccio mentre mi recavo al cesso.
(non fare quella faccia scandalizzata da sepolcro imbiancato, tu; ricorda che il cristianesimo è religione materialista! Siamo un sinolo aristotelico, corpo e anima, l’uno non meno dignitoso dell’altra e non meno destinato alla vita eterna!)

Comunque, il catechismo.
Non ho la pretesa di aver capito tutto, meno ancora di ricordare tutto quello che ho capito, ma mi è servito moltissimo per inquadrare e sistematizzare molte cose che avevo imparato in modo disordinato e asistematico. Probabilmente è uno dei doni più grandi che Giovanni Paolo II ha fatto alla Chiesa (forse non spettacolare come altre cose grandi che ha fatto, ma di maggiore impatto nel lungo termine). Una esposizione lucida e rigorosa del cristianesimo “integrale”, del depositum fidei, articolata in quattro parti:

“il Credo; la sacra Liturgia, con i sacramenti in primo piano; l’agire cristiano, esposto a partire dai comandamenti; ed infine la preghiera cristiana. Le quattro parti sono legate le une alle altre: il mistero cristiano è l’oggetto della fede (prima parte); è celebrato e comunicato nelle azioni liturgiche (seconda parte); è presente per illuminare e sostenere i figli di Dio nel loro agire (terza parte); fonda la nostra preghiera, la cui espressione privilegiata è il « Padre Nostro », e costituisce l’oggetto della nostra supplica, della nostra lode, della nostra intercessione (quarta parte).”

Da leggere e da consultare.

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Buon vento dell’Ovest, di Patrick O’ Brian.
Terzo libro della saga di Jack Aubrey & Stephen Maturin; il titolo originale era HMS Surprise, che sarebbe il nome della nave capitanata da Jack; l’editore avrà pensato che fosse troppo ostico per il lettore italiano, optando per un riferimento a quel “buon vento dell’Ovest” più volte agognato dai nostri marinai durante i lunghi periodi di bonaccia nel Pacifico, vento che assurge a simbolo di tutto ciò di buono che sperano di ottenere dalla vita, aspettando, aspettando, aspettando… e quando arriva, il vento è una tempesta.
Bene, non mi profonderò un’altra volta in auspici tanatofili riguardanti Diana Villiers; peraltro, considerato come l’autore si diverte a torturare il povero Stephen, ho l’impressione che i patimenti di lui, e le occasioni per augurarmi il di lei decesso, siano solo all’inizio. Vorrei invece fare un’altra considerazione e cioè quanto questi libri siano eccellenti nel descrivere la guerra (ma si potrebbe dire: la vita tutta intera) fin nei suoi aspetti più prosaici, impietosi, brutali, senza per questo perdere l’eleganza del bello scrivere. E non sto parlando della necessità di mangiare i topi sulle navi o amputare una gamba nel bel mezzo di una battaglia navale, o almeno non soltanto di questo.
Le raccomandazioni, per esempio.
Casomai qualche lettore qui leggente appartenesse a quella schiera di italiani in cui certi pulpiti editoriali hanno instillato la convinzione autoafflittiva che certe cose succedono solo da noi, che negli altri paesi (magari protestanti, magari in quanto protestanti) le cose sono molto diverse e c’è un’etica pubblica sideralmente più rigorosa della nostra, bene, leggetevi O’Brian: vi aiuterà a scrollarvi di dosso un po’ di questo velleitario moralismo provinciale. Prendete per esempio quella scena nel secondo libro in cui, in un momento di tregua tra le guerre napoleoniche, Jack sta bevendo con un capitano francese suo amico (divenuto tale dopo averlo fatto prigioniero nel primo libro):

Jack e Christy-Pallière avevano bevuto parecchio e si stavano adesso raccontando le reciproche disgrazie professionali, ognuno stupito che l’altro avesse qualche ragione di lamentarsi. Anche Christy-Pallière era bloccato sulla scala delle promozioni, poiché, sebbene fosse capitarne de vaisseau, non c’era nella marina francese «un vero senso dell’anzianità di servizio… dappertutto intrighi, imbrogli… il successo solo agli avventurieri politici… i veri marinai buttati in un cantone» […] «Per voi è molto semplice», stava dicendo, «voi potete mettere insieme gli appoggi, gli amici, i Lord e i baronetti di vostra conoscenza e prima o poi, con le elezioni parlamentari che avete voi, ci sarà un cambiamento di ministero e i vostri evidenti meriti saranno riconosciuti. Ma da noi come vanno le cose? Interessi repubblicani, monarchici, dei cattolici, dei frammassoni, interessi consolari o, come mi si dice, molto presto imperiali, tutti in conflitto l’uno contro l’altro… catene che hanno preso le volte. Tanto vale scolarci questa bottiglia. Sapete», soggiunse dopo una pausa, «sono così stufo di starmene seduto in un dannato ufficio! La sola speranza, l’unica soluzione, è la…» La voce gli si spense.
«Suppongo che sia una cosa malvagia pregare perché scoppi una guerra», disse Jack, i cui pensieri avevano seguito esattamente lo stesso corso.

E ancora, in questo terzo libro, commentando la sfortunata carriera di un amico:

È una brava persona, comunque, un vero marinaio; ma non ha appoggi, e perciò non ha mai avuto un comando: diciotto anni come primo ufficiale. E poi, essendo riuscito a farsi saltare in aria una gamba, non ha potuto neanche trovare una nave; così si è rivolto alla Compagnia [delle Indie] ed eccolo qui a comandare un ‘vagone di tè’. Poveraccio: come sono stato fortunato, in confronto!»

Eh già, la meritocrazia.
E quante anticamere di segretari e ministri Jack ha dovuto occupare per andare a implorare l’agognata promozione a capitano di vascello; e quei nepotismi di famiglie di nobiltà marinara, che impongono i rampolli sulle navi pur sapendoli pessimi ufficiali, e al limite meglio piangerli in fondo al mare con onore che vederli vergognosi terrazzani senza giubba; e tutte le manovre politiche, le corruzioni, le vendette trasversali che si fanno più fitte man mano che si sale la scala del potere della marina inglese.
L’inizio del terzo libro, con la discussione in alto loco su come si debba spartire il tesoro spagnolo che era stato conquistato (con il concorso determinante di Jack Aubrey) alla fine di Costa sottovento, è un colpo nello stomaco per ogni anima bella che non conoscesse la meschinità del potere ad ogni latitudine; ed è impressionante vedere con quale faccia tosta, per un fottuto cavillo di diritto bellico, i mammasantissima dell’ammiragliato decidano che l’oro è della Corona, tutto quanto, e per i marinai che lo hanno recuperato rischiandoci la pelle, niente ricompensa di guerra. E peggio per Jack, sommerso dai debiti dopo che l’agente di borsa è scappato con la cassa, che aveva bisogno dei soldi per sposarsi.
Insomma, non è soltanto gente che si spara addosso per mare.
La definizione di libri d’avventura sta molto stretta a questa serie. O’Brian è capacissimo di rifilarci tra capo e collo in due righe una mazzata emotiva che ci stronca (una sola parola: Dil), ma è parimenti capacissimo di catturare l’attenzione anche con i momenti più narrativamente anticlimatici, lunghi, uggiosi. Come la vita vera, che difficilmente ci piacerebbe se la vedessimo in un film, perché già la viviamo ogni giorno. E difatti, nell’imminenza di una battaglia,

il signor White se ne stava solo, sconsolato e smorto in viso. «Credo, signore, che questo sia il vostro primo assaggio della guerra sul mare», gli disse [Jack]. «Temo che lo troviate piuttosto sgradevole, senza cabina e senza un vero pasto.» «Oh, no, non mi curo affatto di questo, signore», protestò il cappellano, «ma devo confessare che nella mia ignoranza mi ero aspettato qualcosa di più, diciamo, eccitante? Queste manovre lente e a distanza, quest’ansia prolungata dell’attesa non facevano parte dell’immagine che mi ero fatto di una battaglia. Tamburi e trombe, stendardi, esortazioni esaltanti, urla marziali, il tuffarsi nella mischia, comandanti che gridano: questo mi sarei aspettato, più che l’interminabile sconforto dell’attesa, la sospensione di ogni attività. Certo non mi fraintenderete se dico che mi domando come possiate sopportarne il tedio.» «L’abitudine, senza dubbio. La guerra è per nove decimi noia, e noi siamo abituati a questo nel servizio. Ma l’ultima ora compensa di tutto, credetemi.

Eppure è proprio per l’abilità di farci sentire, e addirittura piacere, questo tedio – questi nove decimi di noia di cui pure la nostra stessa vita è impastata – che Patrick O’Brian è definitivamente uno scrittore con gli attributi.

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Heretics, di Gilbert Keith Chesterton.
Allora, non è che voglio fare una marchetta al kindle, però ci son cose che meritano di essere dette.
Come raccontavo precedentemente, l’aggeggio mi ha spalancato le porte del mondo chestertoniano: 27 libri scaricati for free, in lingua originale. WOW.
Leggere Chesterton sul kindle presenta certi vantaggi. Anzitutto, leggere in inglese è particolarmente agevole, perché il marchingegno dispone di vocabolari integrati, se trovo una parola che non conosco ci sposto su il cursore e mi appare in basso la definizione dell’Oxford Dictionary of English (oppure a scelta del New Oxford American Dictionary; ma per GKC è meglio il primo); comodo e utile.
In secondo luogo, ho apprezzato tanto la possibilità di evidenziare i brani che più mi colpivano e mandarli in un file txt di ritagli, dal quale ho potuto comodamente copiaincollarli dove mi pareva, per esempio sulle mie note anobiane. E, come potete immaginare, di GKC, prolificissimissimo produttore di aforismi e frasi memorabili, quei brani sono veramente tanti, e veramente impressionanti. Frasi incisive come spade. Per esempio il celeberrimo paragrafo finale di Eretici

The great march of mental destruction will go on. Everything will be denied. Everything will become a creed …  We shall look on the impossible grass and the skies with a strange courage. We shall be of those who have seen and yet have believed.

ma anche giudizi estremamente trancianti sul mondo moderno e le sue irrazionalità (e in  ultima analisi questa parola può essere considerata un sinonimo di eresia, perché l’eresia è un peccato, prima che contro la fede, contro la ragione)

When the old Liberals removed the gags from all the heresies, their idea was that cosmic truth was so important that every one ought to bear independent testimony. The modern idea is that cosmic truth is so unimportant that it cannot matter what any one says.

[a proposito della fama borghese di Oscar Wilde e del suo processo per omosessualità] The age of the Inquisition has not at least the disgrace of having produced a society which made an idol of the very same man for preaching the very same things which it made him a convict for practising.

Quest’uomo non capiva tutto, nè parlava di tutto; ma capiva davvero ciò di cui parlava.
È più di quanto si possa dire della quasi totalità del genere umano.

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Tutte le storie di Padre Brown, di Gilbert Keith Chesterton (in lettura).
Io vado pazzo per i Mammut della Newton Compton – lo avevo già detto, no? – che con pochi soldi ti fanno entrare in possesso del “tutto o quasi” di qualcuno su qualcosa.
€ 14,90 per 720 pagine per tutti i (n. 50) racconti di Padre Brown: un richiamo irresistibile.
Più sopra ho detto, neanche ricordo più dove, che il libro di carta ha un vantaggio inarrivabile per il libro elettronico: lo puoi lasciare in eredità ai figli (o, almeno, puoi illuderti che vorranno leggerlo). Ecco, questo è proprio quel tipo di libro che vorrei trasmettere al frutto dei miei lombi, se e quando ne avrò (cosa che ora non è). Difatti, anche se i racconti di Padre Brown li avevo già scaricati in inglese da amazon, il malloppone l’ho comprato l’ho stesso e  lo sto leggendo a poco a poco, un racconto ogni tanto (senza esagerare, come consiglia Berlicche, altrimenti vado in assuefazione).

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Galateo per tutte le occasioni, di Sabrina Carollo (in lettura).
Agile e leggibile, non noioso contrariamente alle mie aspettative anzi abbastanza divertente (riesce perfino, per fare l’elogio delle presentazioni stringate, a citare il vitello dai piedi di balsa di Elio e le storie tese: + 100 punti simpatia), tutto sommato di gradevole lettura perfino per uno scabroso buzzurrone come il sottoscritto; e infatti il libro mi è stato imposto consigliato da qualcuno che vuole redimere il mio comportamento da… uhm… quelle asperità ed ineleganze che talvolta lo caratterizzano.
Umf.


24 responses to “Libri maggio 2012

  • ClaudioLXXXI

    Correzione, mi è stato fatto notare che io avea non è una costruzione 1a + 3a ma una forma latineggiante caduta in disuso proprio verso l’Ottocento (wiki)

  • Federy

    auguri al neobabbo claudio e alla neomamma lucyette!!

  • ClaudioLXXXI

    Federy, veramente i figli sono eventuali e ancora lungi dall’essere concepiti…

  • antonio, padre di cinque splendidi figli

    alla tua età avevo già due figli e uno era in arrivo. non tergirversare troppo!!

  • maisterator

    Stante il perdurare della congiuntura economica mondiale, desideravo chiederti come posso acquistare anch’io il primo libro ad un’euro.

  • Lucyette

    La mia personale perplessità riguardo gli e-book, visto che se n’è parlato nel post, è proprio quella della durabilità. Ma non nel senso romantico che dici tu, “trasmetterò questo libro ai miei figli e ai figli dei miei figli e i nipoti dei miei figli leggeranno con emozione il libro che ha sfogliato il loro trisavolo e bla bla bla”.
    Ché poi, non conosco nessuno che sia contento di dover legger per diletto un libro vecchio di generazioni.
    Il mio problema, molto più prosaicamente, è economico: se io, oggi, spendo 10 euro per comprarmi un libro di carta, sono ragionevolmente certa del fatto che, fra ciquant’anni, quel libro sarà ancora lì per poter essere sfogliato alla bisogna. E mi verrebbe da dire: sono stati 10 euro ben spesi, allora.
    Se io, oggi, spendo 3 o 4 euro per comprarmi un e-book, sono ragionevolmente certa del fatto che, fra una decina d’anni, col cavolo che sono ancora in grado di leggere quel libro: il formato sarà diventato obsoleto, il mio e-reader di adesso si sarà già rotto e chissà se quello nuovo mi permette di leggere il file vecchio, e così via dicendo. Anche ipotizzando condizioni ottimali e senza tirare in ballo obsolescenze varie e cose simili, allo stato delle cose ci sono e-book che sono programmati per poter essere trasferiti da un e-reader all’altro per un massimo di sei volte, dopodiché scompaiono nel nulla (servirebbe ad evitare la pirateria).
    Ed ecco, la cosa che mi inquieta è per l’appunto questa: l’idea di spendere soldi (e magari non pochi, se mi ci faccio tutta la libreria), per una serie di oggetti immateriali che nel giro di qualche anno potrebbero sparire.

    Anche se poi in realtà concordo nel dire che l’e-book è probabilmente il libro del futuro, e noi recalcitranti alla fin fine ci adatteremo… Il problema è che, come dice giustamente un mio professore all’università, le nostre generazioni sono ancora troppo antiquate per non aver paura di fare il grande salto 😉

  • federicofasullo

    Coff coff, ci sono anche ebook condivisi da altri utenti che trovi in rete a costo zero. Il mio kindle s’è già ripagato praticamente con le cronache del ghiaccio e del fuoco.

  • Uomovivo

    L’ebook sarà il libro del futuro allo stesso modo in cui la lampadina lo è stata per la candela. Il fascino provato dal tatto e dall’odore della carta e la luce rossa danzante e ipnotizzante del fuoco rimarranno ancora per molto tempo dei tratti inalienabili dell’uomo.
    Lo si capisce per esempio dalle lampadine a luce calda che vanno a ruba…

  • Berlicche

    …ragione per cui i libri che ho scaric…ehm…trovato su alt.ebook ecc ecc quando ancora esisteva sono possibilmente in formato txt; che difficilmente potrà diventare obsoleto in un futuro prossimo.
    Non sono così belli da leggere rispetto ad altri formati, ma si leggono.

    Avendo poi calcolato che, leggendo una pagina al minuto, li finirò all’incirca nel 2137 e visto che in questo istante in ogni caso sto rileggendo un libro già letto (The incompleat Nifft, un magnifico fantasy per chi fosse curioso) oltre ad altri 4-5 cartacei penso che il problema per me sia solo teorico.

    Un consiglio esperienziale per Padre Brown(ero mammuth prima di te) : prenditi una pausa a metà, o anche prima, se no rischi l’overdose e non apprezzi più (come mangiare troppe fragole)

  • Matteo Dellanoce

    Battista Mondin, chi è l’uomo, Massimo
    Lourdes Velazquez, Verità e certezza, Casa editrice Leonardo da Vici
    Bochenski, avvio al pensiero filosofico, Editrice la scuola
    Matteo
    PS complimeti per il nascituro! Io alla tua età era già in fuga … poi mi sono fermato a 3

  • ClaudioLXXXI

    Ehm.
    Ringrazio i lettori che mi fanno in buona fede le congratulazioni, ma io non sono un neopapà. Lucyette NON è incinta.
    Peraltro, essendo noi fidanzati e non sposati, ovviamente non si sono ancora verificate le occasioni perché possa diventarlo. A buon intenditor.

    Non so se è colpa mia, che mi sono espresso in un modo ambiguo che poteva dare adito a supposizioni … oppure è colpa vostra che pensate subito male!

  • ClaudioLXXXI

    Uffa rispondo con molto ritardo.

    maisterator, temo che tu non possa. Quei libri facevano parte dell’offerta temporanea di una parrocchia che stava svendendo doppioni della propria biblioteca per motivi di spazio; la mia amica sissi2002 me ne ha comprato parecchi, tutti a un euro, e poi l’offerta è finita. Spiacente.

    Berlicche, ho seguito il tuo consiglio… in effetti la bellezza può dare assuefazione (vedi sotto)

    Federico: coff coff!

    Uomovivo: il paragone è interessante.
    Ecco, io non uso mai candele, solo lampadine. :-/

    Lucyette, io credo che il futuro (o almeno l’ottimo desiderabile) sia una coesistenza virtuosa tra libri di carta e libri elettronici.
    Comunque la criticità che noti è anche il motivo per cui finora di ebook ne ho scaricati un sacco gratuiti (ho già detto che ho preso 27 libri di Chesterton?), ne ho comprato qualcuno a poco prezzo (es. un mese ho comprato 1Q84 a 1,99 € in offertissima speciale amazon), ma non ho ancora speso cifre consistenti per un singolo ebook.
    C’è anche il problema della guerra commerciale che sta facendo amazon, per cui il kindle non legge gli epub (ho ancora un sacco di libri da leggere degli Albatros, probabilmente erano mediocri, però li vorrei leggere comunque, magari per uno shampoo mentale *… e sul kindle non posso) e il resto del mondo non legge il formato azw.
    Peraltro il libro di carta, ci sto pensando ultimamente (ho un mezzo racconto che mi gira in testa…), ha un piccolo vantaggio da non dare per scontato: è immodificabile. Scripta manent.
    In 1984 per riscrivere il passato serve un intero Ministero della Verità, gente che lavora apposta per ristampare, rifilmare, eccetera, far scomparire i documenti sgraditi, inventare di sana pianta i nuovi vecchi cinegiornali, eccetera.
    Ma un testo elettronico, magari controllato in remoto su tutti i lettori e-book collegati wi-fi, potrebbe essere tutt’altra cosa.
    E’ tecnicamente possibile cambiare dall’oggi al domani un testo elettronico, senza che si possa notare la modifica?
    E se oggi non è possibile, domani potrebbe esserlo?
    Chi controlla il passato, controlla il futuro.

    Le cose che vogliamo conservare, conserviamole su carta.
    Non si sa mai.

    * Secondo la definizione di un mio amico, shampoo mentale è quel prodotto deteriore che leggi sapendo che è brutto, ma ogni tanto devi ricalibrare gli standard qualitativi, se leggi solo cose belle vai in assuefazione e non ti sembrano più così belle. Il brutto ti aiuta a non dare per scontata la bellezza.

  • Denise Cecilia S.

    Le cose che vogliamo conservare, conserviamole su carta.
    Non si sa mai.

    Oh, yes. Yes yes yes!

    Shampoo mentale: Dan Brown, per me.
    La soddisfazione di aver confermato la mia idea che fosse robaccia, invece di tenermi l’ipotesi. E nel frattempo, capire finalmente di che diamine parlava la gente.

  • ClaudioLXXXI

    Sottoscrivo trattarsi di robaccia. E’ uno di quei casi in cui l’esperienza è meglio della fiducia (so che è robaccia perchè l’ho letto, non solo perchè me lo hanno detto altri).
    D’altra parte uno a un certo punto deve anche decidere su cosa investire il proprio tempo, che non è illimitato; se volessi leggere tutto-tutto quello su cui m’interrogo, dovrei vivere mille anni. Così per altre cose decido di risparmiare tempo e fidarmi; per esempio non ho desiderio di leggere Pullmann, per giudicarlo mi faccio bastare le recensioni scritte da chi mi fido (ma che si è dimostrato affidabile proprio perchè, per casi pregressi, ho razionalmente confrontato la sua testimonianza con la mia esperienza).

  • Denise Cecilia S.

    Exactly.

  • Scrivere non è un obbligo. Tantomeno un diritto. « Seme di salute

    […] tempo e modo di recuperare tutte le letture che neppure sospettiamo attualmente siano possibili, dobbiamo deciderci. Condividi:FacebookTwitterLike this:Mi piaceBe the first to like […]

  • Guercio89 (@Guercio89)

    @Lucyette: mai sentito parlare di calibre? puoi convertire comodamente tutti i tuoi libri dal formato .epub ad .azw e viceversa oppure in molti altri formati e poi inviarli al kindle!!

  • Lucyette

    Guercio, in effetti ne ho sentito parlare solo di sfuggita e non lo conosco, ma… il mio problema non è neanche tanto quello. Cioé: il mio problema non è che se adesso compro un .epub e poi fra cinque anni cambio lettore e ne prendo uno di un’altra marca, il nuovo e-reader non è più capace a leggermi quel formato lì e quindi perdo i miei dati. (E’ una seccatura pure quella, ma non è il mio problema principale).
    Il mio problema è più che altro: se io compro un e-book in un certo formato adesso, è statisticamente probabile che, nell’arco di qualche tempo, il formato diventi obsoleto a prescindere, e non possa più essere utilizzato semplicemente perché ormai è vecchio.
    Con un libro di carta, non succede (semmai, si rovina la carta). Con un e-book, probabilmente succederà.
    L’idea di spendere 100 euro minimo per un e-reader, e poi 4-5 euro per ogni e-book che voglio comprare, magari facendomi una libreria digitale di tutto rispetto con qualche centinaio di titoli… beh: mi inquieta per le mie preoccupazioni circa la conservabilità del testo nel lungo periodo.
    La mia preoccupazione non è “uh, non potrò trasmetterlo ai miei figli”, ma è più sulle linee di “mapporca la miseria: se fra cinquant’anni mi vien voglia di rileggere quel libro che avevo comprato nel 2012 pagandolo coi miei soldi, non posso più farlo perché nel frattempo si è dissolto in una marea di bytes. A comprarlo di carta, ce l’avevo ancora in libreria!”.
    (Berlic suggerisce giustamente di leggere in .txt, ma io sono schifosamente viziata, e, no, non li spendo i miei soldi per leggere in .txt :-P)

    (Poi, vabbeh, va anche detto che io non sono molto un tipo da e-book: a leggere sui mezzi pubblici mi vien la nausea, a leggere con altra gente in giro tendo a deconcentrarmi, e sono quel tipo di lettrice alla ‘letto comodo, luce calda, tazza di tè sul comodino, pieno relax, e un libro in mano’. Ora come ora, l’unica seduzione che può esercitare su di me un e-book è data dal fatto che non tiene spazio e non ti ingombra casa: per il resto, tutte le sue altre comodità non mi tangono… ma giustamente, tangono altri!).

  • La sindrome del falegname impazzito | Una penna spuntata

    […] forse non ve ne rendete conto, che la sindrome del falegname impazzito abbia colpito anche voi, o qualcuno dei vostri cari. Non ci credo che non conoscete nessuno che utilizza abitualmente un lettore e-book, […]

  • Jacopog

    A questo riguardo penso di aver trovato un mio equilibrio: libri “seri” assolutamente cartacei, che prendono polvere sulla libreria di casa, proprio quella bella e disegnata da noi due prima di sposarci….
    Per tutto il resto scaric….coff coff… compro i pdf, li converto in epub e me li leggo sullo smartphone, che non sarà il massimo come lettore di ebook, ma ha i suoi vantaggi: sta comodo in tasca, ce l’ho SEMPRE dietro (anche in quei 10-15 minuti a cui accennava Claudio) e posso leggerlo anche al buio.
    Anche perchè basterebbero due o tre saghe fantasy, da una dozzina di volumi l’una, per riempire mezza libreria

  • ClaudioLXXXI

    Guercio89: ottimo suggerimento, grazie!

    Lucyette: è vero che le case produttrici di ebook hanno interesse a fidelizzare gli utenti, però è anche nel loro stesso interesse permettere la conversione dei formati vecchi in modo da attrarre anche chi come te è spaventato dall’obsolescenza tecnologica. Penso che in futuro queste due componenti della loro politica commerciale dovranno in qualche modo trovare un compromesso.
    Il problema comunque sussiste solo nel caso di cambio di marca. A quanto pare il kindle ha una cosa chiamata cloud, che in sostanza significa che una copia dei tuoi libri è archiviata nei server di amazon. Questo perché il kindle si registra a nome del suo possessore. Il vantaggio di questo sistema è che se l’aggeggio si rompe, me lo rubano, eccetera, non ho bisogno di ricomprarmi i libri; mi compro un altro kindle, et voilà, mi ri-scarico da amazon la mia biblioteca. In linea di principio è anche meglio del libro di carta, che se lo perdi è perduto, e tra qualche decade la carta si sfalderà; invece con questo sistema il libro elettronico è tendenzialmente “immortale”, cambiano solo i supporti (basta, ovviamente, che ti serva sempre dallo stesso “falegname impazzito”).

    Lo svantaggio di questo sistema, peraltro (e non nascondo di aver provato un fremito d’inquietudine quando ho realizzato le implicazioni della cosa) è che “Loro” sanno cosa leggo.
    Ed è un’informazione molto significativa: se avete visto il film “Seven”, ricorderete che lì trovano il serial killer proprio perché la polizia corrompe i bibliotecari per sapere (illegalmente) quale gente legge certi libri particolari. È la solita dialettica sicurezza vs privacy tipica della nostra epoca.
    Certo, adesso chiunque può sapere cosa io leggo, può andare a cercarmi su anobii: ma perché ho scelto io di farlo sapere. E poi potrei sempre decidere di disiscrivermi da anobii, o di rendere certi libri privati invece che pubblici, o addirittura di inserire false informazioni.
    Col kindle invece (non so come funzioni per altri supporti) non c’è nulla di volontario, a parte la scelta iniziale di comprarlo. “Loro” sanno, e basta.
    In linea di principio, “Loro” potrebbero sapere (supponendo una, non so quanto fantascientifica, costante sincronizzazione wi-fi di ogni supporto a un server centrale) esattamente quanti possiedono il tale libro, quanti lo stanno leggendo in questo momento, quanti lo stanno apprezzando perché stanno evidenziando certi passaggi, chi sta annotando cosa su questo stesso libro, eccetera.

    Qualcun altro a parte me sta pensando le parole GRANDE FRATELLO?

    Jacopog: anche l’opzione smartphone è molto gettonata, però il fatto di poter leggere al buio però si traduce nello svantaggio che (dicono) a lungo termine faccia male alla vista. Già passiamo abbastanza ore al giorno davanti a questi schermi. Con la tecnologia e-ink (inchiostro elettronico) non c’è retroilluminazione, hai bisogno di un’altra fonte di luce, proprio come leggere un libro, però puoi andare avanti per ore senza problemi eventualmente tenendolo anche molto vicino agli occhi (come tipicamente succede se si legge a letto).
    Per adesso il mio equilibrio è che con il kindle leggo tutti quegli e-book che si trovano gratis oppure a prezzo molto basso; già se si viaggia sui 5-6 euro, per dire, preferisco tenermi il libro di carta. Per gli Urania in ebook ci farei un pensierino, solo che hanno scelto il formato epub protetto dalla decrittazione DRM (non chiedetemi che roba è, so solo che dovrebbe evitare la pirateria digitale) e perciò sul kindle è inaccessibile.
    Certo a lungo termine lo spazio diventerà davvero un problema: e infatti per quelli che non mi attirano più, che letti una volta non m’interessa più possedere, sto pensando all’opzione vendita e/o baratto.

  • Lucyette

    è vero che le case produttrici di ebook hanno interesse a fidelizzare gli utenti, però è anche nel loro stesso interesse permettere la conversione dei formati vecchi in modo da attrarre anche chi come te è spaventato dall’obsolescenza tecnologica“.

    Mah. Chi come me è spaventato dall’obsolescenza tecnologica resisterà ancora qualche anno per poi capitolare, quando si renderà conto che gli e-book sono sempre più diffusi, sempre più convenienti, sempre più normali, e così via dicendo. Qualche anno fa c’era un mucchio di gente spaventata dalle fotografie digitali, perché quelle fatte col rullino sembravano (anche giustamente) più resistenti al tempo; ma ormai dove lo trovi uno che non ha una macchina fotografica digitale? Per dire.

    L’opinione comune (non mia: di gente più esperta nel campo) è che i formati degli e-book continueranno a diventare obsoleti presentando tutti i problemi di conservabilità che dico io; ma gli utenti, a un certo punto, accetteranno la cosa come un dato di fatto e smetteranno di porsi problemi. Il concetto di “testo” verrà svincolato dal concetto di “oggetto fisico sul quale sto leggendo il testo in questo istante”; quindi non ci si porrà più il problema di conservare nel lungo periodo questo specifico testo qui che sto leggendo ora. Se fra cinquant’anni avrò bisogno di rileggere lo stesso libro, faccio in modo di procurarmene una nuova copia e grazie tante.
    Il nostro problema, oggi, è che ragioniamo (ancora) di e-book accostandoli ai libri di carta, ma non dovremmo, perché sono due tecnologie completamente diverse che prevedono un approccio piuttosto diverso.

    (A margine. Per un click sbagliato, qualche anno fa, mio padre ha cancellato in un secondo un intero archivio di fotografie digitali che lui aveva fatto con la sua reflex e poi messo da parte in un archivio apposta (senza stamparle). Ovviamente s’è preso un colpo, e ovviamente una cosa del genere non sarebbe successa con le vecchie foto fatte col rullino. Non per questo mio padre vorrebbe tornare alla vecchia macchina fotografica a rullino, perché la digitale è una cosa completamente diversa, con potenzialità diverse… e pazienza se ogni tanto ti si cancellano le foto!)

  • Berlicche

    Mi ringrazierete poi:
    http://www.arthursbookshelf.com
    Ci trovate, tra il resto, tutto o quasi tutto Theodore Sturgeon e Roger Zelazny. Wow.

  • Libri giugno-luglio 2012 « de libero arbitrio

    […] per tutte le occasioni, di Sabrina Carollo. E insomma, come dicevamo, qualcuno nutre la ridicola teoria secondo la quale i miei modi sarebbero in alcune occasioni men […]

Ciao. Se vuoi commentare, accomodati. Non c'è bisogno di nome o e-mail, non c'è approvazione preventiva, no censura. Hai il libero arbitrio e io lo rispetto, anche se potresti usarlo male. Ricorda però che la libertà implica la responsabilità. Se sei un troll, ignorerò i tuoi commenti - a meno che tu non faccia un flood. Se pensi che quel che dico è sbagliato, fammelo notare. Attenzione però, perchè chiunque tu sia, se non sei d'accordo con me, proverò a convincerti del contrario. Qui il dialogo non sono belle chiacchiere per scambiarsi "secondo me" e sentirsi più buoni e tolleranti: qui il dialogo serve a cercare, trovare, amare la Verità.